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L’Iran, prima e dopo la Rivoluzione del 1979

Le relazioni culturali Italia – Iran

Quarant’anni fa la Rivoluzione iraniana del 1979, che portò alla fondazione della Repubblica islamica dell’Iran, ha cambiato il volto del paese e con esso il rapporto della neonata Repubblica teocratica con la comunità internazionale degli Stati. Al tema delle relazioni culturali tra Iran ed Italia è stato dedicato un evento intitolato “Iran patrimonio dell’umanità. Le relazioni culturali tra Italia e Iran”, svoltosi lo scorso 12 febbraio, preso la Sala Tatarella del Palazzo dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati.

Il convegno è stato organizzato dall’Istituto Vision e Global Trends, che “si impegna a promuovere il dialogo tra le civiltà e a monitorare le dinamiche legate ai processi di globalizzazione, innovazione e ricerca”. L’evento rappresenta il secondo incontro di un ciclo di conferenze iniziato a dicembre e volto ad affrontare determinate tematiche relative alla cooperazione del nostro paese con l’Iran, in una fase diplomatica particolarmente sensibile a cause delle sanzioni degli Stati Uniti.

“L’Italia, tra tutti i paesi europei, è il primo partner commerciale della Repubblica islamica dell’Iran, ma occorre ricordare che i rapporti di interscambio tra i due paesi, ricchi di civiltà millenaria, sono state sempre di carattere culturale”. Così ha commentato Hamid Bayad, ambasciatore dell’Iran a Roma, in apertura ai lavori del convegno. La storia delle relazioni tra i due paesi ha infatti radici lontane e risale al periodo degli imperi romano e  persiano: il primo patto tra le due civiltà è stato siglato nel 533 tra l’imperatore romano Giustiniano e l’imperatore Sasanide, Cosroe I.

Le relazioni culturali tra le due civiltà si sono poi intensificate nel corso del tempo e l’ambasciatore ha voluto ripercorrere, passandole in rassegna, le principali tappe diplomatiche che legano i due paesi, culminate nel 1932 con la firma del Trattato di amicizia tra Iran e Italia e, da lì in avanti, dalla diffusione di numerosi protocolli di intesa e diverse missioni archeologiche e progetti di restauro attivi sul territorio iraniano.

Secondo quanto sostenuto dall’ambasciatore, per far conoscere la vera immagine dell’odierno Iran è fondamentale sostenere lo scambio reciproco tra culture e società, italiana e persiana, e rimanere àncorati all’idea della necessità di una reciproca comprensione. Hamid Bayad ha voluto denunciare “un attacco mediatico in atto nei confronti della Repubblica islamica iraniana, che cerca di contraffare la vera immagine dell’Iran contemporaneo”. “Il timore – ha poi spiegato – è che l’attacco mediatico stia influenzando negativamente l’opinione pubblica a livello globale. Quello che chiediamo alla comunità internazionale degli Stati è di guardare in faccia la realtà ed evitare le falsificazioni mediatiche”.

Le preoccupazioni sollevate dall’ambasciatore nel corso del convegno derivano anche e soprattutto dalla decisione del Presidente statunitense, Donald Trump, di tirarsi indietro dagli accordi sul nucleare, stipulati nel corso del 2015. A causa delle sanzioni ricadute sull’Iran e derivate dalla fine degli accordi, ha spiegato l’ambasciatore, “non ci sono voli diretti per Theran, né transazioni bancarie: questo impedisce inevitabilmente anche le collaborazioni culturali tra l’Iran e gli altri paesi”. Le conseguenze delle sanzioni ricadono quindi non solo sulla Repubblica iraniana ma anche su paesi, come l’Italia, che hanno con l’Iran rapporti di cooperazione su diversi versanti, come quello culturale. 

“Gli stati dell’Unione Europea hanno grande interesse a mantenere un rapporto di amicizia non soltanto per questioni di natura economica ma anche di tipo culturale” ha poi aggiunto il presidente di Vision e Global Trends, Tiberio Graziani. Secondo Graziani è fondamentale ripristinare la diplomazia culturale tra Iran e Italia, “in un momento in cui la geopolitica e gli interessi economici stanno tormentando gran parte dell’umanità”. “L’Italia – ha poi aggiunto – non si trova geopoliticamente nell’area occidentale, ma si trova collocata dal punto di vista geografico nella parte orientale del mondo. Fare un errore di posizionamento geopolitico, come l’Italia sta facendo da cinquant’anni, significa poi pagarne gli effetti”.

Carlo Ceretti, docente all’Università La Sapienza di Roma, ha parlato dell’attività culturale italiana in Iran, insistendo su alcune linee di cooperazione che connotano il rapporto tra i due paesi. La lingua, in primo luogo: in Iran ci sono 1000 o più studenti che svolgono l’esame di italiano, con l’intento di venire poi a studiare nel Bel Paese. Alla Sapienza di Roma, dove Ceretti è docente, la seconda comunità di studenti stranieri è proprio quella iraniana (la prima è quella cinese) e attraverso la lingua si trasmettono anche valori e tradizioni letterarie. Il secondo elemento che rende fruttuosa la cooperazione è invece il patrimonio culturale: l’Italia ha diverse missioni archeologiche attive sui siti iraniani, che sono patrimonio dell’Unesco. “In questo campo – quello culturale – c’è un legame di profonda cooperazione tra le due civiltà, che si traduce anche in una collaborazione di tipo accademico ed universitario“.

Al convegno sono intervenuti anche i giornalisti Emanuela Irace, Antonello Sacchetti, e Tiziana Ciavardini, i quali – ciascuno a suo modo – hanno insistito anche loro sull’uso strumentale degli stereotipi e della tipizzazione negativa che sempre di più circonda la narrazione dell’odierno Iran. Per questo, è possibile parlare, in un certo senso, di una doppia narrazione che si instaura prima e dopo la Rivoluzione del 1979, che portò alla fine della monarchia e all’instaurazione della Repubblica di stampo teocratico guidata dall’ayatollah Khomeyni. Il dato che è emerso con maggiore frequenza dalle parole degli oratori del convegno è che la narrazione dell’Iran post-1979 è il più delle volte legata ad un atteggiamento troppo selettivo, che tende a riconoscere alla civiltà iraniana di oggi esclusivamente una visione retrograda, chiusa ed oppressiva. E tali aspetti sono stati analizzati in una serie di successivi interventi peoposti da parte dell’audirorio, numeroso ed attento, presente nella sala.

FABIANA  LUCA