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“AD ASTRA” – un Gran Film da godere sul “Grande Schermo”

AASTRA

un Report di ROCCO ILARIA

A sensazione e dopo aver letto sommariamente la storia del film, sono andato al cinema convintissimo si trattasse di una grande pellicola.
Sbagliato.
Si tratta di un Capolavoro.
Due ore e un quarto di intimismo psicologico e affettivo, di costante istinto riflessivo, di un pretestuoso seppur riuscitissimo contorno fantascientifico.

Un gioiello della mente che non tutti potranno apprezzare appieno: perché tra coriacee insensibilità, inossidabili corazze e ricorrenti anaffettività, sarà assai difficile, per i più, cogliere l’essenza di un messaggio subliminale, di uno sconosciuto “settimo senso” che sceneggiatore, regista e protagonisti hanno voluto regalare allo spettatore più coinvolto e attento alla lenta, eppur viva narrazione.
Si dipingono sfide.
Sfide umane farcite di insano egoismo. Sfide oltre ogni limite spazio temporale.
Sfide che, sebbene trascinate oltre ogni confine dello scibile, riportano inevitabilmente persone e anime a riscoprire – presto o tardi – i legami più importanti; tutto ciò che, in realtà, fa delle nostre esistenze, una unicità sentimentale, legata a rapporti di sangue che possiamo vivere in una sola vita.

NOI SIAMO TUTTO CIÒ CHE ABBIAMO. Un genitore e un figlio. Un uomo e una donna. Un amore per sempre.
Tutto ruota e ci gira follemente intorno: l’indifferenza, l’ambizione, la carriera, l’egoismo, gli obiettivi: tutto ciò che ci allontana dai rapporti umani, tutto quel che v’è da raggiungere ad ogni costo.
Senza più guardare al bello. Il bello di ciò che realmente ci circonda…di quel che, imbevuti di noi stessi, non riusciamo nemmeno ad intravedere…di ciò che, prima o poi, per sempre, rimpiangeremo.
Solo l’abisso e la salvezza, hanno il potere di riaprirci gli occhi, di spalancarci visione e cuore.

NOI SIAMO TUTTO CIÒ CHE ABBIAMO.
A ricordarcelo, le strepitose interpretazioni di tre grandissimi attori, tutti e tre uniti in un solo fantastico film: Tommy Lee Jones, Brad Pitt e Donald Sunderland, ovvero la storia del cinema.
Due ore e un quarto benedette, due ore e un quarto capaci di sanare la nostra più intima e celata spiritualità.
È per assistere – e in totale rispettoso silenzio – a questi Capolavori dell’arte, che vale la pena, ancor oggi, far giusto capolino in una sala cinematografica.

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