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L’Oppressione del “Neo-Liberismo”

La  SOLITUDINE della “Lunga GIOVINEZZA”

Non esistono più scuola, parrocchie, sezioni di partito: la famiglia, quella tradizionale, già minata da tante problematiche, è rimasta sola. Una solitudine che circonda, pur nell’eccessiva protezione per i figli adolescenti, tutti i membri del primo nucleo sociale, forse il più importante; non si trovano appoggi formativi nelle storiche organizzazioni di comunità, come gli oratori, gli istituti d’istruzione, e, nel loro insieme, nelle stesse formazioni politiche giovanili. Per queste ultime va sottolineato come solo il 14% dei giovani, anche quelli prossimi all’età adulta, nutre qualche interesse per la politica, quando, guardando indietro negli anni, la dialettica e anche la contrapposizione ideologica, erano il pane quotidiano per la quasi totalità di una generazione protesa, tra mille contraddizioni, a guardare al futuro: ma esistono ancora le ideologie o sono scomparse con l’inizio del nuovo millennio? In realtà a finire nel ripostiglio delle cose vecchie, nelle cassapanche degli oggetti in disuso sono proprio le ideologie dogmatiche, una per tutte quella marxista.

Mano a mano che l’unica “ideologia”, adesso imperante, quella del mercato, scavava nell’animo degli adolescenti e prendeva corpo l’idolatria del profitto fine a se stesso, si scambiava il narcisismo consumista per affermazioni individuali, un ipotetico successo avulso da qualsiasi progetto di capitalismo sociale che, con tutti i suoi limiti, era stato dalla fine della seconda Guerra Mondiale, il principale motore del fragile benessere occidentale. La solitudine attuale delle famiglie è soprattutto un fenomeno che affonda le sue radici nella telematica, un’assenza silenziosa davanti alla fredda luce di un monitor, ma in connessione costante con la solitudine della rete: un potente mezzo di rivoluzionaria utilità ma strumento che puntella e rafforza anche immobilità di ogni progetto di vita, così efficace da bloccare, attraverso l’esaltazione di un vuoto individualismo, ogni iniziativa di umana comunicazione, rendendo virtuale anche il mondo circostante.

Tutto questo sistema spinge ad una ulteriore fragilità giovanile, un’età che si allunga a dismisura, alla faccia della data di nascita. La vecchiaia, mettendo da parte la proverbiale e, a volte, fallace saggezza, non è mai stata ben accetta, oggi poi nemmeno a parlarne; sono, però, i nostri tempi contrassegnati da un’illusoria supremazia della verde età, a condizionare il normale invecchiamento : siamo tempestati da messaggi in vario modo inneggianti all’eterna giovinezza, non solo per quanto riguarda la forma fisica, vedi la pubblicità di farmaci più o meno utili a contenere il normale deterioramento cellulare, ma , ed è qui il punto, una tendenza sempre più accentuata a propagandare riti e comportamenti indirizzati ai ventenni, con la sistematica esclusione di adulti ed anziani dal ritmo della modernità almeno per quanto riguarda la pressione pubblicitaria.

In questa società incentrata sull’attivismo generazionale non sono pochi quegli adulti che si adeguano alla situazione; assistiamo, quindi, ad una mascherata protesa a nascondere lo scorrere del tempo, che finisce nell’imbrigliare anche il pensiero nelle spire di un’infinita adolescenza.

Intanto, i giovani, quelli veri, nati a ridosso del nuovo millennio e gli altri, gli ultratrentenni, che fanno? Anche loro, stretti nelle reali difficoltà di un’interminabile crisi, attendono quella svolta che determini il cambiamento di vita: un cambiamento attraverso il lavoro stabile che, finalmente, accenda una luce su un futuro di indipendenza. Sono tanti, troppi infatti, i figli di due tre generazioni alle quali è stata tolta l’opportunità di crescere , di creare una nuova entità familiare. Così come sono troppi coloro che hanno lasciato il nostro paese per l’estero.

Si calcola, con questa nuova emigrazione, una perdita per l’Italia di circa trenta miliardi, pari a due punti di PIL. Sono questi migranti, molti in possesso del diploma di laurea, le vittime di questo nuovo liberismo, un dogma che non lascia spazio alla dignità dell’uomo, ridotto in una visione di mercato della plusvalenza basato sulla produzione di merci a basso costo ed ancor più basso stipendio, ad un inutile numero, ovvero zero.

Mai, come oggi, un materialismo così esasperato ha governato il mondo, una moltitudine di consumatori privati del loro futuro e condannati, come tantissimi giovani italiani, ad un perpetuo precariato.

A ben guardare, ad incrementare il fenomeno dell’isolamento morale delle recenti generazioni sono concorsi altri due fattori, oltre alle crisi economiche e del lavoro: il drastico abbandono delle attività parrocchiali, con la disaffezione dei fedeli e con l’immiserimento delle capacità di attrazione di un clero invecchiato, non sempre idoneo a formare una coscienza di comunità attiva realmente presente nell’attuale società, così fortemente secolarizzata. Non ultimo, il disastroso abbandono, da parte delle formazioni politiche, del territorio.

Un abbandono che trova conferma nel crescente astensionismo elettorale. Centri sociali, diffusi nelle periferie delle grandi città, che di sociale hanno poco, sezioni di partito non più in grado di catalizzare l’attenzione della gente, intravedendo in questi presidi di fazione più l’intrigo politico corruttivo che non un servizio alla cittadinanza.

Tutto questo allontana i giovani dalla politica e spinge sempre più in quell’isolamento telematico e virtuale che conosciamo. Poche eccezioni riscattano l’apatia di tanta parte dell’ultima generazione e sono quelle che agiscono laddove i partiti hanno abbandonato il campo, dove nessuna delle istituzioni si muove in aiuto dei tanti cittadini emarginati dal degrado, dal censo, e dall’ingiustizia, come gli italiani di tante periferie cittadine , e fra queste persone escluse dal grande gioco della supremazia del denaro che hanno avuto il torto di tenersi lontano dalla delinquenza, di credere ancora in un’Italia dignitosa, e ancora capace di credere in un’identità spesso offuscata, senza conformarsi alla faziosità di una esterofilia di maniera.

Alessandro P. Benini (*)

(*) Questo articolo risulta pubblicato anche su “Il Borghese”, diretto da Claudio Tedeschi e presente in edicola nel mese di dicembre     

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Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell'Economia.