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Post una “rapina e tentato omicidio”, come nel videogioco, un intervento di Giuseppe Lavenia (Di.Te)

LA NECESSITA’ DI RIPRISTINARE IL DIALOGO TRA GENITORI E FIGLI 

«Pensare che il videogioco sia il responsabile di quanto accaduto, non serve: il videogioco è un mero strumento». Dopo l’ennesimo caso di arresto di sei ragazzi, poco più che maggiorenni, accusati di rapina e tentato omicidio, sono arrivate, laconiche, le parole di Giuseppe Lavenia, Presidente di Di.TeAssociazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo  a commentare l’accaduto.

Sembra infatti che la banda in questione abbia tratto ispirazione dal videogioco online Grand Theft Auto, meglio conosciuto come GTA, già al centro della cronaca a causa dell’aggressività che lo caratterizza. Stando alla filosofia dell’Associazione, non è il videogioco in sé il problema, ma “sta a chi lo usa utilizzarlo con consapevolezza. E la consapevolezza è qualcosa che si acquisisce, anche grazie alla stimolazione del pensiero critico dei più giovani da parte degli adulti», ha precisato Giuseppe Lavenia in una nota.

La mission dell‘Associazione Di.Te, infatti, “non è demonizzare gli strumenti tecnologi, o internet, tutt’altro. Siamo ben consapevoli che la tecnologia, i social network, gli smartphone, i tablet e la rete hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità di tanti, a qualsiasi età. Ma siamo altrettanto consapevoli dell’importanza dell’intervento terapeutico quando l’uso eccessivo o inappropriato di questi mezzi diventa un limite per l’individuo e per le sue relazioni famigliari, sentimentali, lavorative o scolastiche”. 

E volendo accontentare la richiesta dei ragazzi che chiedono in regalo un videogioco «è bene prestare attenzione a cosa si sta regalando loro, soffermandosi sui codici riportati sulla confezione, dove è indicata l’età per cui è stato pensato. Mi è capitato più di una volta di sentire dai genitori che hanno regalato videogiochi, tra cui GTA, senza sapere cosa avrebbero trovato i loro figli dentro quel videogioco. Non li si regali con superficialità, pensando che siano solo giochi e che in quanto tali non faranno danno a chi li riceve. Non è così. È come se si regalasse un coltello a un bambino e se si fa male o se fa male a qualcuno si desse la colpa al produttore del coltello o al coltello stesso», osserva il Presidente Di.Te.

E’ necessario, spiega Lavenia, riuscire ad accorciare la distanza relazionale e digitale che separa i genitori dai loro figli: «Bisogna tornare al dialogo, cercando di conoscere il mondo dei ragazzi, interessandosi anche alla loro vita online. E questo lo si può fare se ci si informa, se si parla lasciando da parte i giudizi e se ci si apre al confronto. Che cosa piace loro? Che cosa stanno cercando online che non trovano nella vita reale? Perché un gioco fa così presa su di loro? Facciamo domande e accogliamo le risposte, tornando a ripristinare dei sani confini dentro cui coltivare il rispetto per l’altro».