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Autore: Gianfranco Cannarozzo

Finanziaria: dopo giorni di lavoro,tra proteste e ritardi, approvati gli emendamenti dalla Commissione

Si è finalmente concluso l’esame della manovra di bilancio da parte della Commissione che dopo una settimana di slittamenti, dibattiti e proteste ha esaminato tutte le proposte sugli emendamenti e sono stati affidati ai relatori i quali lo hanno presentato giovedì alla Camera.

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Strage di Piazza Fontana, il cinquantatreesimo anniversario dell’attentato che sconvolse Milano

Considerata “la madre di tutte le stragi” o il più grave atto terroristico dal dopoguerra”, è ritenuto da molti come l’inizio del periodo che verrà ricordato come “anni di piombo” e che darà vita alla strategia della tensione che durerà dagli anni 70 fino agli anni ’80 con la Strage di Bologna.

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Panificatori, in “piazza“ contro l’aumento
dei costi dell’energia e delle materie prime

I Panificatori della Fippa – Federazione Panificatori, Pasticcieri e Affini – si sono dati appuntamento nella Capitale il 27 novembre presso il Centro Congressi Cavour per gridare forte il loro disperato bisogno dell’intervento della politica affinché dia risposte esaurienti a un settore che sta affrontando la peggiore crisi dalla fine del secondo conflitto mondiale, piegato dall’aumento dei costi dell’energia e anche delle materie prime. 

Una crisi che perdura da due anni e che ha già portato tantissime imprese, lungo tutto lo Stivale ad abbassare la saracinesca non riuscendo più a far fronte alle ingenti spese dovute ai rincari. Tutto infatti è iniziato con l’arrivo della pandemia da Coronavirus e il conseguente lockdown, che ha inferto una profondissima ferita al settore del Turismo e Ristorazione, con gravi ripercussioni sulle imprese che sono fornitrici primarie di questi settori, aggravate poi dal più recente conflitto in Ucraina che ha contribuito a rendere tutto molto più complicato.

Dopo tante parole e promesse vuote è tempo di fatti; per questo i panificatori italiani si sono dati appuntamento a Roma per chiedere compatti e uniti alla politica, di opposizione e al governo, di intervenire in tutela di un settore che sta stentando a sopravvivere…. Un settore che da lavoro a numerose persone e famiglie.

Da luglio del 2021 i prezzi sono aumentati di circa il 30% e per i panificatori scaricare sull’utilizzatore finale i costi del prodotto è diventato sempre più difficile, un vero e proprio terreno minato che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Per questo l’incontro tenutosi domenica non aveva le solite caratteristiche di manifestazione di piazza, è stato un confronto con il governo affinché sia avviato un percorso che possa arrivare a delle soluzioni concrete.
Come affermato da Carlo Quartesan, Presidente dei panificatori dell’Ascom Confcommercio, che ha presenziato all’incontro: «Una manifestazione nazionale dei fornai italiani perché i nostri clienti devono sapere che stiamo combattendo non solo per le nostre aziende, le nostre famiglie e quelle dei nostri collaboratori ma anche per i consumatori ai quali vogliamo continuare a garantire il pane fresco quotidiano».
Parlando del caro energia ha aggiunto: «Questo sta letteralmente mettendo in ginocchio le nostre imprese. Abbiamo costi che sono aumentati a dismisura senza per questo che, in queste settimane, si sia potuto trasferire in toto l’aumento sul prodotto.
E’ vero: il prezzo del pane è stato ritoccato, seppur in misura minima, ma bisogna pur sempre sottolineare che, mediamente, il costo dei due panini che compra una famiglia giornalmente restano sempre nell’ordine di pochi centesimi di aumento. La manifestazione romana ha ovviamente l’obiettivo di attirare l’attenzione su un mondo che rischia di essere travolto dallo tsunami di un caro energia e di un’inflazione con i quali non ci eravamo mai confrontati. Questo significa che qualcosa il governo, nell’immediato, dovrà pur fare, magari anche solo prevedendo una moratoria su fisco e banche.
Poi però noi chiederemo che, proprio perché settore “energivoro”, si permetta alle nostre imprese di attrezzarsi, ad esempio, con forni ed impastatrici a più basso consumo, prevedendo che il costo sia totalmente defalcato dal reddito d’impresa. Sarebbe una buona pratica non solo sotto il profilo economico, non solo per il mantenimento di un settore che significa molto per la storia dell’umanità e del nostro Paese, ma anche per dare un segnale a tutela di quell’ambiente che rischia un disastro annunciato in assenza di importanti correttivi».

Primo riscontro importante da parte del governo è arrivato dall’onorevole Sandra Savino, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze la quale ha fatto pervenire un suo messaggio ai manifestanti. Messaggio in cui si evince una certa disponibilità e apertura da parte della politica nel confronti delle aspettative e delle richieste dei panificatori italiani, valutando anche l’ipotesi un incontro per poter meglio affrontare la questione e dibattere insieme sulle possibili soluzioni per far fronte alla crisi. Tutelare la produzione, sostenere e conservare i valori della tradizione, anche e soprattutto della panificazione, sono un impegno concreto cui non intendiamo sottrarci. “Anche per questo, nella logica di un constante confronto con le realtà produttive del Paese, spero di potervi incontrare quanto prima”. 
La Savino aveva già affrontato la tematica relativa i rincari quando, nel 2010 come Assessore del Friuli Venezia Giulia, fu lei ad inserire una finanziaria regionale comprensiva di un contributo per fronteggiare i costi energetici.

Alla questione si aggiunge anche la paura per le eventuali conseguenze che le politiche energetiche potrebbero avere sulle imprese di settore; soprattutto si interrogano sui costi da affrontare per effettuare un passaggio alle fonti di energia alternativa abbandonando gas, benzina e gasolio. A poco sono serviti i vari bonus voluti dal governo Draghi o dal nel governo Meloni, più utili a tamponare che a risolvere in maniera definitiva. 

Il Presidente di Confcommercio Ascom Padova, Patrizio Bertin ha affermato che «I panificatori aderenti alla nostra Associazione sono da sempre in prima linea in queste campagne di sensibilizzazione culturale e sociale, a testimonianza della coesione presente in un gruppo che crede nella diffusione anche di messaggi sociali di rilievo». 
Non solo a Roma sono scesi in piazza i panificatori, anche a Firenze si sono dati appuntamento guidati da Aldo Cursano Presidente Confcommercio Toscana e Franco Marinoni, Direttore di Assipin, associazione di categoria aderente a Confcommercio, per protestare contro il caro bollette con lo slogan  provocatorio “I forni toscani si sono inventati il pane “sciocco” perché la tassa sul sale era troppo esosa. Se adesso non lo volete anche crudo, abbassate il costo dell’energia!”.

Bollette sempre più care, margini di profitto scarsi, preoccupazione per il futuro, tutti temi che stanno mettendo in ginocchio le varie imprese che giustamente non vogliono, come affermato da Nicola Giuntini Presidente di Assipan Toscana, ritoccare il listino prezzi se non di pochissimo, perché caricare sui consumatori «sarebbe un danno che metterebbe in ginocchio molte famiglie». «Il pane deve continuare ad essere “democratico” anche nel prezzo».

Una crisi che non ha una connotazione geografica, ma che sta colpendo duramente tutti i settori imprenditoriali, come sostenuto dal presidente Aldo Cursano «costi che aumentano, ricavi che si abbassano, di questo passo le nostre aziende hanno poco futuro. Se in pandemia chiedevamo di poter lavorare, ora chiediamo di tornare ad avere margini dignitosi di guadagno, che ci consentano di salvare l’occupazione e di reinvestire nella crescita dell’impresa». 

Bisognerà attendere per vedere effettivamente quali saranno le proposte della politica e se realmente avranno dei risultati, o se saranno anche questi l’ennesimo buco nell’acqua.

Gianfranco Cannarozzo

Ennio Morricone, il più grande compositore cinematografico e autore di musica nel ricordo del figlio Andrea

Come ricordato dal figlio Andrea fu la figura più autorevole della sua epoca e non solo come realizzatore di colonne sonore, ne fece più di 500 colonne sonore nella sua carriera affascinando intere generazioni. Un ”fuoriclasse”, cosi lo definisce il figlio Andrea che è l’unico della famiglia ad aver seguito le orme paterne.

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Addio a Roberto Maroni, delfino di Umberto Bossi, membro indiscusso della Lega Nord

 

“Questa notte alle ore 4 il nostro caro Bobo ci ha lasciati. A chi gli chiedeva come stava, anche negli ultimi istanti, ha sempre risposto: “Bene”. Eri così Bobo, un inguaribile ottimista. Sei stato un grande marito, padre e amico. Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità, o meglio, è sostanza divina. Ciao Bobo”. Con queste parole la famiglia ne dà il triste annuncio. 

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Economia circolare: Italia un passo avanti rispetto ai competitor europei

Dal Rapporto sull’economia corcolare in Italia è emerso che nonostante non sia stato raggiungo l’obiettivo del disaccoppiamento tra consumo di risorse e crescita, il nostro Paese insieme alla Francia siede sul podio nella classifica delle 5 principali economie europee; nell’Unione europea nel 2020 il tasso di utilizzo circolare della materia ha raggiunto il 12,8% mentre nel nostro Paese il 21,6%.

La Fondazione per lo sviluppo sostenibile con il supporto di varie organizzazioni operanti in diversi settori economici e alcuni gruppi di imprese ha creato il Circular Economy Network, uno strumento atto a prumuovere lo sviluppo dell’economia circolare in Italia.

Questo si basa su cinque principi fondamentali che sono:

  1. Promozione raccolta e divulgazione di studi e ricerche in merito all’economia circolare;
  2. Definizione di indicatori chiave di circolarità e analisi di performance nazionali;
  3. Analisi delle principali criticità e le barriere da rimuove con eventuali soluzioni;
  4. Elaborazione di strategie e policy che possano essere poste all’attenzione dei politici, promuovendo una interlocuzione tra imprese e istituzioni;
  5. Valorizzare e diffondere buone pratiche delle migliori tecniche;

Questo si inquadra in un momento storico molto particolare per il nostro Paese e non solo, dopo lo scoppio della pandemia da Coronavirus che ha pesantemente danneggiato l’economia globale, si è verificato un non sottovalutabile rialzo dei prezzi di diverse materie prime, nonché il ritardo di alcune forniture causando non poche difficoltà, a catena per diverse imprese. Problemi aggravatisi con lo scoppio del conflitto russo-ucraino.

Tali problematiche sono riconducibili sia alla “congiuntura” (fase di ripresa rapida dopo un calo profondo), ma anche dovuti a una tendenza di fondo non trascurabile: una domanda sempre crescente in netta contrapposizione con il crescente consumo delle materie prime di cui non possiamo disporre in quantità illimitata.

Il disaccoppiamento della crescita economica dal consumo delle materie prime “vergini“ è l’obiettivo strategico dell’economia circolare e una delle basi decisive del Green Deal europeo. La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari è sempre più una necessità non solo per la sostenibilità ecologica, ma per la solidità della ripresa economica, la stabilità dello sviluppo e la competitività delle imprese.

I numeri contenuti nel Rapporto che per primo applica le norme della Carta di Bellagio, il sistema di monitoraggio della qualità e dei progressi europei sull’economia circolare, approvata dall’Agenzia europea per l’ambiente in collaborazione con l’Istituto superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, mostrano come le maggiori difficoltà dell’economia (non solo) italiana siano legate a politiche che hanno sottovalutato le potenzialità e la necessità strategica di un robusto rafforzamento del Paese nel campo dell’economia circolare. Nel 2021 il rimbalzo dell’economia è stato molto più positivo delle aspettative, con una crescita del PIL italiano del 6,6% rispetto al 2020. Ma, inserita nel vecchio modello di economia lineare, questa crescita è andata a sbattere contro il muro della carenza di materie prime.

L’Italia, in una situazione generale piuttosto negativa è riuscita a limitare i danni e a migliorare alcuni indicatori di circolarità rispetto ad altri Paesi dell’Unione, come la riduzione pro capite dell’uso di materie prime che si attestano intorno al 36%. Un dato che pone il Belpaese sul podio rispetto ai suoi competitor. Per quanto lasituazione sia positiva sotto questi aspetti, siamo piuttosto arrettrati in tema di ecoinnovazione e investimenti. 

Ma cos’è nello specifico l’economia circolare? 

Studiata per la prima volta negli ani ’70 questa rappresenta un modello di business in grado di generare competitività coniugando innovazione e sostenibilità,che differisce dal classico “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”, per essere attuato necessita di un approccio differente da parte delle imprese, che ne ricavano una riduzione dei costi, miglior utilizzo dell’energia, diminuzione dell’emissione di CO2 ed una ottimizzazione della catena di fornitura. Per le sue caratteristiche la Commissione europea nel 2020 aveva presentato il piano d’azione per una nuova economia circolare e nel marzo di quest’anno, un nuovo pacchetto di misure atte ad accelerare la transizione verso tale economia per cercare di raggiungere l’obiettivo dell’Ue di neutralità climatica entro il 2050, come previsto dal Green Deal, includendo il potenziamento dei prodotti sostenibili, la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, la revisione del regolamento sui prodotti da costruzione e una strategia sui tessili sostenibili. 

L’economia circolare ha innumerevoli vantaggi, il primo riguarda senza dubbio la gestione dei rifiuti, quando si parla di prodotto di origine biologico può essere reintegrato nell’ecosistema una volta terminato il proprio ciclo di vita, mentre quando si tratta di rifiuto di altra natura, questo potrà essere lavorato e riciclato per avere una seconda vita.

Consente anche di ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali soprattutto di origine fossile, maggiormente sfruttato dal settore industriale, riducendo, di conseguenza, l’emissione di CO2 nell’atmosfera.

Un modello economico più sostenibile rappresenta inoltre una grande opportunità per il tessuto sociale e apre le porte a nuove possibilità di lavoro.

Non è però tutto rosa e fiori, nonstante potrebbe diventare un modello economico di tutti i Paesi, presenta alcune note dolenti. Il riciclo ad esempio non è infinito per tutte le materie prime  e non tutte possono essere riciclate: la carta ad esempio dovo un certo numero di cicli deve essere smaltita, mentre altre come l’amianto necessitano di procedure speciali.

Altro problema il risparmio sarebbe solo a lungo termine. Il procvesso di lavorazione di alcune materie per poterli riutilizzare, in alcuni casi supera il costo stesso della materia e quindi alle aziende converrebbe sostituirli piuttosto che recuperarli.

A questo si aggiunge la mancanza di incentivi, punto dolente soprattutto in Italia.

Da questo si evince che la transizione a un’economia circolare, con i suoi vantaggi e svantaggi, non è un obiettivo facilmente perseguibile, almeno non senza una comune azione da parte dei Paesi e delle aziende produttrici.

Gianfranco Cannarozzo

Conflitto russo-ucraino, il ritiro da Kherson una strategia per una nuova offensiva

Le truppe dell’esercito russo si sono ritirate dalla cittadina ucraina di Kherson, capoluogo dell’omonimo ‘Oblastsituata nel pressi di un’estuario del fiume Dnepr, una delle quattro città che al referendum di settembre aveva votato per l’adesione alla Federazione Russa. La cittadina trovandosi sulla via per Odessa rappresenta un importante porto sul Mar Nero. 

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Gruppo Storico Romano: l’associazione leader
nel mondo della rievocazione storica sulla Capitale

Il 21 aprile 1994, in memoria della fondazione della Città Eterna, da un gruppo di amici uniti dalla passione per la storia, soprattutto quella dell’antica Roma, nasce il Gruppo Storico Romano, associazione culturale, apolitica e senza scopo di lucro. 
L’associazione nata quasi per gioco da una associazione pre-esistente chiamata “Ci divertiamo” nel corso degli anni è cresciuta notevolmente fino ad affermarsi nel mondo delle rievocazioni storiche diventando famosa in tutto il Mondo, non solo in Italia.

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Bologna, presso Palazzo Pallavicini una mostra dedicata a uno dei pittori già importanti del XX secolo, Giorgio de Chirico

Oltre 70 opere per ripercorrere l’evoluzione artistica di de Chirico, dalla stagione così detta “barocca” fino ad arrivare al periodo metafisico, esposte nel Palazzo quattrocentesco dal 13 di ottobre.

Giorgio de Chirico nasce in Tessaglia, a Volos il 10 luglio 1888 da genitori italiani appartenenti alla nobiltà: il padre Evaristo, ingegnere ferroviario era figlio del barone siciliano Giorgio Filigione de Chirico, mentre la madre, Gemma Cervetto era una baronessa di origine genovese. Dopo una adolescenza trascorsa tra la sua città natale ed Atene, si avvicina al disegno nel 1896 quando si traferisce in pianta stabile ad Atene e inizia a frequentare le lezioni del pittore greco Mavrudisdal e successivamente del soldato pittore Carlo Barbieri e da Jules-Louis Gilléron. Nel 1900 frequenta il Politecnico di Atene. 6 anni dopo si trasferisce a Firenze con la madre e il fratello Andrea Alberto, più noto con lo pseudonimo di Alberto Savino, pittore, scrittore e drammaturgo e vi frequenta l’Accademia di belle arti.

Nel 1911 raggiunge il fratello a Parigi e inizia a frequentare artisti come Picasso, Max Jacob, Paul Gauguin e Guillaume Apollinaire e partecipa al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne. La sua fama inizia poco a poco a diffondersi e in questo periodo parigino inizia a dipingere i famosi manichini, realizzando anche alcune delle opere più importanti del XX secolo. 

Scoppiata la prima guerra mondiale Giorgio con il fratello si arruolano volontari e vengono assegnati al 27º reggimento di fanteria presso Ferrara, città in cui ebbe, almeno all’inizio, difficoltà ad ambientarsi, tanto che nelle sue memorie scrisse: “Partivo per Ferrara, partivo per quella città che Burckhardt definì la più moderna d’Europa e che a me si rivelò come la città più profonda, più strana e più solitaria della terra”. In questo periodo la sua produzione artistica si concentrò prevalentemente sulla realizzazione di nature morte e figure geometriche, seguendo uno stile definito enigmatico prima che metafisico, caratterizzato dalla presenza di architetture essenziali in prospettive non realistiche, inserendo oggetti non contestualizzati, realizzati con una cura dei particolari portata all’estremo.

Ricoverato all’ospedale militare di Ferrara conosce il pittore futurista Carlo Carrà che lo influenzerà fino a perfezionare la tecnica di realizzazione delle opere metafisiche e ad esporle in un testo pubblicato sulla rivista “Pittura metafisica”, che sarà di ispirazione per le opere architettoniche del periodo fascista. Non abbandonò mai la realizzazione di opere classiche come nature morte, ritratti, paesaggi sempre cercando di andare contro le tendenze dell’arte.

De Chirico si trasferisce a Roma dove muore nel 1978 dopo una lunga malattia.

La mostra curata da Elena Pontiggia e Francesca Bogliolo, prodotta e organizzata da Pallavicini Srl in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico è ospitata presso Palazzo Pallavicini, edificio risalente al Quattrocento e appartenuto a molte famiglie nobili come i Marsili, i Volta, i Sala e gli Isolani fino al 1765, quando vi si trasferì Gian Luca Pallavicini, maresciallo e consigliere di Stato dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, che ne fece una corta europea e ospitò numerosi banchetti, feste mondane e concerti. 

Nella prima parte dell’esposizione sono raccolte le opere che vanno dal 1938 a 1968, periodo in cui l’artista trasse ispirazione da pittori come Rubens, Delacroix e Raffaello. Le opere che realizza hanno soggetti prevalentemente irreali, cerca di rappresentare infatti un mondo estremamente idealizzato e fantastico, componendo delle opere che si rifanno alla stagione barocca che però si discosta dal naturalismo, rappresentando una natura inventata. Tra le opere che si possono ammirare vi sono degli autoritratti come “Autoritratto nudo” del 1945 e  “Autoritratto nel parco con costume del Seicento” del ’56 e opere di altro genere come “Natura morta ariostesca” e “La pattinatrice”.

Nella seconda parte dell’esposizione, quella che va dal 1968 al 1978, de Chirico concentra la sua arte nella realizzazione di quadri aventi come soggetti le piazze italiane e gli enigmi e i manichini, che gli furono ispirati da un dramma composto dal fratello Savino, che aveva come protagonista ” un uomo senza volto”. In questo contesto cerca di reinterpretare i temi del passato in chiave ironica, sfruttando i colori dai toni accesi e un tipo di pittura nuovo, che si allontana dalla pastosità del periodo barocco e si avvicina al disegno, chiaro e dettagliato. Di questo periodo si possono ammirare le opere come “Ettore e Andromaca”, “Il sole sul cavalletto”, “I bagni misteriosi”, “visione metafisica di New York” e “Le muse inquietanti”.             

 

Gianfranco Cannarozzo

 

Batteri, la causa del cambiamento climatico del Pianeta rosso

Mentre 3 miliardi di anni fa circa, sul nostro Pianeta la vita primitiva iniziava gradualmente a diffondersi dagli oceani diventando sempre più complessa, alcuni semplici microbi che si nutrivano di idrogeno espellendo metano avrebbero prosperato su Marte.

Questo è quello che sembrerebbe suggerire uno studio di modellazione climatica condotto con il supporto del suo team, dall’astrobiologo Boris Sauterey dell’Institut de Biologie de l’Ecole Normale Supérieure (IBENS) di Parigi e ricercatore alla Sorbona. Avvalendosi di complesse modellazioni computerizzate, hanno potuto ricostruire e simulare, basandosi sulle nostre conoscenze in merito di atmosfera e litosfera marziane, l’interazione tra i microbi che consumano idrogeno a quelli che esistevano sul nostro Pianeta anticamente. 

«Ci affidano a ripensare il modo in cui una biosfera e il suo pianeta interagiscono» ha dichiarato Sauterey, commentando che i risultati offrono una visione piuttosto sconfortante dell’universo, e la vita anche in forma microbica potrebbe essere la causa stessa della propria morte.

Il Pianeta Rosso 3 miliardi di anni fa, secondo lo studio era molto caldo e umido, le temperature oscillavano tra i +20 -10 gradi Celsius e a sua superficie presentava laghi, fiumi ed oceani. Oggi gli unici segni rimasto della presenza di acqua sono le calotte ghiacciate sia in superficie che in profondità. L’atmosfera invece non era simile a quella terrestre e idrogeno e anidride carbonica contribuivano al suo riscaldamento. 

La presenza di queste grandi quantità di gas era fondamentale perchè permetteva a Marte di mantenere una temperatura mite, essendo oltretutto più lontana dal Sole rispetto alla Terra. 

Quando i primi microbi fecero la loro comparsa sul Pianeta e iniziarono a nutrirsi di idrogeno, rilasciando metano, contribuirono al rallentamento dell’effetto serra rendendo il pianeta sempre più freddo e sempre meno ospitale. Esattamente il contrario di quanto avvenuto sulla Terra.

«Sull’antico Marte, l’idrogeno era un gas riscaldante molto potente a causa di qualcosa che chiamiamo effetto di assorbimento indotto dalla collisione in cui le molecole di anidride carbonica e idrogeno interagiscono tra loro. Non lo vediamo sulla Terra perché l’atmosfera del nostro pianeta non è ricca di anidride carbonica come quella di Marte. Quindi i microbi hanno essenzialmente sostituito un gas riscaldante più potente, l’idrogeno, con un gas riscaldante meno potente, il metano, che avrebbe avuto un effetto di raffreddamento netto»

Mano a mano che i microbi consumavano idrogeno il pianeta diventava sempre meno ospitale e freddo, le temperature scesero oltre i 60 gradi Celsius e l’acqua divenne ghiaccio spingendo le primordiali forme di vita a trovare riparo e calore all’interno del Pianeta, raggiungendo, secondo lo studio, 1 km di profondità.

Le ricerche condotte da Sauterey hanno portato all’identificazione di alcuni luoghi più in superficie in cui sarebbero sopravvissute delle tracce di vita: Hellas Pianitia e Isidis Planitia, due pue pianure basse situate rispettivamente nell’emisfero meridionale e a nord dell’equatore marziano, e il cratere Jezero, in cui attualmente il Perseverance colleziona campioni di roccia da analizzare al suo rientro sulla Terra. Essendo il clima di questi luoghi più caldo che sul resto del Pianeta, è più facile cercarvi le prove della presenza di forme di vita, come suggerisce lo stesso Sauterey.

Una ricerca simile fu condotta dal modulo Nasa Curiosity, che dal 2012 al 2016 analizzò il cratere di Gale, che poteva custodire tra le sue rocce i segni di antiche forme di vita.

Boris Sauterey ha dichiarato che «poiché l’atmosfera marziana è scomparsa in tempi recenti, questi microbi dovrebbero passare a un’altra fonte di energia. Possiamo immaginare che alcuni processi geologici su Marte oggi potrebbero fornire lo stesso tipo di substrato energetico, idrogeno e anidride carbonica, su cui questi microbi potrebbero vivere. Vorremmo scoprirlo e cercare di localizzare eventuali oasi di abitabilità nel crosta marziana. Gli ingredienti della vita sono ovunque nell’universo, quindi è possibile che la vita appaia regolarmente. Ma l’incapacità della vita di mantenere condizioni abitabili sulla superficie del pianeta la fa estinguere molto velocemente. Il nostro esperimento fa anche un passo avanti in quanto mostra che anche in un pianeta molto primitivo, la biosfera può avere un effetto completamente autodistruttivo». 

Il clima marziano è stato più volte oggetto di studio, sono state molte le ipotesi in merito al cambiamento climatico e alla presenza o meno di vita su di esso. Nel 2021 una ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances incentrata sull’analisi dell’interazione delle riserve di acqua e il comportamento al variare delle stagioni e dei lunghi periodi, seguendo lo studio dell’acqua “semi-pesante”, dove un atomo di idrogeno è sostituito da un deuterio: un isotopo dell’idrogeno con un neutrone in più nel suo nucleo. Il tutto grazie all’ExoMars trace Gas Orbiter, il modulo che ha permesso di condurre per la prima volta analisi il 3d dell’atmosfera. 

 

Gianfranco Cannarozzo

Giappone, scattato j-alarm per missile balistico nordcoreano

Nella mezzanotte di martedì,ora italiana, un razzo vettore è stato lanciato dalla Corea del Nord, precisamente da Mupyong-ri verso i confini cinesi a un’altitudine massima di 1000 km sulla regione di Tohoku, viaggiando per 20 minuti prima di precipitare nel Mar Baltico.

Secondo alcuni esperti il missile potrebbe essere un irbm Hwasong-12, missile balistico di nuova costruzione a raggio intermedio, testato per la prima volta a Gennaio. Questo razzo è dotato di una gittata che può oscillare tra i 3.700 e i 6.000 km e rappresenta il primo mai realizzato da Pyongyang in gradi di coprire grandi distanze. 

Altri esperti ritengono poco probabile questa ipotesi, avendo il missile viaggiato per soli 20 minuti, troppo pochi per quella categoria di razzi, senza però escludere che il lancio possa aver riguardato anche un missile balistico intercontinentale con una interruzione anticipata del booster.

Più probabilmente si stratta di un Icbm, un missile intercontinentale in grado di trasportare ordigni nucleari, caratterizzato da una gittata molto elevata, circa 5.500 km e in gradi di raggiungere altezze sigificative addirittura una parte di volo suborbitale e parzialmente orbitale.                                                                                

I primi razzi di questa tipologia costituivano la base dei razzi vettori: il primo fu l’R-7 Semërka, costruito dai sovietici e il primo a portare in orbita il primo satellite articifilale mai realizzato, lo Sputnik1.

Il razzo non ha provocato danni alle navi vicine al luogo dell’impatto o alla popolazione, ma nonostante questo nelle prefetture di Aomori e Hokkaido sono risuonate le sirene del J-alert.

Questo è il sistema giapponese per mettere in guardia la popolazione del pericolo di minacce o per segnalare una emergenza. “Lancio di missili, lancio di missili. Si prega di trovare riparo” queste sono le parole scandite dalle sirene di allarme e le autorità, sfruttando l’invio di messaggi telefonici, ha invitato la popolazione a cercare un riparo all’interno di stazioni, metropolitane e a segnalare eventuali oggetti o rottami non identificati.

Probabilmente Kim Jong-un dopo le esercitazioni militari congiunte condotte da Usa, Giappone e Corea del Sud, vuole lanciare un messaggio, rendere operativo il proprio arsenale e svilupparne nuove abilità, cercando di fare quanta più pressione possibile a Washington affinchè accetti il suo Paese come “Stato nucleare” evitando così di essere soggetto alle sanzioni internazionali.

Kim infatti ha sempre ignorato gli appelli del presidente americano Biden in merito al disarmo chiudendo ad ogni possibilità di confronto. Inoltre nel corso dell’Assemblea Suprema del popolo, è stato approvato un nuovo documento che amplia il concetto di “Stato nucleare”. Ora infatti l’esercito nordcoreano può eseguire attacchi nucleari contro forze nemiche in maniera automatica nel caso di minaccia per il suo leader o per gli obiettivi strategici.

Un cambiamento che preoccupa dato che modifica la legge del 2013 che si riferiva ad attacchi secondari non ad attacchi preventivi, come citato nel nuovo testo.

Secondo alcune fonti di intelligence si parla di probabili test nucleari, forse il prossimo test potrebbe essere effettuato tra il Congresso del Partito Comunista Cinese a metà ottobre pppure a novembre con le elezioni di midterm Usa.

Il ministro degli Esteri giapponese, Yoshimasa Hayashi e il Segretario di Stato americano Antony Blinken hanno ritenuto il gesto “una minaccia seria e imminente per la sicurezza del Giappone e una chiara sfida per la comunità internazionale” come riportato in una nota da Tokyo. Parole condivise anche dal primo ministro giapponese Fumio Kushida. Durante la telfonata tra Blinken e Hayashi, i due Paesi hanno rinnovato l’impegno a rafforzare le capacità difensive del Giappone confermando le capacità di deterrenza e risposta dell’alleanza, promuovendo la collaborazione e cooperazione con la Corea del Sud.

Dalla Corea del Sud, il presidente Yoon Suk-yeol parla di “sconsiderate provocazioni nucleari”.

Ferme condanne anche dall’Europa; Charles Michel, presidente del consiglio europeo ha commentato l’episodio su Twitter dichiarando che “L’Unione europea condanna fermamente il tentativo deliberato della Corea del Nord di mettere a repentaglio la sicurezza nella Regione lanciando un missile balistico sul Giappone. É un’aggressione ingiustificata e una palese violazione del diritto internazionale. l’Ue, è solidale con Giappone e Corea del Sud”.

Gianfranco Cannarozzo

 

E.P.ART Festival: con il M.A.U.Mi. nasce il primo Museo di Arte Urbana sulle Migrazioni

Giunge alla terza edizione il progetto E.P.ART Fest, promosso e curato da Ecomuseo Casilino e vincitore del “Creative Living Lab-Edizione3” Avviso pubblico “Estate Romana 2020 -2021 – 2022” curato dal Dipartimento Attività culturali del MIC in collaborazione con SIAE, con l’obiettivo di creare processi di musealizzazione diffondendolo nella periferia est della Capitale sfruttando le realizzazione di opere di street art.

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Vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai: Xi-Jinping incontra Putin

Nelle giornate del 15 e 16 Settembre, si è svolto a Samarcanda, in Uzbekistan un importante vertice della Sco: l’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, al quale hanno preso parte i Paesi membri, la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar, Egitto, e Paesi osservatori e Armenia ed Azerbaijan, nonostante i due Paesi siano recentemente in contrasto.

I Paesi che prendono parte a questo importantissimo incontro che ha l’obiettivo di approfondire la “cooperazione reciprocamente vantaggiosa e di promuovere lo sviluppo solido e costante del forum economico e di sicurezza”, fanno parte dal 2001 dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai.                                                                                                                       Il Gruppo dei Cinque o Gruppo di Shangai, fu fondato nel 1996 nella città dalla quale prendono il nome, dove siglarono l’unione con la firma del Trattato per il rafforzamento dell’appoggio militare nelle regioni di confine da parte dei capi di Stato di Kazakistan, Cina, Kirghizistan, Tagikistan e Russia. Nel 1997, a Mosca, gli stessi paesi firmarono il Trattato per la riduzione delle forze militari nelle regioni di confine. I successivi incontri si sono tenuti nel 1998 ad Almaty (Kazakistan), nel 1999 a Bishkek (Kirghizistan) e nel 2000 a Dušanbe (Tagikistan).      

Dal 2001 con l’ingresso dell’Uzbekistan divennero il Gruppo dei Sei e insieme, in Cina firmarono la Dichiarazione della Shanghai Cooperation Organization, con la quale, oltre ad esprimere un sentito encomio nei confronti dell’operato del Gruppo di Shanghai, veniva espressa la volontà di poter trasformare i meccanismi e gli accordi che legavano i sei stati membri in una forma di cooperazione ben più ampia ed articolata.                                                                                                            Quest’anno il vertice si è tenuto a Samarcanda, per la prima volta in presenza dallo scoppio della Pandemia, per il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi-Jinping infatti, questa occasione rappresenta il primo viaggio fuori dal Paese dal lockdown e che precede la riunione di ottobre dei leader del Partito Comunista che lo potrebbe vedere in lizza per il terzo mandato.        

Dopo aver incontrato il presidente kirghiso Sadir japarov, al quale ha espresso pieno sostegno per l’indipendenza e la sovranità territoriale del Paese e l’opposizione alle interferenze straniere, è stato ricevuto da presidente uzbeko Shavkat Shavkat Mirziyoyev e ha partecipato alla cerimonia di apertura, per poi passare al momento, forse più atteso di questo anno: l’incontro con Vladimir Putin.                                                                                                                                                                    

Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Tass, i due leader hanno in programma di “discutere l’agenda bilaterale e gli argomenti internazionali e regionali” senza tralasciare la questione Ucraina e Taiwan.

I due leader si erano precedentemente incontrati a Pechino poco prima dell’attacco in Ucraina, su cui la Cina non ha mai preso una posizione chiara. Pechino infatti ha sempre sostenuto le motivazioni addotte da Mosca in merito all’Operazione speciale, ma allo stesso tempo, non ha mai inviato supporto bellico, probabilmente per risparmiarsi le ingenti e durissime sanzioni emanate da Washington e dagli altri Paesi occidentali. «I tentativi di creare un mondo unipolare da parte dellOccidente hanno assunto forme assolutamente orribili» avrebbe dichiarato il presidente cinese al suo corrispettivo russo, il quale dopo aver affermato che chiarirà la posizione Russa in merito all’Ucraina e che comprende perfettamente i timori della Cina in merito, soprattutto per i recenti rapporti che quest’ultima ha con gli Usa. 

Anche per la Cina infatti i rapporti con gli Usa si sono incrinati, soprattutto dopo la visita nell’isola di Taiwan, della speaker Nancy Pelosi. In quell’occasione furono condotte delle esercitazioni militari da parte dell’esercito cinese, che prevedevano l’utilizzo di missili balistici nelle acque limitrofe all’isola. Nella giornata di mercoledì gli Usa hanno approvato un disegno di legge per fortificare i legami con Taipei e fornire maggiore equipaggiamento militare per scoraggiare un’invasione cinese.

Un vertice importante, che non vede solo i leader russo e cinese a confronto, nonostante la grande attenzione del media per l’evento. Per la ricercatrice in Chinese Studies all’Università di Trento Giulia Sciorati, l’incontro Xi-Putin è una parte dell’evento ben più grande che ha visto susseguirsi numerosi incontri bilaterali, come con il primo ministro indiano Narendra Modi, l’iraniano Ebrahim Raisi e il turco Recep Tayyp Erdogan con cui Putin ha discusso della questione del grano ucraino e della questione libica, sulla quale divergono per opinioni.

 

Gianfranco Cannarozzo

 

 

 

 

 

 

Salute, una nuova concezione di sanità privata: Paideia International Hospital

Il 5 settembre è stata inaugurata  a Roma la nuova struttura della già nota Paideia: la Paideia Internationa Hospital. Questa si prefigura come un nuovo polo della medicina e della prevenzione, sfruttando le migliori tecnologie e innovazioni, avvalendosi di personale medico altamente qualificato, anche internazionale.

Paideia International Hospital nasce nel 2021 dopo un lunghissimo passato di esperienze, ricerche e innovazioni, della clinica privata Paideia. Questa infatti è presente nel quartiere nord di Roma dagli anni ’60 e da sempre si è distinta per la cura del paziente e la professionalità del suo personale medico-sanitario. Grazie a questa esperienza maturata nel corso degli anni, la clinica si è evoluta specializzandosi negli interventi di chirurgici, diventando ospedale privato, fino all’apertura di questa nuova sede caratterizzata dalla presenza di strumentazioni avanguardistiche diventando un nuovo modello di sanità privata.

Come dichiara l’amministratore delegato Andrea De Angelis, la strada da seguire è quella di «offrire alla collettività una Sanità privata unica nel suo genere. In questi anni la Sanità è profondamente cambiata. La pandemia ha portato alla luce un processo che già era in atto da molto tempo. Quando abbiamo deciso di dare vita a Paideia International Hospital non avevamo idea che ci saremo dovuti confrontare con un’emergenza di questa portata. Quando la Sanità privata è al servizio dell’eccellenza, quando fa dell’eccellenza, della serietà, della presa in carico un mission, risponde davvero ai bisogni di salute della società. In un rapporto di collaborazione e non di contrapposizione con la Sanità pubblica.Vogliamo che Paideia International Hospital porti una ‘rivoluzione culturale’ nell’approccio alla Salute. Ed infine l’aspetto internazionale. Che non è solo un titolo in un nome o la capacità di accogliere l’utenza straniera. È una visione. Paideia International Hospital guarda oltre i confini italiani per cogliere il meglio della Sanità di altri Paesi che, prima di noi, hanno compiuto rivoluzioni tecnologiche. Cerchiamo l’eccellenza in Italia ma anche all’estero».

“Una struttura che possa coniugare le più avanzate tecnologie con la personalizzazione della cura”. Questo è l’obiettivo principale secondo il direttore generale Sonia d’Agostino: «Guardare al futuro senza perdere mai di vista i nostri valori, assumere una dimensione internazionale e continuare a conoscere le storie di ogni singolo paziente. Sfide ambiziose che Paideia International Hospital non ha avuto paura di raccogliere, e vincere. Sì, perché questa nuova pagina della nostra storia inizia da lontano. Oggi siamo una nuova realtà con un altissimo standard tecnologico ma con il ‘cuore’ di sempre, quello che non ci ha mai fatto smettere di pensare che le Persone siano al primo posto, che prendersi cura significa esserci sempre, che siamo qui per dare risposte, trovare soluzioni e, se possibile, prevenire problemi. II nostro Impegno è esserci sempre H24, per tutti, anche quando serve solo un buon consiglio. Il nostro sogno è fare la differenza».

Il nuovo ospedale ha al suo interno moltissime specializzazioni quali chirurgia endoscopica, chirurgia oncologica, chirurgia generale e robotica, un centro interamente dedicato all’endometriosi e alla medicina dello sport  e macchinari di ultima generazione per effettuare Pet/Tac completamente digitalizzate che consentono di ridurre le quantità di radiofarmaco utilizzato. Presente anche un centro interamente dedicato a patologie o traumatologie della mano, operativo 24h, uno Spine Center con ortopedici, neurochirurghi, fisiatri e fisioterapisti iperspecializzati nelle patologie della colonna vertebrale. Grazie alle generose dimensioni della struttura sono presenti piscine e palestre con macchinari specifici per la riabilitazione e la fisioterapia.                                 

Tra le altre caratteristiche, oltre alle attività ambulatorie spiccano i servizi assistenziali domiciliari disponibili h24, con un settore dedicato alle aziende.                

 

Gianfranco Cannarozzo                                               

 

 

 

 

5 settembre 1972, le “Olimpiadi del Terrore”

Doveva essere una manifestazione sportiva che avrebbe fatto parlare di sé, riscattando il nome della Germania, invece l’attentato condotto da Settembre Nero ha irrimediabilmente sporcato le Olimpiadi di Monaco del 1972, passate alla storia come “Olimpiadi del terrore”.

 

A Roma, il 5 luglio alcuni esponenti del gruppo terroristico Settembre Nero, si incontrarono in un bar nel centro città, per discutere in merito al dirottamento di un aereo della compagnia belga Sabena, diretto a Tel Aviv, conclusosi con il decesso di tutti i dirottatori e il salvataggio degli ostaggi. Sentivano il bisogno di un atto forte che desse nuova linfa alla causa palestinese, così, dopo aver appreso la notizia da un giornale arabo, che alla Federazione Giovanile della Palestina, non era stata data risposta dal Comitato Olimpico Internazionale, in merito alla loro richiesta di partecipazione ai Giochi di Monaco, I tre hanno deciso che quello sarebbe stato il giusto obiettivo.

Le Olimpiadi di Monaco dovevano essere un riscatto per la Germania, rinata dopo le Olimpiadi del 1932, e Monaco sarebbe dovuta diventare capitale della fratellanza. Per quella occasione la sicurezza fu ridotta al minimo e si attendevano circa 7mila atleti provenienti da diverse parti del Mondo.

I terroristi, alle prime luci dell’alba poterono agire indisturbati ed entrarono, superate le recinsioni, nella palazzina dove alloggiavano gli atleti israeliani. Qui uccisero Moshe Weinberg e Yossef Romano rispettivamente allenatore di lotta greco-romana e atleta specializzato nel sollevamento pesi, giunti nella stanza, presero in ostaggio i 9 atleti e fecero pervenire le loro richieste alla polizia bavarese.

A un’ora dal sequestro degli atleti, iniziarono le trattative. Le richieste furono scritte su dei fogli di carta lanciati dal balcone della stanza in cui erano asserragliati. Queste consistevano nella liberazione di alcunifedayn” palestinesi, di alcuni terroristi tedeschi e di due elicotteri che avrebbero dovuto portare sequestratori e sequestrati allo scalo di Furstenfeldbruck, da cui poi avrebbero proseguito il viaggio verso l’Egitto.

Le richieste erano indirizzate al primo ministro israeliano Golda Meier, il quale chiuse immediatamente a ogni forma di trattativa, offrendo di rimando, l’invio di una squadra speciale per liberare gli ostaggi. Contrario l’allora Cancelliere della Germania ovest, Willy Brandt, che preferiva avviare le trattative con i terroristi che imperversavano con nuove richieste.

Intorno alle 22, i terroristi raggiunsero gli elicotteri che li avrebbero condotti alla meta designata insieme agli ostaggi, e ad attenderli, ci sarebbe stato un aereo per trasportarli in Egitto, al Cairo. Una volta giunto a destinazione, i terroristi scoprirono che ad attenderli c’era un aereo vuoto e capirono subito di essere in trappola.

Lo scontro armato durò oltre un’ora e in questo frangente morirono tutti gli atleti, alcuni terroristi e un poliziotto. I terroristi arrestati vennero utilizzati come merce di scambio nel corso di altre trattative in seguito al dirottamento di un aereo che sorvolava Zagabria ed era diretto a Tel Aviv. 

L’evento non ebbe ripercussioni sul normale svolgimento delle gare olimpiche, se non una breve interruzione in ricordo delle vittime. Questa decisione portò a numerose critiche da tutto il Mondo e macchiò irrimediabilmente le Olimpiadi di Monaco, portandole alla storia non come quello che sarebbe dovuto essere, un messaggio di speranza e fratellanza, ma l’ennesimo dramma, oltretutto avvenuto in territorio tedesco.

 

Gianfranco Cannarozzo

 

 

 

 

Addio al senatore Ghedini, da tempo era malato di leucemia

Si è spento nella notte di mercoledì a 62 anni il politico e senatore Niccolò Ghedini, strettamente legato a Silvio Berlusconi, uno dei suoi fedelissimi insieme a Gianni Letta. Ghedini era da tempo ricoverato per l’aggravarsi della leucemia, si era anche sottoposto, nei mesi precedenti a un trapianto di midollo.

Nato a Padova nel dicembre del 1959 consegue la laurea in Giurisprudenza presso Ferrara e successivamente inizia a lavorare presso lo studio del padre, molto conosciuto nel padovano. Alla morte del padre Giuseppe, entra presso lo studio del penalista Piero Longo, con cui inizierà attivamente la sua carriera. Di questi anni si ricorda il caso Ludwig, un duo di criminali, Marco Furlan e Wolfgan Abel, rei di numerosi delitti. Inizia a militare negli anni 70 nel Fronte della Gioventù, organo giovanile dell’ MSI e successivamente si avvicina al Partito Liberale Italiano.                                                                            

A metà anni ’90 diventa segretario dell’Unione delle Camere Penali Italiane nella prima giunta presieduta da Giuseppe Frigo e nella seconda giunta di Gaetano Pecorella. In quegli anni si avvicina a Forza Italia stringendo una salda e duratura amicizia con Silvio Berlusconi fino a diventarne il suo legale. Dal 2005 ha ricoperto nel Veneto l’incarico di coordinatore regionale di Forza Italia. Figura estremamente riservata, nel 2016, a seguito dell’intervento al cuore di Berlusconi, guidò il partito insieme a Gianni Letta, altro fedelissimo del Cavaliere.

Nel corso della sua carriera come difensore di Berlusconi, si è dimostrato un avvocato molto abile e in grado di usare anche strategie poco convenzionali, fu lui a coniare la frase “utilizzatore finale” per difendere il Cavaliere nel processo per prostituzione. Sostenne sempre le leggi ad personam come la legge sulle intercettazioni, il lodo Alfano, il legittimo impedimento. Fu coinvolto nel Ruby ter, accusato di corruzione in atti giudiziari, ma successivamente fu scagionato dal Gip.

Ghedini sembra essere il più ricco parlamentare, con un patrimonio annuo pari a circa 2 milioni di euro, nonostante fosse anche tra i più assenteisti: sembrerebbe infatti che al marzo 2018, il tasso di assenteismo di aggirasse intorno al 98,28%, stando a Open Parlamento, l’organizzazione che si occupa di monitorare attività dei deputati e dei senatori.

Alla notizia della scomparsa del senatore, tutto il mondo della politica si è stretto nel ricordo. Primo tra tutti Berlusconi che scrive un post su Twitter pieno di commozione: “Ci ha lasciato il nostro Nicolò. Non ci sembra possibile ma purtroppo è così. Il nostro dolore è grande, immenso, quasi non possiamo crederci: tre giorni fa abbiamo lavorato ancora insieme. Cosa possiamo dire di lui? Un grande, carissimo amico, un professionista eccezionale, colto e intelligentissimo, di una generosità infinita. Ci mancherai immensamente, e ci domandiamo come potremmo fare senza di te. Niccolò caro, Niccolò carissimo, ti abbiamo voluto tanto bene, te ne vorremo sempre. Addio, ciao. Per noi sei sempre qui, tra noi, nei nostri cuori. un forte, fortissimo abbraccio”.

“Un dolore grande la scomparsa di Ghedini che lascia tutti noi sgomenti, pur sapendo che da tempo combatteva con la malattia. Un abbraccio alla famiglia e ai suoi cari. Ciao Niccolò, ci mancherai. Sei e rimarrai amico di una vita” commenta Renato Brunetta.

Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani ha espresso il suo dispiacere ricordando che «Se ne va un grande amico con cui abbiamo condiviso tante battaglie importanti per il Paese. Rimarrà per sempre il suo grande contributo a migliorare la giustizia in Italia».

Immancabile il pensiero della presidente del Senato Elisabetta Casellati, sua concittadina che lo ricorda come «Una mente arguta e sottile, un giurista raffinato e combattente, un politico di altri tempi, un uomo dall’etica autentica».

La leader di Fratelli d’Italia ha affidato il suo commento ai social “A nome mio e di Fratelli d’Italia, desidero esprimere cordoglio per la scomparsa del senatore Niccolò Ghedini. Alla sua famiglia e ai suoi cari, la nostra vicinanza”.

Anche il leader del Pd Enrico Letta ha twittato le sue condoglianze “Alla famiglia del senatore Niccolò Ghedini, e un pensiero di particolare vicinanza da tutti noi alla sua comunità politica e al Gruppo di Forza Italia”. 

Matteo Renzi, Italia Viva: «Chi in queste ore sparge odio sui social per la morte di un uomo di 62 anni si qualifica per quello che è: un miserabile. Che la terra ti sia lieve, avvocato».

 

Gianfranco Cannarozzo

 

 

 

Elezioni 2022, Luigi Di Maio e Bruno Tabacci presentano Impegno Civico

Da giorni i partiti si stanno muovendo in cerca di alleanze per le elezioni di settembre, il cui esito sarà dettato secondo la legge Rosatellum.                                                               

In questo scenario Luigi Di Maio guarda al futuro con una alleanza con Bruno Tabacci, ex esponente della Democrazia Cristiana (DC) e fondatore di Centro democratico. Alleanza particolare dato che fino a qualche tempo fa nessuno l’avrebbe creduta possibile. 

la nuova alleanza che correrà alle elezioni insieme al Pd, ha attirato alcuni ex pentastellati, presenti alla conferenza di presentazione di Impegno Civico tenutasi nella giornata di Lunedì 1 agosto,  come Vincenzo Spadafora, Laura Castelli, Emilio Carelli e la giovane attivista e biologa Federica Gasbarro, che ha evidenziato che il nuovo partito ha tra gli obiettivi anche quello di puntare al Green e guardare con attenzione alle nuove fonti di energia.      

«Impegno Civico è un partito riformatore che guarda ai giovani, al sociale, alla digitalizzazione, alla transizione, all’ambiente. Non parliamo agli estremisti, a chi vuole sfasciare tutto, a chi fonda la propria politica sui no. Saremo moderati e sarà un vantaggio».                                                                                                                                                                                    Inizia così la conferenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, probabilmente riferendosi agli oppositori.                                                                                                                   «Il percorso» ha continuato Di Maio, «è nato quando qualcuno ha scommesso contro l’Italia. Berlusconi, Salvini e Conte hanno fatto cadere il Governo per il proprio tornaconto. Il Governo Draghi è stato fatto cadere da persone che hanno messo al centro Putin e contro di loro serve unità. Quando ci sono priorità, si risponde con unità, non con divisione».        

Tabacci ha dichiarato nel suo intervento che «questa operazione che facciamo oggi non è casuale, Luigi è più giovane dei miei figli, è un passaggio generazionale, un investimento sul futuro.                                                                                                                                                    Il 25 settembre è un passaggio epocale, dobbiamo essere dalla parte giusta e lo vogliamo fare nell’interesse del Paese».

Alla fine il leader di Centro Democratico Tabacci, ricorda che senza di lui Calenda non potrebbe presentarsi alle elezioni, poiché è stato proprio il Cd a creare il logo di + Europa.

Al momento sul programma del partito si sa poco, l’unico dato certo è l’intenzione di continuare ciò che il Governo Draghi ha dovuto interrompere e c’è una proposta di Luigi Di Maio per cui tutti i leader politici dovrebbero sottoscrivere una lettera alla Commissione europea per sostenere il Governo Draghi in carica, per poter ottenere il tetto al prezzo del gas.                                                                                                                              

Il logo si presenta metà verde e metà arancione con il nome del partito e del suo leader Di Maio. è presente anche una piccola ape stilizzata, simbolo, dice Di Maio «Della battaglia ambientalista che intendiamo portare avanti».

 

Gianfranco Cannarozzo

 

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