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Premiazione per narrativa e saggistica all’Università “La Sapienza” di Roma

Mercoledì 12 giugno, nella Sala del Rettorato illuminata da un affresco di Sironi, il Premio Roma, nella sua XX edizione, ha trovato giusto luogo. La Sapienza ha visto letteralmente sfilare i migliori rappresentanti della odierna Cultura. Giunto a questa edizione il Premio, voluto e definito dal compianto Aldo Milesi, è stato diretto dal figlio Giorgio, Vicepresidente EMEA, con altrettanta dedizione ed abilità.

Il Presidente, Sergio Campailla, Docente Universitario e Letterato di fama, ha avuto come collaboratori la Dottoressa Lia Viola Catalano, Segretaria della eminente Istituzione, Psicoterapeuta e Scrittrice di molti libri premiati aventi diversi argomenti (Malanascenza, La Lunga Tregua) il Magistrato Corrado Calabrò, l’Oncologo Gian Carlo Antonini Cappellini del Centro Ricerche Irma Feroci Milesi per la lotta contro il melanoma, il critico letterario Arnaldo Colasanti, poi Raffaele Cantone, Mariapia Garavaglia, Massimo Teodori, per citarne a caso alcuni, e l’efficientissima Paola Saluzzi come Presentatrice.

Ogni rappresentante di scibile attuale e raffinato è salito emozionato sul palcoscenico per ricevere la Lupa Capitolina come simbolo del riconoscimento accompagnato dal rotolo della motivazione, e uno scroscio di applausi, cominciando dalla Fanfara dell’Arma dei Carabinieri diretta dal Maresciallo Maggiore M.° Danilo di Silvestro e corredata dal tenore Daniele Adriani e dal Soprano Marta Vulpi.
L’Inno d’Italia, ahimè dopo quello Europeo, e da quello della Nazione Gemellata ed amata, l’Ungheria, rappresentata dal giovanissimo Màrton Ròth, ha iniziato la serata riempita di note della Fedelissima, e le “Danze Ungheresi” di Brahms. Nessuno si è sottratto nè si sottrae al fascino dei Carabinieri schierati in alta uniforme e scintillanti di strumenti musicali e brani noti e meno noti coinvolgenti.

Un Pippo Baudo allegramente professionale e calorosamente apprezzato ha introdotto la numerosa serie dei premiati, fra i quali il simpaticissimo, spontaneo Terence Hill, al secolo Mario Girotti, encomiato per la carriera. Ha raccontato ciò che non si vede del cinema, cioè il costante e severo lavoro, che, agli spettatori, non appare mai e sembra sempre facile. Ha destato viva simpatia la commozione dello scienziato Giovanni Gallavotti, Fisico noto nel mondo, e la gioia dell’illustratrice che ha visto finalista il libro che ha curato, Roberta Frasca della Porta.
Una bella serata, anche nelle sue parti più impegnative, come le risposte di Giuseppe Pignatone sulle oscure pagine della sua professione. Nell’evento si rimarca soprattutto questo: i lati veramente umani e quotidiani di queste personalità che, perfette nella loro tenuta, evidenziano ciò che i giornali celano o trascurano: la fedeltà alle loro mansioni, la comprensione nelle loro dovute durezze, la sensibilità toccata dal ricevere un riconoscimento o un’ovazione.

Chi può dire di non avere avuto il cuore in gola alla velocità estrema della campionessa Simona Quadarella, giovane Vestale del fuoco della tifoseria del nuoto? Ed al brumoso e severo filosofo Massimo Cacciari, qui sul palco generoso suggeritore di scelte professionali, che ha letteralmente captato l’attenzione di tutti? Per conoscere veramente Italia ed italiani, quelli veri, bisogna aver assistito e, in futuro, assistere al colloquio offerto dalle eccellenze dello Stato, sia pur breve e parziale rispetto alla mole delle loro conoscenze, durante le Premiazioni, nei loro istanti più diretti ed aperti.
Viene luce a fiotti sullo Stivale e si cancellano tutti gli odiosi e soliti, ritriti ed insulsi detti di ciò che la gente d’Italia sarebbe, si sbriciola così il vizio tristo e mai guarito del parlarsi addosso male, della moda snob del farsi piccoli e difettosi.

Anche chi è pubblico vanta livelli culturali considerevoli, ed è bello accorgersene, nella partecipazione a quanto si dice, nelle domande ai premiati, nel rivolgersi al vicino seduto con lui: un mondo che l’Europa sembra non vedere, persa in discorsi di marketing e valute fatti con il traballìo dell’alzata di gomito, ma deve accorgersi che quello italiano è tutto un mondo da conoscere e da premiare, una popolazione da curare, istruire, educare, fin da piccola, fin da qualche buffetto o rimprovero. Perchè anche questo è amore, amore che fa crescere, determinarsi, e conquistare. Per i premi da ottenere, e per quel premio senza podio, dato nel massimo del pregio, cioè il premio che dà la coscienza.

L’Ungheria probabilmente fa eccezione nell’UE; l’Ambasciatore Adàm Kovàcs, ad esempio, cordialissimo nel trasmettere congratulazioni, e l’omologo italiano Massimo Rustico, che cerca di introdurre nella Nazione magiara la conoscenza di un onorabile poco diffuso Luigi Pirandello, fondandosi sull’interesse verso l’italia dei cittadini ungheresi. I buoni rapporti non sono mai cessati infatti fra i due popoli, nonostante l’opinione occasionale di Presidenti o di qualche giornale, da quando si tifava anche per la Hònved, o si strappava la tessera del PCI perchè plaudiva all’invasione di Budapest, per andare a gridare “fuori!” sotto l’Ambasciata ostile.

Un Premio di questa importanza come il Premio Roma evidenzia note e simpatie che donano ottimismo, che spaziano in orizzonti talvolta lontani, come quello del cinese Gao Xingjian ed il suo “per un nuovo Rinascimento” dalle brutture attuali, o i dolori tremendamente vicini che il Bambin Gesù, Ospedale diretto dalla Dr.ssa Mariella Enoc ed incessantemente migliorato dalla cura del Cardinale Pietro Parolin, applauditi quasi senza fine alla Premiazione, raccoglie per sconfiggere.

I vincitori Aurelio Picca, con “Arsenale di Roma distrutta” scritto come lo scorrere argentino di un ruscello, va su questa strada felice, ed il dottore in Giurisprudenza Matteo Strukul conclude con il grande Michelangelo la ricerca storica sui Medici. Non resta che correre in libreria, forse anche in edicola, e vedere a che punto è la notte dell’ignoranza e dello scontro fra popoli, per accorgersi, sollevati, che comincia il giorno.

Marilù Giannone