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La svolta per il suicidio assistito in Italia

Il suicidio assistito è l’aiuto medico fornito a un soggetto che ha preso la decisione di terminare la propria vita. La persona viene affiancata da un operatore sanitario il cui compito è quello di prescrivere e fornire i farmaci che provocheranno la morte del paziente.

La Asl delle Marche (Asur) attraverso il comitato etico attesta che ci sono tutti i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito per Mario (nome di fantasia di un tetraplegico immobilizzato a letto da 10 anni). Si tratta del primo caso in Italia dopo la sentenza “CappatoDj Fabo“.

Mario ha 43 anni, abita nelle Marche e, a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico e ha altre gravi patologieLe sue condizioni sono irreversibili. Sono tanti i tentativi fatti da Mario per cercare di recuperare, anche in parte, la sua salute, ma purtroppo vani. Il 20 febbraio 2021 decide di raccontare la sua storia, tramite una lettera, al Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni.

Il passo successivo fu quello di scrivere alla sua Asl per ottenere quanto previsto dalla consulta. Inoltre, avrebbe così evitato di recarsi in Svizzera perché ormai la sua decisione l’aveva presa.

La Asl risponde con un “no” senza nemmeno attivare le procedure indicate dalla Corte costituzionale. Quindi nega a Mario persino l’attivazione delle procedure di verifica.

A seguito di ciò ha chiesto un aiuto legale all’associazione Luca Coscioni per portare la Asl in Tribunale. Al fine, almeno, di ottenere un’ordinanza volta a veder rispettato quanto previsto dalla Sentenza della Corte costituzionale.

Il via libera, duro e tormentato, arriva dopo due diffide legali all’Asur e l’aiuto dell’associazione Luca Coscioni. Mario ottiene un “si”.

Dopo aver letto il parere del comitato etico le parole di Mario sono liberatorie: «Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni. Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni e condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologieipocrisiaindifferenzaognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati».

Associazione Luca Coscioni

Il commento di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni è diretto alle istituzioni. «Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, nessun malato ha finora potuto beneficiarne. Questo, in quanto il Servizio sanitario nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure. Mario sta comunque andando avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto. Dopo aver smosso l’Azienda sanitaria locale che si rifiutava di avviare l’iterora è stata la volta del Comitato etico. Manca ora la definizione del processo di somministrazione del farmaco eutanasico».

«Tale tortuoso percorso» – riferisce Cappato – «è anche dovuto alla paralisi del Parlamento. Ancora dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa. Il risultato di questo scaricabarile istituzionale è che persone come Mario sono costrette a sostenere persino un calvario giudiziarioin aggiunta a quello fisico e psicologico dovuto dalla propria condizione. È possibile che la decisione del Comitato etico consentirà presto a Mario di ottenere ciò che chiede da 14 mesi. Ma è certo che per avere regole chiare che vadano oltre la questione dell’aiuto al suicidio e regolino l’eutanasia in senso più ampio sarà necessario l’intervento del popolo italianocon il referendum che depenalizza parzialmente il reato di omicidio del consenziente».

Con il termine suicidio assistito si intende l’aiuto medico fornito a un paziente che ha deciso di morire tramite suicidio. La differenza con l’eutanasia è che il malato terminale, benché aiutato nel ricovero e nella preparazione della sostanza letale, compie l’atto finale di togliersi la vita in modo autonomo e volontario (mentre nell’eutanasia è svolto da un’altra persona).

In Italiaaiutare una persona a suicidarsi è reato. Ma la Corte costituzionale ha stabilito che a determinate condizioni la persona che lo fa non è punibile. I requisiti in questione sono quattro:

  • il malato è tenuto in vita artificialmente;
  • è affetto da una patologia irreversibile;
  • questa patologia è fonte di sofferenze intollerabili;
  • è pienamente capace di intendere e di volere

Quest’anno, sono state raccolte 1,2 milioni di firme a favore di un referendum sull’eutanasia legale, attualmente al vaglio della Corte di Cassazione. Il quesito referendario propone di abrogare l’articolo 579 del codice penale che punisce l’assistenza al suicidio, cioè i casi in cui medico somministra il farmaco necessario a morire (il referendum va quindi più “avanti” del suicidio assistito).

Quindi si può affermare che nel nostro Paese la questione è fermaMa nell’Ue la situazione non discosta di molto. Infatti, a oggi, sono solo quattro gli Stati che hanno legalizzato il suicidio assistitoPaesi Bassi nel 2002, Belgio nel 2003, Lussemburgo nel 2008 e Spagna nel 2021. In Germania e in Repubblica Ceca, al pari dell’Italia, la pratica è stata depenalizzata dai massimi tribunali giuridici ma non è stata ancora legiferata in Parlamento.

A rendere legale l’eutanasia per primi furono i Paesi Bassi nel 2002. Qui lo è anche il suicidio assistitoesteso dal 2020 anche ai minori di 12 annimalati terminali. Ma il primo Paese a introdurre l’eutanasia infantile, senza limiti d’età e previo consenso dei genitori, è stato il Belgio nel 2016. Siamo nel 2003 quando viene legalizzata a Bruxelles l’eutanasia, mentre il suicidio assistito non è esplicitamente legale.

In altri Paesi, invece, il suicidio assistito viene tollerato o in parte depenalizzato, benché ufficialmente illegale. È il caso di SveziaDanimarca e Norvegia. Nel resto dell’Unione europea resta un reato esplicitamente vietato dalla legge.

In Svizzera l’articolo 115 del codice penale elvetico consente il suicidio assistito se eseguito da una personache non sia un medicoche non abbia alcun interesse nella morte del soggetto. Alla classe medica è vietato partecipare attivamente al suicidio assistito, così come lo è per i parenti. La Svizzera consente dunque sia l’eutanasia attiva indiretta, attraverso l’assunzione di sostanze specifiche, sia quella passiva, tramite l’interruzione di trattamenti di cura e mantenimento in vita. Qui è possibile scegliere anche il suicidio assistito, sia per gli svizzeri che per gli stranieri. Proprio in Svizzera, nel 2017, Dj Fabo ha messo fine alla sua vita.

Giorgia Iacuele

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