L’omicidio di Sharon Verzeni
Il baratro mentale e la protezione delle vittime che non esiste.
Nel momento in cui mi appresto a scrivere quanto segue, l’Italia è sconvolta da due gravi fatti di cronaca, che seppur differenti, rimettono al centro l’urgenza di una riflessione su quello che è l’attore protagonista di entrambe le vicende: il baratro mentale, quando esso diviene atto violento, eliminatorio. Queste parole nascono da un moto di indignazione che mi coinvolge tanto quanto persona che come professionista. Sharon Verzeni, uccisa nella notte tra il 29 e 30 luglio, si è tristemente trovata nel luogo sbagliato, nel momento peggiore, ma certamente è vittima di un sistema avverso, di una società che ha disatteso il compito di tutelare dalle degenerazioni e gli abissi della malattia mentale, prima che sia troppo tardi. Se per la strage di Paderno Dugnano, ad opera del reo confesso 17enne, possiamo assolvere la collettività in quanto erano sommersi i segnali che potevano far presagire cotanta violenza, non vi sono scusanti per quanto riguarda il delitto della giovane barista.