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Michel Aoun il generale presidente: il Libano antico, di ieri e in questi giorni

La gigantesca tragedia del 4 agosto scorso ha lasciato il Libano in uno stato di indeterminatezza

Raffaele Panico

Una tragedia immane per numero di vite perse e i migliaia di feriti che non ha devastato solo il porto e i quartieri adiacenti di Beirut, ha lasciato l’intero Libano in uno stato di sospensione in cerca di una via d’uscita per il futuro. Il premier Hassan Diab ha rassegnato le dimissioni insieme ai ministri dell’intero suo governo. Per il Libano è una fase estremamente tesa e complicata, col rischio che s’inneschino dinamiche conflittuali come tra il 1975 e il 1990, i quindici anni di guerra civile, un vero incubo che nessun libanese vuole rivivere. L’attuale presidente del Libano è Michel Aoun, nato nel 1935, da una modesta famiglia di lavoratori, maronita libanese, poi compì studi militari.

Era un militare col grado di generale di brigata durante la Prima guerra del Libano, poi salito alla presidenza ad interim nel 1988, durante gli “Avvenimenti”, ovvero cosiddetta la guerra civile che scuoteva il Libano, vi rimase fino alla fine del 1989. Poi, dopo un esilio durato 15 anni, diventa Presidente del Libano il 31 ottobre 2016. Sulla attuale situazione apocalittica ha dichiarato, nei giorni scorsi, che “i danni per la devastazione del porto e della città capitale è di oltre 15 miliardi di dollari, per il paese. Danni provocati dalla terribile esplosione che ha distrutto il porto di Beirut il 4 agosto scorso.

    Michel AOUN generale   Michel AOUN presidente

Il Paese dei Cedri vanta una storia molto antica, la terra dove è nata Europa, ossia il mito della giovane principessa che più di un millennio prima di Cristo venne rapita e portata a Creta. Il suo nome ha battezzato un continente allora nuovo: l’Europa. Il sorriso nelle immagini antiche del mito d’Europa è enigmatico, come per noi europei è enigmatica, confusa ed indecifrabile tutta la storia del Libano.

La storia del Libano libero ed indipendente incomincia il 22 novembre 1943

Libano, Paese che fino al 1975 era considerato la Svizzera del Medioriente, o del Levante per noi italiani, memori dell’Asia minore romana e delle repubbliche marinare. Beirut la capitale, detta anche la Costa Azzurra del Vicino oriente.

Il 6 maggio 2018 il Libano era tornato alle urne, dopo 9 – ben Nove anni, dall’ultima tornata elettorale. Difatti il Paese aveva visto due prolungamenti del mandato dei parlamentari per motivi legati al clima di insicurezza creato nell’area geopolitica. Motivazioni ufficiali, in verità, il Libano era bloccato e dal suo sistema politico, dove nessuno vuole modificare la situazione, riformare, per paura di perdere potere a discapito degli altri gruppi di potere.

Si era votato con legge proporzionale per il rinnovo dei 128 seggi in Parlamento, il libanese è un contesto multi-confessionale, dove la ripartizione prevede 64 seggi alla comunità cristiana e 64 seggi alla comunità musulmana. Si presentarono 583 i candidati, in 77 diverse liste, e in 15 distretti elettorali in cui è stato suddiviso il Paese. Il partito di Michel Aoun l’MPL ottenne il 15,72% ed è il primo partito, conquista 29 seggi nel parlamento e la sua coalizione “8 marzo” risulta vincitrice con 70 seggi parlamentari su i 128. L’anno precedente nell’agosto 2017 Michel Aoun aveva firmato la prima legge sulla protezione degli animali nel Paese.

Sempre nel 2017 i vari partiti, dopo gli accordi di Ta’if del 1989, erano riusciti a fare un accordo sulla legge elettorale. Nuove regole per la ripartizione dei seggi con un sistema tipo proporzionale, dopo anni con uno sistema elettorale maggioritario. Da considerare che per ogni distretto c’è un numero di seggi riservato alle varie fazioni etnico religiose pertanto più liste corrono per un posto solo. Un sistema proporzionale dove un partito prende tanti seggi quanti sono i suoi voti all’interno del distretto elettorale. I distretti appunto sono 15 ed erano stati fortemente modificati rispetto alle elezioni precedenti. Esiste una soglia di sbarramento al 10% al livello nazionale senza quorum la lista è eliminata. Superato il 10% la lista deve anche raggiungere altri requisiti di ricalcolo, un equilibrio tra proporzionale e maggioritario. Perché è l’elevata la soglia di sbarramento al 10% ed inoltre si aggiunge il fattore dovuto alla divisione dei seggi in base alle confessioni religiose che attenua l’effetto proporzionale, tanto da diventare un sistema eccessivamente maggioritario quando vi è un solo seggio in ballo.

Oggi il Libano non ha più una maggioranza di abitanti di fede cristiana da alcuni lustri. Molti di loro sono emigrati in tutto il mondo, una vera e propria diaspora che ha portato secondo stime dai 14 ai 15 milioni il numero dei libanesi nel Mondo, in vari Paesi, e sono per la maggioranza appunto cristiani. In Libano circa il 70 per cento sono musulmani (sciiti e sunniti) il 25% cristiani il resto divisi in altri 15 comunità.

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