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Santa Maria della Scala

Antica spezieria dei frati Carmelitani Scalzi,
la più antica d’Italia e d’Europa

Una vera e propria “Scatola del Tempo” nel cuore della Città Eterna

Nel 1592 a Trastevere, sopra le scale di un palazzo, vi era una raffigurazione della Madonna con Bambino al quale molti fedeli erano soliti rivolgersi.
Si dice che una madre vi portò il figlioletto muto e questo riprese a parlare, un paralitico riprese a camminare.
Così per onorare il dipinto Papa Clemente VIII fece costruire una chiesa, intitolata Santa Maria della Scala, che poi donò all’ordine dei Carmelitani Scalzi.

Qui, al primo piano del convento si trova una delle più antiche farmacie d’Italia e d’Europa. Originariamente la farmacia fu creata ad uso esclusivo dei frati, come voleva la regola dell’ordine.
Qui si dedicavano alla ricerca farmaceutica, alla coltivazione di erbe medicinali e per aiutare i più poveri che non potevano permettersi l’onorario del medico.medicine della farmacia della Scala

Data l’efficienza dei frati Papa Pio VIII concesse alla farmacia di provvedere alla medicine per la comunità religiosa, il Papa e i familiari. Per questo, essendo diventata una vera e propria istituzione fu chiamata con l’appellativo di Farmacia dei Papi.

Solo verso la fine del 1700 venne aperta al pubblico, sintomo delle straordinarie capacità dei medicamenti da loro confezionati come la famosa Acqua Antipesilenziale e quello che forse si potrebbe considerare come il più antico farmaco, se non il primo, mai prodotto composto da 57 tipi differenti di erbe e carne di vipera : la Teriaca.

Possiamo dire che questi frati Carmelitani Scalzi, furono veri figli di Santa Teresa d’Avilla, vivendo attraverso i secoli la loro missione evangelica attraverso erbe, pomate, decotti, sciroppi da dare a chi soffre, senza guardare al loro rango sociale.

Una missione mantenuta fino alla sua chiusura ufficiale avvenuta nel 1978, distribuendo medicinali sempre a prezzi modesti.

Varcata la piccola soglia d’ingresso sulla cui porta troneggia una frase del Libro della Sapienza che recita: «NEQUE HERBA, NEQUE MALAGMA SANAVIT EOS. SED TUUS, DOMINE, SERMO, QUI SANAT OMNIA» che tradotto sarebbe «Né l’erba li guarì, né la miscela. Ma la Tua parola, Signore, la quale sana ogni cosa»

Si viene come trasportati in un altra epoca rimasta congelata dal cinquecento.
Su un lato, come ad accogliere il visitatore si trova il ritratto realizzato da Pier Leone Ghezzi di Fra Basilio.
Uno dei Carmelitani più famosi che rese popolare la Spezieria grazie ai molti medicamenti a base di erbe da lui composti e agli insegnamenti che impartiva agli studenti fin dal 1700 con la scuola di botanica, chimica e farmaceutica. 

Avvolti dal profumo delle erbe la prima sala è quella dedicata alla vendita, sulla volta troneggia lo stemma dei Carmelitani Scalzi riconoscibile dalle tre stelle che adornano lo stemma, le  pareti sono ricche di armadi antichi pieni di barattoli e ampolle con i medicamenti dell’epoca.

Davanti a un numero così ragguardevole di medicinali, sorge la curiosità di sapere qual’era il metodo che seguivano i frati per preparare questi medicamenti officinali, soprattutto in un’epoca dove, secondo la nostra visione, mancava tutto per una efficace ricerca medica.

Sul grande bancone di legno vi è una vecchia bilancia e, protetto da una teca, il Libro dei Semplici: l’erbario di Fra Basilio. 

Un manuale studiato dai ricercatori ancora oggi per le moltissime informazioni che contiente.

Di fronte al bancone troneggia un grande vaso contenente la Teriaca il farmaco universale che, si dice, possa curare ogni male a testimonianza di una antichissima tradizione medica che merita di essere raccontata, anche perchè per poterla produrre era necessario ottenere dei permessi particolari. Abbiamo chiesto a Padre Tauro di raccontarci la sua storia e come fossero riusciti ad ottenere il plauso del Papa.formato pillole Carmelitani Scalzi

Forse il più antico medicamento di cui si ha notizia fu scoperto in un’elettuario da Pompeo e studiato da Andromaco medico di Nerone.
Per le sue caratteristiche solo la corporazione dei farmacisti poteva produrla, ma date le grandi conoscenze dei frati e alla qualità degli elementi utilizzati, ottennero di poterla produrre sotto il costante occhio vigile del Protomedico e dei suoi Consiglieri.
La parte inferiore del soffitto raffigura un grande tendaggio che avvolge la stanza, da cui se si guarda bene, si scorge un frate intento a guardare la sala.

Che sia stato un simpatico scherzo di Fra Basilio che controlla i discepoli?
In fondo all’ufficio del farmacista in alto è appesa l’insegna storica della farmacia sotto la quale è posta scrivania con una lente d’ingrandimento, stampo per le ricette e l’immancabile bilancia.

A destra un grande armadio con ante ornate da dipinti raffiguranti personaggi importanti della medicina e della scienza mentre l’interno è dedicato ai Reali che nel corso dei secoli hanno fatto visita alla Farmacia come Vittorio Emanuele I, avvenuta il 27 ottobre 1802.
All’interno di questi meravigliosi armadi decorati possiamo ammirare scatole realizzate con legni particolari contenenti erbe, insetti utilizzati per la produzione di coloranti naturali come le coccinelle e una composizione di cristalli di sale, tutti ex voto.
Il lato sinistro presenta una libreria con diversi volumi.
Superata la sala della vendita, la porta a sinistra ci conduce a un piccolo laboratorio di chimica in cui i frati si dedicavano alla produzione, tra le altre cose, di pillole grazie a un imponente macchinario.
Per la sua centralità fu adibita ad ospedale per fornire assistenza ai soldati feriti durante gli scontri tra l’esercito repubblicano e quello francese: proprio qui, a seguito del colpo di carabina ricevuto mentre difendeva Villa Spada, Luciano Manara morì il 30 giugno del 1849 non c’è nulla che ricordi quell’episodio?

Figura nota e importante del Risorgimento italiano, Luciano Manara, nominato da Garibaldi in persona Capo di Stato maggiore, fu assistito dai Carmelitani che fecero anche da cappellani e infermieri. 

Un luogo che per la sua storia e il suo fascino ci auspichiamo possa diventare un museo pubblico

Gianfranco Cannarozzo

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