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Roma ancora non sparita ….. e i Cavalieri del Santo Sepolcro

San Lorenzo in Piscibus

Nel corso di una cerimonia alla presenza dei Cavalieri dell’ O.S.S.C.B.S. – Ordo Sancti Sepulchri dei Cavalieri Bianchi di Seborga, unitamente ad altri vari Ordini ed Associazioni di Cavalieri, tutti collegati ai valori ed insegnamenti di SAN BERNARDO di CHIARAVALLE, sabato 19 maggio, alle ore 10,00, si è presa nota di una chiesa piccola e terribilmente spoglia. Le pareti a mattoni rossi mantenevano tracce vistose di strappi e rimozioni di figure delle quali, nonostante le ricerche, non si è trovata una sola parola.

La costruzione fa parte di un gruppo di edifici sparsi qua e là per la città, dei quali si conosce solo il nome, o qualche rara menzione in archivi e volumi antichi assai superficiale: Roma Sparita, di cui i begli acquarelli di Roesler Franz, ma questa chiesetta nelle opere del Maestro dell’Ottocento non appare.

La Sacrestia si è stretta nelle spalle, preferendo riferire di più redditizi accoglienze e immigrati: ci si può solo fidare di un poco di esperienza e di un lungo studio di storia dell’arte. San Lorenzo in Piscibus, questo è il nome, fa pensare al fatto che nei pressi, nel Medioevo, ci fosse il mercato del Pesce, e qualche ricordo di Belli e del Conte Tacchia riportano alla perduta Piazza Rusticucci, che la via della Conciliazione ha eliminato evidentemente per la scarsa importanza della costruzione in oggetto. La Chiesa è dichiaratamente romanica: tre navate, divise da colonne di “bigio” con capitelli rimaneggiati e scalpellati forse anche in età di composizione, un campanile accostato, svelto, quadrato, la chiusura del tetto a capriate lignee, un’abside graziosa, profonda quanto basta, con il catino vuoto. Una chiesa spoglia, più di quello che prevedeva lo stile romanico. Una chiesa nascosta, con l’ingresso in un palazzo di stile razionalistico, impensabile, un cortiletto che conduce al vano religioso per traverso. Saliti pochi gradini, si accede, ma si percepisce che doveva essere preceduto, l’ingresso, da un atrio, e che non poteva mancare una facciata adesso assente, esposta nei suoi mattoni rossi, con due o tre piccoli vani esterni che portano ad un ufficio ridotto e, forse, ad una cripta nella parte sinistra. I documenti non lo dicono. Dicono solo che vi è stata trovata una lastra marmorea del VI sec. scolpita in bassorilievo e greca. Ulteriori ricerche hanno dato luce: la chiesetta dovrebbe essere proprio di questo secolo e costruita per volere di S.Galla, ma nessuna verifica lo assicura, mentre altri documenti, del periodo dell’apertura di via della Conciliazione, dicono che è del secolo XII, secondo l’Ordine di Benedetto Canonico, rimaneggiata durante il Barocco prima, e poi nel tardo Settecento, quando un allievo di Maratta la fornì di un quadrone per l’altar maggiore, ed altri la riempirono con altre opere . In entrambi i secoli è stata caricata all’interno dei soliti addobbi sgraziati e pomposi tipici di quei periodi, tanto più se si tratta di artisti grossolani.

Pur piccola com’è, se la sono discussa Scolopi e cardinali, laici e potentati, per finire spoglia e mistica, luogo sacro per i Giovani di Papa Giovanni Paolo.

La data di costruzione, ad onor del vero, che sia giusta o no, recente o più remota, non toglie alla chiesa quella spiritualità che manca quando è caricata di ori e luccichii come una fiera delle vanità, e non è soffocata da brutti quadri con morti e morenti dalle pose teatrali. Ciò basta, per il coinvolgimento nel rito che i Blanc Manteaux officiavano un giorno fa, e per i riti, la parola perduta, che accordano a dimensioni umane e universali la potente bontà della Divinità Creatrice.

Marilù Giannone