ITALIA, UN PAESE DI VECCHI CON LA PENSIONE E DI GIOVANI SENZA FUTURO

ITALIA, UN PAESE DI VECCHI CON LA PENSIONE E DI GIOVANI SENZA FUTURO

La decrescita demografica interessa anche la previdenza

L’Italia dà segnali di recupero nell’economia, ma è attraversata da un’ingravescente crisi demografica che pone seri interrogativi su forza lavoro e sostenibilità del sistema previdenziale. L’Equilibrio tra generazioni sembra essere venuto meno: abbiamo pochi giovani, la cui istruzione di base lascia a desiderare, che non lavorano e un alto numero di persone anziane che – con la loro pensione – si fanno carico di figli e nipoti.

La decrescita demografica è una pessima notizia: nel futuro avremo abbastanza lavoratori da impiegare nelle nostre industrie?

I dati diffusi dall’Istat fanno tristezza prima ancora che paura. Nei primi nove mesi del 2021 le nascite sono diminuite di 12 mila e 500 unità rispetto allo stesso periodo del 2020: quasi il doppio rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

Secondo l’Istat “tale forte diminuzione è da mettere in relazione al dispiegarsi degli effetti negativi innescati dall’epidemia da Covid-19, che nel solo mese di gennaio 2021 ha fatto registrare il maggiore calo di sempre”. Pari a quasi 5.000 nati in meno, che rappresentano il 13,6% del totale.

Ma sappiamo bene che il numero è negativo da tempo, ora anche tra i cittadini stranieri.

Dal 2012 al 2020 sono diminuiti infatti anche i nati con almeno un genitore straniero (quasi 19 mila in meno) che, con 88.345 unità, costituiscono il 21,8% del totale dei nati, oltre 4 mila in meno solo nell’ultimo anno.

Nel 2021 la tendenza negativa del 2020 prosegue: i nati allora furono 404.892 (-15 mila sul 2019). Il numero medio di figli delle donne di cittadinanza italiana nel 2020 è stato pari a 1,17, il numero più basso di sempre. Il trend, dicevamo, si registra da oltre due lustri, e non è forse un caso che la curva principi a piegarsi negativamente proprio nel 2008, anno di una crisi economica che non dimenticheremo. Effetto domino?

 

Dal 2008 le nascite sono diminuite di 171.767 unità (-29,8%), e tale calo è attribuibile perlopiù alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (316.547 nel 2020, oltre 163 mila in meno rispetto al 2008).

 

Trasferiamo, unitamente ai dati Istat, alcuni dei contenuti emersi durante il dibattito radiofonico “Il bandolo della matassa”, ospitato sull’emittente Radio Radicale. Partendo dai dati appena pubblicati, amplia poi la conversazione per parlare di previdenza, e quindi anche del futuro dei giovani.

 

Elsa Fornero, Docente di economia all’Università di Torino, già ministro del Lavoro e del Welfare esordisce dicendo che noi adulti “possiamo ritenerci relativamente soddisfatti”, ciò benché non si possa negare – secondo Fornero – che l’Italia sia un Paese in declino.

Pil in crescita del 2,6% in termini congiunturali e del 3,9% in termini tendenziali: questi i dati fotografati da Istat, che registra nel terzo trimestre 2021 un aumento di 121mila occupati (+0,5%) rispetto al trimestre precedente, e l’aumento di 505 mila unità (+2,2%) rispetto allo stesso periodo del 2020. 

Crescono di 505.000 unità, pari a un + 2.2%, gli occupati nel terzo trimestre 2021 rispetto a quelli dello stesso periodo del 2020. Il tasso di occupazione sale così al 58,4% mentre il tasso di disoccupazione scende al 9,2%. Aumentano sensibilmente le ore lavorate.

Gli occupati totali sono 22.919.000, mentre i dipendenti sono 17.978.000, dato in aumento dello 0,9% su base congiunturale e del 3,3% su base tendenziale. Gli indipendenti sono ancora in calo a 4.942.000, mentre gli occupati a termine crescono e raggiungono quota 3.003.000 nel terzo trimestre 2021. Tale aumento è del 2,3% sul trimestre precedente e del 13,1% sullo stesso trimestre del 2020.

I dati mensili provvisori di ottobre 2021 confermano il trend in aumento degli occupati (+35 mila, +0,2% rispetto a settembre), che si associa a quello dei disoccupati (+51 mila, +2,2%) e al calo degli inattivi nella amplissima fascia di età 15-64 anni 15-64 anni (-79 mila, -0,6%). 

La professoressa Fornero ribadisce che, benché mettendo questi dati in prospettiva si possa supporre una crescita del 6,3, occorre “vedere quanto dei nostri problemi strutturali – e la previdenza è tra questi – noi abbiamo o stiamo seriamente risolvendo”.

 

L’andamento demografico in picchiata mette in luce una criticità: prossimamente non avremo un numero sufficiente di lavoratori. “È come se gli italiani veramente non volessero comprendere la serietà del problema previdenziale e non volessero comprendere questo, rifiutandosi in qualche modo di guardare al futuro”, sostiene la donna che dà il nome alla più nota riforma delle pensioni.

 

Secondo la quale non dare a questi – pochi – lavoratori neanche l’opportunità di un lavoro serio equivale a lanciare un boomerang.

“È chiaro che il Paese continuerà a impoverirsi. A questo punto difendere le pensioni in quanto tali e l’età di pensionamento attraverso passi indietro rispetto a riforme strutturali è segno di grande miopia”.

 

Le molte risorse messe a disposizione dall’Europa, ricordiamolo, sono in larga misura a debito; e tuttavia rappresentano una risorsa da non sprecare.

Occorre quindi guardare non all’oggi, ma al domani dei ragazzi e delle ragazze ora in età scolare: ai quali dobbiamo garantire una istruzione di eccellenza, che premi i talenti.

 

Secondo i dati raccolti da Save the Children la quota di ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione raggiunge il 13,1%. La media europea è 9,9%.  Il numero dei Neet – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione – raggiunge il 23,3% rispetto a quella europea che è al 13,7%.

 

Forte deve essere l’impegno per aggiustare la rotta: il nostro sistema d’istruzione ha problemi ben evidenziati anche dai test OCSE-Pisa, programma per la valutazione internazionale dell’allievo, che hanno registrato un ulteriore decremento della performance.  

 

Il nostro Paese ha sacrificato i suoi giovani chiudendo le scuole, costringendoli a isolamento e perdita di relazioni, e offrendo una didattica a distanza spesso male o poco organizzata che ha peraltro penalizzato i giovani e i bambini in condizione di fragilità.

 

Ora dobbiamo quindi combattere le ingiustizie in termini di opportunità, di diritti e di futuro e

 investire oculatamente – e bene – affinché i giovani possano ambire a un futuro in cui poter lavorare e produrre, guadagnando sufficientemente per avere una famiglia e vivere una vita dignitosa.

 

Il futuro inizia adesso.

 

Chiara Francesca Caraffa

 

 


Chiara Francesca Caraffa

Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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