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Di Maio: tra successi e sconfitte e le questioni da affrontare

Successi, sconfitte …e non solo 

Stelio W. Venceslai

La questione dell’ILVA si è chiusa, pare, con successo. Dopo sei anni di trattative il complesso siderurgico di Taranto dovrebbe ripartire con le necessarie garanzie ambientali e con l’occupazione di 10.700 dipendenti rispetto ai 10.200 delle intese precedenti. Un bel colpo. Ci saranno anche esodi agevolati e non esuberi, ma il più è stato fatto.

Di Maio è più che contento e lo stesso ex Ministro Calenda gli dà atto del successo. I 5Stelle esultano. Dopo averne auspicato la chiusura, la realtà ha preso loro la mano. Indubbiamente, è un gran successo. 
Restano alcuni punti interrogativi. Di Maio promette una legge speciale per Taranto e il suo territorio. Certamente necessaria, ma occorre metterla in cantiere. 
I lavoratori rientrano con il tanto contestato art. 18. Ma non c’era la lotta contro l’art. 18?

Una Commissione speciale, indipendente, a detta di Di Maio, dovrà fare da poliziotto ambientale per valutare gli interventi che dovranno essere adottati dall’impresa per la tutela della salute dei lavoratori.  Indipendente? Speriamo di sì. Poliziotto? Sarebbe ora. Ma il tutto è da vedere.  
L’accordo è subordinato all’intesa con i Sindacati. Un’assemblea dovrà decidere se sì o no. Il buon senso dovrebbe prevalere ma, in sostanza, l’accordo è ancora sub iudice.

La chiusura della pendenza ILVA è un fatto molto importante per il Paese, per Taranto e per il governo giallo-verde. Qualcosa si è mosso, e nella direzione giusta. 
Adesso ci sarà la questione Alitalia da affrontare. Un’altra piaga ormai tradizionale del nostro sistema industriale e una grossa grana per il governo. Tutte le opzioni sono possibili e una politica del trasporto aereo sarebbe altamente auspicabile.

Sul fronte dell’immigrazione, invece, c’è da registrare l’insuccesso del caso della Diciotti. La fermezza di Salvini nel respingere gli immigrati imbarcati su una nostra nave costiera non ha avuto successo.  
Perché la Diciotti ha imbarcato questi naufraghi? In base alla legge del mare? Che ci faceva in prossimità dei gommoni? Da chi sono stati autorizzati la navigazione e l’imbarco? Mistero.  
La Diciotti davanti a Catania (nave italiana in un porto italiano) senza possibilità di sbarco era un assurdo. Un Salvini trionfante se l’è cavata in modo brillante. L’Europa non ha mosso un dito. Allora si è rivolto all’Irlanda (troppo cattolica per dire di no), all’Albania (troppo devota per opporsi) e al Vaticano, che si è preso la briga d’incollarsene il maggior numero possibile. Affare fatto e sono tutti sbarcati dalla Diciotti.

Dove sono andati? Ma in Vaticano, che diamine! In uno dei molti possedimenti della Chiesa, a Rocca di Papa. Cioè, sono lo stesso entrati in Italia. Una beffa. 
Rocca di Papa è una tranquilla cittadina a sud di Roma, dove la gente, da qualche tempo, non esce più di sera, i negozi sono chiusi, le strade deserte, perché è già piena d’immigrati e, a torto o a ragione, si ha paura di fare brutti incontri. Di qui le proteste e gli scontri che ci sono stati.

Gli immigrati, vecchi e nuovi, non sono stupidi. Dopo un paio di giorni, invece di essere trasferiti in Parrocchie o Vescovati, se ne sono andati. Non sono fuggiti perché, come giustamente dice il Vicariato, i luoghi dell’accoglienza non sono galere da cui non si può uscire. Sono persone ospiti, ma libere. E così, adesso, sempre liberi ma clandestini, si aggirano per l’Italia.

In conclusione, tutta la vicenda si è conclusa in un clamoroso fallimento. Tanto valeva farli sbarcare subito, senza le tensioni, interne ed esterne, che il caso ha suscitato. La soluzione Salvini è stata bocciata. Bisognerà trovare altri modi per risolvere il problema. Per fortuna c’è la magistratura, in Italia, a mettere le cose a posto; perseguire i clandestini no, incriminare il Ministro dell’Interno per sequestro di persona sì. Così va il mondo (in Italia).

Adesso, c’è la questione del ponte di Genova ma, soprattutto di chi ha perduto l’accesso alle loro case. Non è una questione facile da risolvere.  Il governatore della Liguria ha messo a disposizione, mi pare, una quindicina di appartamenti, ma gli altri? Giustamente protestano e occorrono soluzioni immediate.

La seconda questione emergenziale è quella economica. Genova è strozzata nella sua circolazione urbana e nei collegamenti esterni, anche europeo. Non è affare da poco. L’isolamento della Liguria rischia d’essere esiziale per tutta l’economia regionale. A causa del ponte crollato, le distanze sono aumentate di 100/120 km. Con il traffico crescente, alla riapertura delle scuole, diventa un aggravio di tempo di 1½ -2 ore, con riverbero sui costi d’esercizio del trasporto e con la concentrazione dell’inquinamento ambientale sull’unica via di percorrenza.

Renzi, nella sua ultima concione, ha rivendicato la necessità dell’alternativa rappresentata dal progetto Gronda, ma non ha spiegato perché negli anni del suo governo non s’è fatto nulla in proposito. La realtà è che avrebbero dovuto decidere e uno, come diceva Don Abbondio, se il coraggio non ce l’ha non se lo può dare. Come al solito, i nostri politici parlano soprattutto di ciò che non sanno. Renzi, infatti, non ha parlato della sua famiglia inquisita.

La terza questione è, oltre ad abbattere il ponte, che cosa fare al suo posto. Qui la fantasia dei progettisti si è già sbrigliata, tra Autostrade che s’impegna a rifarlo in 5/8 mesi, purché le si lasci intatta la concessione, Renzo Piano che ha già un progetto tutto suo, un ponte d’acciaio, con molti piloni, che dovrebbe durare mille anni (come il III Reich). Toti pensa alla Fincantieri per una soluzione alternativa non troppo chiara, purché sia sollecita. Intanto, la Procura ha cominciato a mandare avvisi di garanzia. L’auspicio è che la cosa non vada troppo per le lunghe.

Arriviamo alla questione finanziaria. Qui si misurerà l’effetto del governo giallo-verde, dopo tutti i proclami, le dichiarazioni e le prese di posizioni elettorali, contrattuali e programmatiche che, poi, alla prova dei fatti, diventano governative, perché occorre tener conto della realtà economica e dei vincoli europei. Qualche premessa positiva c’è stata nell’incontro di Vienna di ieri tra i Ministri finanziari europei e il Ministro Tria ne è uscito soddisfatto.

Checché se ne dica in giro, però, il Def è ancora tutto da scrivere ma sembra che le premesse ragionevoli ci siano. Il governo non può rischiare un insuccesso dando esca alle critiche di un’opposizione un po’ fasulla che lo aspetta al varco. Sino ad ora ha infilzato dei risultati positivi, con molta cautela, ma positivi. 
Lo spettro delle elezioni si allontana se si supererà questo scoglio, con un respiro di soddisfazione per tutti, anche per l’opposizione.

Roma, 07/09/2018