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Mediterranean Forum of Rome – // 2

Solamente con un’illuminata “Politica Economica
si può salvare l’Umanità

E’ finito il tempo della propaganda mendace, dell’ipocrisia buonista fondata sul dogma di eguaglianze inesistenti, come, ad esempio, il continuo riferimento, da parte di tutti i livelli politici, all’emigrazione italiana, quel falso accostamento alla trasmigrazione dall’Africa, a quella dei nostri connazionali verso le Americhe e l’Europa del Nord. I nostri lavoratori partirono per l’estero con un bagaglio, nel quale, oltre alla sofferta povertà, c’erano capacità indiscusse di tradizione e sacrificio in quelle attività a fatica conquistate, e, in primo luogo, antico buonsenso ed umiltà che contraddistinguevano la terra di provenienza, culla di millenaria civiltà.

Un paragone forzato, che, nelle intenzioni di certi propagatori di falsate verità, avrebbe dovuto tranquillizzare l’allarme per il senso di insicurezza che il costante flusso di persone dalle regioni subsahariane producevano nella popolazione. Alle pressanti richieste governative di aiuto all’Europa, non chiamiamola più Unione, le risposte regolarmente negative si basano sulla incomprensibile distinzione fra profughi e migranti economici, che, alla luce di questo epocale esodo, non hanno alcun senso. Si vuol far credere ad un diritto d’ingresso e di accoglienza differenziato, senza, peraltro accettare né gli uni né gli altri. Il grande divario economico-finanziario fra il Nord ed il Sud del mondo, l’esclusiva situazione mediorientale in cui sono entrati con passo pesante soggetti tradizionalmente estranei all’area, i fragili accordi con governi a vocazione autoritaria, hanno confermata l’assoluta ininfluenza dell’Europa nel Medioriente e, per mediocrità di iniziative, nell’Africa tutta.

In questo quadro complesso e foriero di nuove drammatiche situazioni ben si è collocato l’incontro, a Roma, recentemente organizzato dalla Fondazione per un’ Europa delle Nazioni e della Libertà dal titolo: Mediterranean Forum, nel corso del quale diplomatici e studiosi di geopolitica hanno affrontato il tema, oggi incandescente, della sponda sudorientale del bacino mediterraneo. Un tema che per le novità assolute presenti sulle coste del nostro mare, novità tali da rendere del tutto evanescenti quelle frontiere marine e terrestri nelle quali abbiamo vissuto per circa settanta anni: il mancato accordo di Tallinn, lo scorso mese di giugno è forse il sintomo più importante della fragilità dell’Unione, incapace di intraprendere una qualsiasi azione che non sia quella passiva del testimone muto.

In particolare, l’intervento dell’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata ha voluto indicare, contrariamente alla linea governativa, come, nel vuoto dell’azione comunitaria, la difesa della sovranità spetta ancora agli Stati Nazionali: i nostri confini, per la poca incisività della politica italiana, non sono tutelati ed i nostri confini in questo momento passano anche per il Fezzan, Niger e la Cirenaica, e non rafforzarli con decisioni diplomatiche ed economiche equivale all’accettare una linea ideologica, diremmo forse dogmatica, di un’aspirazione al mondo senza frontiere, che, al momento, equivale all’incentivazione del malaffare, dal traffico di droga alla tratta di esseri umani. Il garantire tutte le persone nella realtà di dove decidono vivere, come in alcuni pubblici discorsi ha voluto esprimersi il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, – ha sottolineato l’ambasciatore – assertore dell’azzeramento dei confini nazionali, può essere una visione morale, umanitaria, ma comunque utopica, così come la concessione di cittadinanze sic et simpliciter, per la creazione di una società “meticcia” di cui augurarsi l’avvento nel minor tempo possibile.

Una visione sicuramente basata su valori indiscutibili, ma ben lontano da questa realtà in cui siamo obbligati a vivere: principi morali, sì, ma non condivisi dall’Europa nel suo insieme. Si operi, dunque, per l’accoglienza dei migranti, ma questa accoglienza sia limitrofa alle regioni di provenienza e si agisca per creare, per quanto possibile, proprio in queste terre, le condizioni di vita necessarie anche attraverso, una volta garantita la sicurezza, una diffusa politica agroalimentare che dovrebbe poggiare essenzialmente sul microcredito indirizzato all’ottimizzazione di un’agricoltura stentata e costantemente a rischio di desertificazione.

E’ proprio in Africa il luogo dove il mondo occidentale si gioca l’ultima carta: oggi la popolazione europea si mantiene stabile, eccetto l’Italia in continua decrescita mentre quella africana toccherà presto il miliardo e cinquecentomila individui. Senza una immediata inversione dell’attuale economia di sussistenza, dove potrà cercare di vivere tutta questa gente?

Alessandro P. Benini


Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell'Economia.