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Rakovski Christian Gregorievitch il tradimento, giustiziato e disperso tra le nevi della Siberia

Come si fanno le Rivoluzioni

Rakovski con i suoi 33 nomi era Consulente dello Zar Nicola II, di Kerenskij il capo
dei menscevichi, poi amico di Lenin, intimo di Trotsky, e di Stalin, che lo farà fuori

 

Raffaele Panico

Il preludio. Negli anni del fuoco di paglia oggi estinto nell’oblio del rapporto Mitrokhin, verso il finire degli anni Novanta e l’inizio degli anni Dieci, in una conversazione tra giornalisti in salone di un bar, a Roma, in via del Corso, alcune note anch’esse dimenticate sono interessati rileggerle, a vent’anni dalla conversazione tra thè e biscotti, e ad oltre 100 dalla fiamma della rivoluzione d’Ottobre. Nulla hanno a che fare con le 6 casse del rapporto Mitrokhin, che erano una rilettura dell’Intelligence inglese relativa alla documentazione scritta a mano e portata, in diverse occasioni dall’ex agente appunto, Mitrokhin, che trascriveva su voluminosi quaderni i suoi appunti ispirati alla lettura dei documenti sovietici. Dalla Russia li portava nei paesi Baltici e quindi a Londra.

È curioso tutto questo movimento di carte, in un periodo in cui ancora esisteva il Blocco Est-Ovest e i vari controlli. Documenti e carte che sono state pubblicate solo dopo essere state riviste e corrette dagli inglesi.  In Francia a questo materiale è stata data minore importanza. In Italia invece e solo qui, forse per fini persecutori e ricattatori, si è data tanta enorme importanza a quei documenti che riportano tanto delle cose vere e cose meno vere. Venne persino istituita una Commissione parlamentare Mitrokhin che, all’“Estero” seppur seguita passo per passo, proprio per questo, è stata ritenuta e considerata non rilevante.

Antefatto.

Ecco la storia interessante che si svolge tra i bagliori dei primi anni della rivoluzione sovietica e le ceneri e polveri della seconda guerra mondiale. Il racconto nasce grazie alle peripezie doppiogiochiste di Horia Sima. Chi era costui?

Era un rumeno che dopo il colpo di Stato in Romania voluto da Hitler, diventa prima un agente nazista e poi agente sovietico. Ed è Hima che farà avere ad un giornalista russo, presente in Italia negli anni Cinquanta, i documenti da cui emerge l’inquietante storia di Christian Gregorievitch Rakovski.

Hitler organizzò con Antonescu un colpo di Stato per eliminare Horia Sima, giudicato un pericoloso estremista, protetto solo da Himmler e da Heydrich, i capi delle SS che lo salvano poi nel febbraio del 1941, mentre i suoi fedeli vengono decimati.

  A. HITLER       R. HESS

Sima scappa a Bucarest e, protetto dalle SS, viene nascosto nel campo di concentramento di Buchenwald. Sotto i suoi occhi vede morire Mafalda Di Savoia a seguito di un bombardamento aereo Alleato. Mafalda era stata internata dopo l’8 settembre del 1943. Sima entra ed esce dal campo di concentramento. Difatti Sima non è un prigioniero, ma un agente segreto delle SS-SD. Esperto di religioni e professore di storia era stato anche, in Romania, Ministro del Culto Religioso, ministero in voga all’epoca per gestire laicamente le questioni religiose e spesso asservirle allo Stato e all’antisemitismo. Conosceva bene più di dodici lingue e fu mandato in missione anche a Cracovia nel settembre del 1944 dove conobbe il giovane Karol Wojtyla. Fu lo spettatore della rapida e tumultuosa investitura sacerdotale del futuro Papa, dotato di un carisma importate, ma questa è un’altra storia.

A guerra finita Horia Sima è nella capitale spagnola. Nel 1956 è in esilio a Madrid sotto la protezione del Caudillo. Per ripagare dell’ospitalità si mette al servizio di Francisco Franco e dell’Opus Dei grazie alle sue qualità di ex agente SD. Crea una rete di informatori all’interno della società spagnola per controllare l’ideologia degli intellettuali. È ospite di Raul Bocala, già legionario spagnolo e volontario nelle campagne di Russia con la Brigata Azul. Delle migliaia di volontari spagnoli, Bocala è uno dei pochi ritornati in Spagna, sopravvissuti alla disastrosa campagna di Russia. Quelli che rientravano a volte, come nel caso di alcuni italiani, erano diventate là, delle spie sovietiche. Dopo il suo rientro a Madrid Raoul Bocala aveva tenuto nel solaio del sottotetto, per anni, le poche cose che si era portato indietro dall’avventura disastrosa nel paese dei Soviet. Tra queste cose una borsa di pelle ammuffita che aveva preso ad un russo ucciso in uno scontro a fuoco nei pressi di Leningrado. E nel 1956, dopo dieci anni dal suo rientro in patria, la moglie vuole fare ordine nel suo solaio, e da brava moglie intima a Raul di buttar via le cose che da anni lui non ha più voluto vedere, ancora traumatizzato dall’allucinante esperienza in Russia. È quasi costretto pertanto dalla consorte a riaprire la borsa di pelle nera ammuffita. E scorge un quaderno con una trascrizione a mano, in cirillico, di quello che si rivelerà un incredibile documento storico.

L’interrogatorio.

È Gravil Kusman a interrogare Christian Gregorievitch Rakovski, e tutto è verbalizzato e trascritto minuziosamente con tanto di sottolineature e punti esclamativi. Rakovski era nato in Moldavia da una famiglia che aveva delle parentele anche con Corneliu Zelea Codreanu. Aveva trentatré nomi e trentatré cognomi. Fu uomo di fiducia per le finanze ed ambasciatore a Parigi dello Zar Nicola II e anche di Kerenskij, capo dei menscevichi, poi amico di Lenin, intimo di Trotsky e di Stalin.

                    LENIN nel 1919                             

Dalle carte dell’interrogatorio emerge così la figura di Rakovski, un personaggio veramente inquietante. L’intervistatore entra in stato di soggezione mentre fa il suo dovere nel cercare di sapere tutte le verità di cui Rakovski è a conoscenza. Si svolge in una notte nelle prigioni della sede dei servizi segreti sovietici, la famigerata Lubianka. Questo interrogatorio viene fatto in previsione del processo pubblico che Stalin ha deciso di fare nell’ambito delle purghe che ha da tempo intrapreso all’interno dell’apparato del partito comunista. È la notte del 26 gennaio del 1938, Kusman interroga per ore Rakovski. Kusman è un giovane militante comunista diventato poi membro della NKVD, ovvero, la polizia segreta sovietica. Il resoconto dettagliato di questo interrogatorio, suscitò in Kusman stupore, e come lo suscita anche a chi ha avuto occasione, di rileggerlo. Ecco lo sconvolgente punto di vista che emerge dalle parole del protagonista Rakovski. La rivoluzione sovietica viene raccontata come il più grande complotto pensato da pochi potenti banchieri nordamericani di origine tedesca, che hanno scosso il mondo facendo saltare il regime zarista e creando un mito in azione: quello del comunismo. Volendo semplificare gli argomenti dell’interrogatorio, dalle parole di Rakovski emerge che, i grandi banchieri come Sidney e Felix Warburg e la banca Kuhn Loeb and Company, con il tramite di Jacob Schifft, grande amico di Leiba Bronstein, detto Trotsky, sono stati i motori propulsori dei finanziamenti e dei sostegni a Lenin ed al partito bolscevico con l’interessamento del banchiere Parvus, pseudonimo di Helphand. Rakovsky dice che Trotsky è stato il tramite fra la rivoluzione e Loro. All’incalzare delle domande dell’esterrefatto interrogatore, Rakovsky reticente, ma, sapendo che ne va della sua vita, continua a parlare e, forse, sotto effetto di una droga, come sostiene Landowsky, il medico polacco che assiste all’interrogatorio, parla di Loro, ovvero, delle famiglie dei banchieri Baruch, Frankfurter, Cohen, Benjamin, Strauss, Steinhardt, Bohm, Rosen, Lippman, Lehman, Dreifuss, Lamont, Rotschild, Lord, Mandel, Morgenhau, Ezekiel, Lasky. Ecco chi governa il mondo! La loro potenza economica parte da Wall Street; nutrono un certo astio verso l’Europa antisemita, quella nazista in particolare, che li ha costretti ad emigrare. Saranno loro ad armare gli ideologi del bolscevismo e Rakovsky insinua, addirittura, che ad un certo punto, documenti alla mano, hanno contribuito al riarmo della Germania nazionalsocialista e indica, a chi lo interroga, che la via d’uscita nell’immediato presente, per Stalin, è stringere un’alleanza militare industriale fra la Germania e l’Unione Sovietica, sotto l’ombrello protettivo della finanza dei banchieri nordamericani, ossia, mettersi al servizio di Loro.

Sono Loro, infatti, che preparano il tranello mortale alla Germania nazionalsocialista.

All’alba del giorno seguente all’interrogatorio di Rakovsky, il funzionario Kusman contatta Stalin che non può fare a meno di prendere atto del resoconto dell’interrogatorio e, per uscire dallo stallo politico del momento, convoca l’ambasciatore americano Davis, come Rakovsky aveva richiesto per convalidare tutto ciò che aveva detto. Nel giro di quarantotto ore Davis conferma. Molotov, ministro degli Esteri di Stalin, chiama von Ribbentrop, il ministro degli Esteri di Hitler e insieme mettono le basi del patto germano-sovietico di alleanza nella divisione dell’Europa. Rakovsky ha salva così la vita ancora una volta, ma ciò che ha detto era al di fuori di certi patti e i potenti del Potere Superiore gliela faranno pagare cara. Nel 1941, saranno gli uomini di Laurenti Beria, già capo dei servizi segreti sovietici, ed ora anche ministro degli approvvigionamenti militari che, in combutta con gli alleati, prepara la controffensiva all’attacco della Germania, che ha tradito il patto con Stalin invadendo l’Unione Sovietica, ad uccidere Rakovsky. Addirittura gli taglieranno il corpo in mille pezzi e poi lo spargeranno fra i ghiacci della Siberia. Tutto in ottemperanza alla regola rigida ed antica che impone a chi fa parte di un ristretto circolo e che tradisce, parlando agli estranei di Loro, deve pagare con la vita.  

FOTO IN COPERTINA STALIN DA GIOVANE 

FOTO ARCHIVIO DELL’AUTORE 

 

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