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“L’esonero contributivo che non c’è”

ENPAP, l’Ente di previdenza ed Assistenza per gli Psicologi, in una nota odierna rileva crescenti dubbi su chi potrà davvero accedere agli esoneri contributivi previsti dalla Legge di bilancio 178/2020 per autonomi e liberi professionisti. Le bozze del Decreto Interministeriale (DI), non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, inquietano non poco.Soprattutto i liberi professionisti, e ancor di più in assenza di prese di posizione da parte dei due Dicasteri interessati: Lavoro e Economia. Portavoce di queste preoccupazioni Felice Damiano Torricelli, Presidente dell’ENPAP: «Il Decreto appare in certi passaggi impreciso, ad esempio nella definizione dell’oggetto dell’esonero che, stando al testo diffuso, dovrebbe riguardare ‘i contributi previdenziali complessivi di competenza dell’anno 2021 e in scadenza entro il 31 dicembre 2021 laddove, per diverse Casse di liberi professionisti tra cui la nostra, i contributi sui redditi conseguiti in un anno si pagano interamente in quello successivo – sottolinea il Presidente dell’ENPAP. In questo caso, un riferimento letterale al testo porterebbe all’impossibilità di accedere al contributo per tutti i professionisti afferenti a quegli Enti di previdenza, creando l’intollerabile limitazione di un diritto stabilito per legge e dando adito, di certo, a innumerevoli contenziosi». Inoltre, il testo diffuso appare decisamente più restrittivo della norma approvata dal Parlamento, visto che, nello stesso articolo 3 del DI, si esclude dal beneficio chi è titolare di un contratto di lavoro subordinato, tagliando fuori proprio quella generazione di giovani professionisti ancora precari – costretti ad accettare anche lavori subordinati, semmai per poche ore, per integrare le insufficienti entrate professionali – spesso letteralmente falcidiati dalla crisi, perché finiti in cassa integrazione per l’attività da lavoratore dipendente ed esclusi anche da tutte le protezioni per il lavoro da professionisti. Ed aggiunge il Presidente ENPAP, «sempre all’articolo 3 del DI, si escludono pure i titolari di pensione diretta, senza tenere conto che, nel caso dei pensionanti delle Casse di nuova generazione come la nostra, con pochi anni di accumulo e una pensione solo contributiva, si tratta spessissimo di pochissime decine di euro al mese: troppo poco per smettere di contare sul lavoro libero professionale, per sopravvivere. Confidavamo che queste sperequazioni, già ampiamente (seppur inutilmente) contestate in occasione dei bonus del Reddito di Ultima Istanza dello scorso anno, fossero state comprese dal Governo e che le si volesse superare. Speriamo di non doverci ricredere leggendo, nei prossimi giorni, il Decreto Interministeriale in Gazzetta Ufficiale». «Escludere dall’esonero contributivo i professionisti che svolgono anche un lavoro subordinato, o che pur essendo in pensione continuano a lavorare, rappresenta una incomprensibile disparità di trattamento tra i cittadini. Disparità, per altro, non prevista nella norma di cui questo decreto dovrebbe essere attuazione, la Legge di Bilancio 178/2020. Disparità a cui siamo stati già costretti ad assistere con le indennità distribuite a seguito del primo lockdown, nonostante ci fossimo attivati affinché non si presentassero», rimarca Federico Zanon, Vicepresidente dell’ENPAP. «L’Ente si trova in particolare difficoltà di fronte a esclusioni: nella nostra comunità professionale sono molti i lavoratori, e soprattutto le lavoratrici, che svolgono attività di lavoro subordinato parallelamente all’attività in libera professione. Affiancandoli riescono a far coesistere la sicurezza di un reddito e la realizzazione professionale, conciliando così vita e lavoro. Se le cose rimarranno come nel DI diffuso, tutti i professionisti che si trovano in queste condizioni saranno ingiustamente penalizzati, ma in particolare lo saranno le donne, già duramente segnate dalle strutturali difficoltà di accesso al mondo del lavoro accentuate ancora di più dalla pandemia». La bozza del DI sta per essere vagliata dalla Corte dei Conti, per poi passare all’esame dell’UE, due passaggi che potrebbero sollevare eccezioni al DI e sollecitare cambiamenti nel testo.

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