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Alea iacta Est di Erdogan

Santa Sofia è stata un patrimonio dell’umanità 50 anni dopo Ataturk

Raffaele Panico

In turco è Ayasofya,  in latino Sancta Sophia o Sancta Sapientia, in greco antico Ἁγία Σοφία Hagía Sofía nel moderno Agía Sofía, è uno dei principali monumenti della seconda Roma, fondata dall’imperatore Costantino per riequilibrare la geopolitica dell’Impero. Dal 1453 è Istanbul. Oltre le opinioni, le discussioni che ne seguiranno, le rassicurazioni delle autorità turche, le considerazioni della comunità internazionale, i giornali i media le TV, le conversazioni da salotto, una reminiscenza sovviene dal passato, sembra evocare il passaggio del Bosforo dalla sponda asiatica all’europea quindi tre parole di Caio Giulio Cesare, alea iacta est e, fors’anche, il suo veni vidi vidi… 

                    Acquedotto di Valente distretto di Fatih             

Mappa della città di Costantinopoli età bizantina

distretto di Fatih    Foto fonte wikipedia

Trattasi di un Patrimonio dell’Umanità inserita nella ‘carta’ dall’UNESCO nel 1985 e la decisione del presidente Erdogan evoca un cesarismo a guisa del passaggio del Rubicone. Regole sconvolte insomma, norme come dire condivise dal tempo di Mustafa Kemal Atatürk che per ragioni politiche volle che Santa Sofia divenisse un museo; poco manca a un secolo di distanza dal quel 1935 un anno quello inizio del punto di non ritorno tra le due guerre mondiali. Certo questo Due Zero Due Zero è iniziato veramente con grandi sconvolgimenti, il Mondo sta mutando più che in fretta, frettolosissimamente! L’umanità da sempre ha vissuto e convissuto tanto con i virus quanto con la condivisione di patrimoni mondiali della cultura, e per decenni gli occidentali lo sanno bene con l’abusato politically correct.  Ora non c’è più.

Era il 1985 quando l’UNESCO incluse Santa Sofia tra i patrimoni dell’umanità, il monumento si apriva ad un più vasto e grande pubblico. Era il museo più visitato di tutta la Turchia e fonte di importanti entrate economiche per la città e lo Stato.

E c’erano vincoli per opera di restauro da concordarsi con l’organizzazione internazionale dell’UNESCO lì come altrove nel Mondo intero. Certamente da ora sarà più difficile tutelare un monumento, o un sito di valore culturale che di fatto appartiene a tutta l’umanità, il Bosforo come il Rubicone è passato, alea iacta est ed anche la formula del politicamente corretto non esiste più, è datata in questo 2020, per gli storici del futuro. 

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