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4 Marzo 2018: “La Vittoria dei Dimenticati”

NON DELUDIAMOLI!

di Alessandro P. Benini *

«Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?», recitava con arroganza la regina Crimilde nella favola di Biancaneve. È più o meno, quello che accade di questi tempi post elettorali, dove , al posto della malvagia regina, i leaders politici si palleggiano l’onere e l’onore di formare un governo. Vedremo poi se al confronto del muro contro muro subentreranno le alchimie della spartizione o il salto nel buio di una nuova tornata elettorale. Quello, invece, che, ad un semplice sguardo, salta agli occhi è l’attuale composizione geografica del voto del 4 marzo: se mettiamo a confronto le due cartine dello stivale, così come risultano con i confini ben delineati dalla volontà popolare, si evidenzia ancora una volta la marcata differenziazione tra Nord e Sud.

Centro-Nord, produttivo, con forte maggioranza di destra, e Sud, dove, sulla scorta di promesse mirabolanti, l’affermazione dello scontento ed una forte propensione all’assistenzialismo. Una divisione, che, ricorda nei contorni gli antichi confini preunitari: un Settentrione proteso verso l’Europa continentale, pervaso da un fermento liberale in politica ed economia, ed un Meridione ripiegato su se stesso nell’immobilismo di un Regno pago di un’incontestabile bellezza, dove le tante eccellenze nel campo culturale e scientifico soccombevano ad una realtà sociale e giuridica più vicina al Feudalesimo che non allo spirito del Diciannovesimo secolo.

E così, anche oggi, dopo miliardi di lire di euro, versati all’ingordigia dei potentati locali, estranei ad una popolazione tenuta al guinzaglio dal bisogno, si afferma la disperata visione di una società che nell’assistenzialismo, promesso e difficilmente attuabile, intravede l’unica, immediata possibilità di sopravvivenza. Ancora oggi questo reale disagio aumentato dalla crisi del lavoro, dai tanti privilegi mai intaccati e dalla crescita esponenziale della corruzione, siamo indietreggiati al tempo, vagheggiato con nostalgia da alcuni, dell’ingiustizia e dell’abbandono, prerogative del Regno delle Due Sicilie.

Quale democrazia si è affermata nei vasti territori del Mezzogiorno? la pseudo democrazia del web che ha collegato la scontentezza globale dove fa da padrone il sospetto nei riguardi di chiunque abbia una qualche competenza amministrativa, visto che l’attuale responsabile della comunicazione del Movimento grillino è un ex concorrente del “grande fratello”, uno dei più calzanti esempi di TV spazzatura. È l’individualismo virtuale che ha vinto, alla faccia del decantato “merito”.

In pratica, al momento, con l’affermazione del Movimento 5Stelle nel Sud, si è riaperta quella questione meridionale irrisolta da 170 anni, tamponata secondo la convenienza del momento, senza mai incidere realmente su una società delusa e questo, con tutta franchezza, è forse il vero merito di Di Maio e compagni, quello di aver, in capo ad una vittoria assoluta, riacceso i riflettori su quella realtà sociale, che definire esplosiva è poco.

Se non si vuole finire , ancora una volta, con l’affermazione dei Lazzaroni, quella componente ignorante della popolazione urbana che, per quell’insieme di miserie e di delusione, riportarono sul trono di Napoli i Borbone , è necessario non perdere l’occasione di rovesciare, una volta e per tutte, camarille, inerzia, improduttività e vincere la disoccupazione (drammatico fenomeno che in alcune zone del nostro Mezzogiorno tocca il 70% della popolazione) ed intraprendere una radicale politica di opere pubbliche, magari l’ormai famigerato ponte sullo Stretto di Messina, senza dimenticare le troppe opere incompiute, ed, in primo luogo, la cancellazione delle locali classi dirigenti, negli anni passati scelte e messe lì allo scopo di favorire clientele di ogni genere.

Ben diversa la significativa affermazione nel Settentrione e nelle Regioni centrali della Lega targata Matteo Salvini: non esistono più nelle zone più produttive del Paese, quei poteri sindacali erosi dalla loro miope ed ottocentesca visione del mondo lavorativo. A votare Lega, oggi, sono gli operai di quelle aziende troppo a lungo tartassate dal fisco e da una burocrazia bizantina ed il popolo delle periferie, quotidianamente assalito dalle disparità di trattamento con gli immigrati, esenti da tutto e molto spesso anche dalla giustizia penale. Un sonoro “BASTA”! gridato a gran voce a questa vita in bilico, dove tutto congiura per stravolgere l’operosità e la dignità degli Italiani e dove, fino ad oggi, si è tentato, sotto l’egida del buonismo terzomondista, di cancellare l’identità nazionale sostituendola con il meticciato fautore di disordine e povertà.

Bene, dunque, la risposta elettorale all’inerzia della politica, positivo il “no” espresso contro l’immigrazione incontrollata ed illegale, ma, passata l’ubriacatura della vittoria a metà, la speranza è di non disperdere il tesoro dei voti accumulati, e, anzitutto non deludere. È forse meglio una nuova tornata elettorale, che innaturali connubi, un nuovo voto che avrebbe presumibilmente il merito di non farci più vedere alla guida della Nazione gli sconfitti cantori di un’Italia sempre ultima, sempre umiliata.

(*) Questo articolo risulta pubblicato anche su “Il Borghese”, diretto da Claudio Tedeschi e già presente in edicola dai primi giorni  di aprile.

ilborghese

 


Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell'Economia.