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LA PACE PERPETUA E’ ANCORA UTOPIA

UN PENSIERO POLITICO SOSTENIBILE E FUTURIBILE

Raffaele Panico

Un futuro conosciuto in anticipo è un controsenso” scrisse Jacopo Burckhardt. Il problema però si fa esplicito nel corso del Novecento. Il mito delle “magnifiche sorti e progressive” dell’Ottocento conduce a sperimentazioni continue applicate con procedure su scala industriale, e globale, sulla vita di intere popolazioni e generazioni di uomini attraverso gli Stati nazione del tempo. Promesse di maggior benessere e rappresentanza politica, di partecipazione sociale, e si manteneva l’equilibrio del potere con la “pace armata”. È il tempo definito da Karl Polany de “La grande trasformazione” (Einaudi Torino, 1974), temperie che vede un’attenzione per il mantenimento della pace dopo il Congresso di Vienna del 1815 attraverso varie fasi. Sono stati tre i periodi dell’esercizio e del controllo dell’equilibrio del potere. Primo: è con la diplomazia che si localizzano i conflitti in regioni limitrofe e in periodi temporali ristretti, senza devastazioni totali e perdite ingenti. Polany la chiama La pace dei cento anni 1815-1914 perché, nonostante tutto, malgrado tutte le prove di forza militari, il meccanismo generale delle relazioni internazionali funzionava in modo da localizzarle, le guerre, e in generale esse erano brevi, e in un certo modo, umanizzate, nel senso che non colpivano i civili e la fibra, ossia le strutture industriali economiche delle nazioni.

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Le pensioni di piombo

Mi  auguro  che  molti  abbiano letto, specie se uomini  politici  e/o  di  governo, in  primis  gli attuali, l’articolo  uscito  sul supplemento settimanale “L’Economia”del  “Corriere della  Sera”, dell’ 8 luglio, titolato “Rendite  amare. Pensioni  inadeguate” di Antonietta  Mundo ed Alberto Brambilla. Tale articolo si riferiva all’esproprio effettuato dal Governo, esecutore materiale  l’INPS, sulle pensioni medie di  tanti funzionari, professionisti, dirigenti, con una perdita incredibile in termini monetari, per cui chi parla di “pensioni d’oro”, o ignora  totalmente  il problema, o è  volutamente  disinformato, o, ancora peggio  è  una squallido demagogo (guai  ai ricchi !) o  è in malafede. 

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“Russia ed Europa: tensione senza ragione” … la Lectio Magistralis di Aleksej Puskov

UNA CRISI CHE E’ UNA OPERAZIONE MONTATA AD ARTE  
Prolusione di Aleksej Puskov * al Centro Russo di Scienza e Cultura

Raffaele Panico

La serata presso il Centro Russo di Scienza e Cultura il 3 luglio ha visto la relazione di Aleksej Puskov, senatore della Duma e presidente di una importante commissione della Federazione russa, affermato giornalista da oltre 21 anni, considerato il numero uno, il migliore nel panorama della professione che, anche in Russia, è in divenire e si trasforma con i nuovi media della comunicazione. “Una buona penna” – per evocare il senso profondo del mestiere del giornalista – deve essere diretta ad una dimensione storica, geopolitica, non seguire effetti emotivi e contingenze del momento. Fare analisi e previsioni. Puskov in questo solco è stato ed è prezioso per senso diplomatico, perché vive, ascolta, segue il senso del tempo storico.

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Making the Cut – il talent show di Amazon Prime

Amazon Prime Video è pronto a scendere in passerella. La piattaforma di streaming trasmetterà Making the cut, talent show dedicato agli stilisti emergenti, online dal prossimo anno. Al timone del programma due veterani del settore, Heidi Klum e Tim Gunn, volti storici di Project Runway, che non si limiteranno a condurre ma produrranno anche il talent.

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ATLANTROPA

 PROGETTO ATLANTROPA: un Muro alle Colonne d’Ercole – 
Le insostenibili ingerenze tedesche nelle cose d’Italia

 Raffaele Panico

La figura riportata è una didascalia di riferimento a un progetto italo-tedesco concepito negli anni tra il 1937 e il 1940, per la produzione di “energia bianca”, idroelettrica, in immensa quantità ricavata dalla chiusura con diga avveniristica del bacino del Mediterraneo allo Stretto di Gibilterra. Gli studi del progetto prevedevano l’abbassamento del livello marino stimato nei successivi 70-100 anni dalla realizzazione della diga faraonica, abbassato dai 100 ai 200 metri.

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RS-33 Riservato Segreto, Guglielmo Marconi

 La scienza alternativa del gruppo italiano RS-33 ‘Guglielmo Marconi’

Raffaele Panico

Le ricerche scientifiche del ristretto riservato e segreto gruppo di studiosi italiani “RS – 33 Gruppo Guglielmo Marconi”, voluto dal regime nel 1933 in sigla RS-33, è avvolto ancora in un velo di leggende.
Era uno dei gruppi di studiosi che focalizzavano le ricerche sulla natura e sugli atomi della materia di tipo implosivo con particolare attenzione alle energie alternative che culminano, oltre che sull’atomica, dalle ‘cronache della guerra’ nel finale più tragico, anche con un programma di aereo discoidale e di orbita geostazionaria spaziale.

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Applausi a Mattarella

            Quattordici minuti di applausi al Festival di Cannes dopo la proiezione dell’unico film italiano presentato alla Mostra, Il traditore, di Marco Bellocchio. Undici minuti di applausi all’ingresso del Presidente Mattarella all’Assemblea della Confindustria a Roma di una settimana fa, prima delle elezioni europee.

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Cucinelli ospita a Solomeo gli “amici della Silicon Valley”

È così che Brunello Cucinelli definisce il gruppo di imprenditori, venuto direttamente dalla Silicon Valley ed ospitato a Salomeo, il borgo sede dell’azienda.

Grandi nomi, tra loro Ruzwana Bashir fondatrice e CEO di Peek, Jeff Bezos fondatore presidente e CEO di Amazon, Dick Costolo CEO di Twitter, Reid Hoffman co-fondatore e presidente esecutivo di LinkedIn, Drew Houston CEO e fondatore di Dropbox, Lynn Jurich co-fondatore e co-CEO di Sunrun e Nirav Tolia co-fondatore di Nextdoor.

Come potrò ringraziare questi ragazzi”, ha detto Cucinelli commentando la visita, “che io considero i giovani Leonardo del terzo millennio, per essermi venuti a trovare, graditissimi ospiti, qui a Solomeo, Borgo dello Spirito, sede e sorgente di ogni mio sogno, luogo ove cerchiamo di custodire il più alto ideale di una economia nutrita di umanità? Lo considero un grande onore“.

Noi che ogni giorno trattiamo le cose dell’economia”, ha spiegato l’imprenditore, “ci siamo avvicinati agli ideali nei quali crediamo profondamente con l’eleganza di un nobile dialogo. Le nostre idee per il futuro sono idee di un domani reso gioioso da una tecnologia ancella dell’umanità. L’anima che alimenta l’economia, prima che un’idea, fu un sogno e un dono di vita. Se mai l’anima fu commossa nell’ideale, ecco, in questi giorni l’abbiamo sentita in ognuno dei nostri cuori. Se mai l’umanesimo è rinato nel cuore di persone dei nostri tempi, ecco, in questi giorni abbiamo vissuto tale felice evento. Il nostro pensiero è rivolto al domani dei nostri figli e di chi seguirà le nostre vite, respiro di un ardore affascinante”.

fonte ANSA

Il fascismo e le sue origini nel panorama europeo tra il trionfo e la tragica e infame Alleanza  

         L’oscillazione del pendolo politico post primo conflitto mondiale in Europa, analisi storica, politica e istituzionale nonché economica di Karl Polanyi ovvero passaggi anche sanguinari, con violente prese di potere o fasi rivoluzionarie, rapsodiche, che segnavano un passagggio del potere da estrema destra a sinistra e viceversa, è stata, questa l’oscillazione, tanto maggiore quanto minore era la democratizzazione del Paese in questione e tanto maggiore era l’arretratezza economica dello stesso Paese in esame.

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Dove esportare? Quali Paesi scegliere prevedendo e driblando le crisi internazionali?

Sono pochi coloro che nello scegliere il Paese target per l’export prendono in considerazione la situazione geopolitica che cambia ad una velocità impressionante in Europa e fuori: Libia, Venezuela, Corea del Nord, scontro frontale Stati Uniti e Cina, embargo verso l’Iran, la Russia sono solo alcuni degli esempi di un contesto internazionale che sembra essere sempre più instabile che ha inevitabili ripercussioni sul business (sia questo #export, investimento o produzione).

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50 anni di Give Peace a Chance, inno pacifista di Lennon e Yoko Ono

Una Rolls-Royce bianca, lenti rotonde fatte di fiori decorano la hall dell’hotel Queen Elizabeth di Montreal in questi giorni. Fa parte della celebrazione del 50 ° compleanno del “peace-squat” in cui John Lennon e Yoko Ono hanno recitato in questo luogo. La coppia aveva intrapreso un’azione simile all’hotel Hilton di Amsterdam, approfittando della loro luna di miele per protestare contro la guerra del Vietnam. Tuttavia, l’evento di Montreal è servito anche a generare un tema mitico: Dare una possibilità alla pace. Lennon aveva già dichiarato che il “sistema” non sapeva come agire di fronte alla non violenza e all’umorismo. 

La coppia voleva ripetere l’evento di Amsterdam a New York, ma il pasticcio di Lennon con la giustizia per possesso di marijuana non gli permetteva di entrare nel territorio americano. Decisero quindi di recarsi alle Bahamas. Tuttavia, pensavano che non fosse il posto giusto. Così, il 26 maggio arrivarono a Montreal e si stabilirono nella suite 1.742 dell’hotel Queen Elizabeth. Il turbinio dei giornalisti è stato considerevole, il curioso pululare. Inoltre, altre icone, come il poeta Allen Ginsberg e Timothy Leary, fervente sostenitore dell’LSD, parteciparono all’evento. “Sembrava un circo. C’era un’atmosfera speciale e la sicurezza era molto rilassata“, questo il ricordo di Perry, un tecnico di registrazione in un hotel della città.

Lennon espresse alla sua stretta cerchia che voleva registrare una canzone con la collaborazione di tutti i partecipanti. Quest’ultima avvenne esattamente il 1o giugno 1969. La suite era di dimensioni modeste. La registrazione però risultava essere cacofonica, infatti, la maggior parte delle voci presenti sul nastro vennero sostituite da cori.

 Durante il soggiorno di Lennon e Yoko Ono  a Montreal, la coppia registrò anche il brano Remember Love, una canzone che apparve come lato B di Give Peace a Chance alcune settimane dopo. Il tema pacifista divenne una sorta di forza indispensabile nelle dimostrazioni contro la politica americana in Vietnam.

L’informazione corrotta ed avvelenata: dalla sporca guerra dell’oppio all’eroina un secolo e mezzo dopo, come intossicare il Mondo

L’oppio e l’eroina le regine della de-costruzione: imputridire le società, le coscienze, l’etica e l’estetica

Raffaele Panico

Lenin circa l’intossicazione d’informazione si espresse in termini così efficaci: “Fra cinquant’anni le armi avranno ben poco senso. Avremo ‘imputridito’ abbastanza i nostri nemici prima dello scoppio delle ostilità, perché l’apparato militare possa venire utilizzato nell’ora del bisogno…” Morto nel 1924, Lenin passa il testimonio del conflitto prossimo venturo del suo Paese, l’Unione sovietica, che in 10 anni doveva veder l’ascesa della Germania nazionalsocialista, quindi con questa allearsi e spartirsi la Polonia nel 1939 a seguito del Patto Molotov-Ribbentrop. A voler vedere oltre nel tempo di 50 anni, come giusto Lenin pre-disse, era quanto doveva poi avvenire nel tempo della Guerra fredda, nel mondo diviso in due blocchi. Tanto è vero che 10 anni dopo il secondo conflitto mondiale, nel 1955 Khrusciov dichiarava lungo la stessa linea: “La vittoria del socialismo? Non è più necessario andare in guerra per ottenerla. Basta la competizione pacifica”. Come? Ecco, seguiamo il rapporto sullo stato dell’arte del cosiddetto “Triangolo d’Oro” dell’oppio, morfina ed eroina. Francia 1969: veniva pubblicato un Abecedario di un agente dei servizi, ad ogni singola lettera, una relativa voce. I francesi venivano sconfitti in Indocina. La Francia osservava con occhi scaltri questioni di geopolitica, si pensava di avere visioni più lucide; mentre in Italia passava il fronte della guerra fredda e il liquido corrosivo del terrorismo e dei falsi miti propaggini della guerra civile 8 settembre 1943 aprile e andata ben oltre il 1945. La scia della Liberazione avvenuta con le bombe angloamericane e le faide interne dei vari triangoli rossi, o assi neri, o foibe istriane solo una lunga scia di morte postbellica. Leggiamo le memorie raccolte dal francese nell’Abecedario. Alla voce “o”, o come Oppio, tra “Oerlikon” – città del cantone di Zurigo […] dove si fabbricano cannoni da venti millimetri… e tra “Orecchio elettronico” – “scoperto dal dottor Alfred Tomatis”. 

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SAVOIA 2019: non solo onori ma tante opere di bene

Attive in 56 stati, le istituzioni collegate a Casa Savoia devolvono ogni anno oltre un milione di euro per conto della Real Casa, denaro donato in prevalenza agli italiani, ma anche all’estero, dall’Iraq alla Bosnia, dal Kossovo al Centrafrica. Un impegno che nel 2019, su iniziativa del Coordinatore degli Ordini Dinastici per le Americhe, Dott. Sergio Pellecchi, continua anche in Argentina, dove vivono moltissi nostri connazionali e dove i filosabaudi sono in prima linea contro la malnutrizione infantile.

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A Palermo, MayDay per un futuro senza frontiere

PER UN POSSIBILE FUTURO
….. SENZA FRONTIERE 

Sabato 25 maggio sbarca nel capoluogo siculo, presso il Castello a Mare, in via Filippo Patti, il “MayDay”. Si tratta di un evento di dodici ore di arte, musica e cultura. L’iniziativa promuove un possibile futuro senza confini e barriere e si rivolge principalmente a tutti coloro che vogliono una realtà migliore senza differenze di sesso, colore della pelle e pregiudizi.

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Il caso Tortora: a 31 anni dalla scomparsa

Su “Il DUBBIO” di domenica 19 maggio leggiamo “”Tortora il vergognoso abbaglio. In carcere senza prove eppure poi nessuno ha pagato.. Il 18 maggio di trentun anni fa: quel giorno agenzie di stampa, e poi i notiziari radio- televisivi annunciano che Enzo Tortora è morto; il tumore che lo tormenta e lo fa soffrire da mesi, alla fine ha vinto. Fa in tempo, Enzo, a vedersi riconosciuta l’innocenza da anni proclamata: un anno prima la Corte di Cassazione lo ha assolto definitivamente dall’infamante accusa di essere un “cinico mercante di morte”, uno spacciatore di droga, affiliato alla Camorra di Raffaele Cutolo. Si aggrappa alla vita con le unghie e i denti, per poter vedere quel verdetto. Poi arriva lo schianto. “Mi hanno fatto scoppiare una bomba dentro”, dice a proposito di quel tumore, e della vicenda che lo vede vittima- protagonista. Nel corso della requisitoria del primo processo, il Pubblico Ministero sillaba: “Ma lo sapete voi che più si cercavano le prove della sua innocenza, più si trovavano quelle della sua colpevolezza?”.

Chissà che ricerche. Lo stesso Pubblico Ministero, tanti anni dopo, ammette l’errore. Che non può essere liquidato come “errore”, come “abbaglio”. Troppo semplice, troppo facile; perfino consolatorio definirlo un “errore”, un “abbaglio”. In realtà, fin da subito, contro Enzo non c’era nulla; e quel nulla era talmente visibile che anche un cieco lo avrebbe potuto vedere. Non si vide, perché non si volle vedere. Non si capì perché non si volle capire. Contro Tortora non c’era nulla. L’architrave dell’ipotesi accusatoria si regge sulla parola di due falsi pentiti: uno psicopatico, Giovanni Pandico; e Pasquale Barra detto, a ragione, ‘ o animale: in carcere uccide il gangster milanese Francis Turatello, lo sventra, ne addenta le viscere. Poi, a ruota, vengono un’altra ventina di sedicenti “pentiti”: tutti a raccontare balle, una più grande dell’altra, per poter beneficiare dei vantaggi concessi ai “pentiti”. Accuse che con fatica e infinita pazienza vengono smontate: la difesa di Tortora fa una vera e propria contro- inchiesta, che demolisce, letteralmente, l’inchiesta della Procura napoletana.

Una vicenda che ha dell’incredibile per la quale nessuno poi paga: non i falsi “pentiti”; non i Magistrati della pubblica accusa, che anzi, fanno carriera. Tortora invece patisce una lunga carcerazione. Al suo fianco il Partito Radicale di Marco Pannella che lo elegge al Parlamento Europeo ( poi si dimette, rinunciando all’immunità); Leonardo Sciascia, Piero Angela, Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Rossana Rossanda, Vittorio Feltri, Massimo Fini, chi scrive; davvero in pochi. Tanti, al contrario, si producono nel crucifige. Se è stata una pagina nera per la Magistratura napoletana, ancora più nera lo è stata per il giornalismo, che acriticamente ha pubblicato pagine e pagine di falsità infamanti, senza controllare, senza verificare. Eppure nulla giustificava quello spettacolare arresto. Anni fa ho intervistato per il Tg2 la figlia di Tortora, Silvia. Intervista che ancora oggi mette i brividi: Chiedo: Quando Tortora venne arrestato, cosa c’era oltre alle dichiarazioni di Pandico e Barra? “Nulla”. Sull’ondata di questo scandalo, radicali, socialisti, liberali, raccolgono le firme per tre referendum per la giustizia giusta; tra i tre, uno per la responsabilità del Magistrato che commette colpa grave. I referendum vengono poi vinti a furor di popolo; e traditi da un Parlamento che disattende platealmente il volere popolare. Ora Tortora riposa al Monumentale di Milano, con accanto una copia de “La colonna infame” di Alessandro Manzoni. Sulla tomba un’epigrafe dettata da Sciascia: “Che non sia un’illusione”. Chissà”“.

 Ora un passo indietro, anzi due…anche sull’onda dei ricordi personali…Domenica 30 settembre e lunedì 1 ottobre 2012, in prima serata su Rai Uno, è andato in onda “Il CASO ENZO TORTORA – DOVE ERAVAMO RIMASTI?”,  miniserie televisiva in due puntate; una fiction per raccontare la forse dimenticata vicenda giudiziaria di Enzo Tortora, uno dei personaggi televisivi più noti degli anni andati. 17 giugno 1983, Enzo tortora viene arrestato con l’accusa di essere un affiliato del clan camorristico Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo; in quel periodo è conduttore di “Portobello”, il programma di gran successo della Rai. È il caso, è la storia di un arresto inutile, un’istruttoria carnascialesca con i pentiti che concordavano in barba a Magistrati e 007 antimafia le loro dichiarazioni in una stessa struttura protetta dove erano ospitati tutti insieme appassionatamente (..la Caserma dei Carabinieri di Piazza Carità..in quegli anni ero Comandante della Compagnia Napoli Stella, nel quartiere Sanità con giurisdizione sui quartieri più sensibili sotto il profilo della sicurezza pubblica, dalla Sanità a Forcella, passando per San Carlo all’Arena e Borgoloreto (con la Stazione Ferroviaria e l’attiguo Mercato della Duchesca), Secondigliano e il quartiere “167”, oggi denominato Scampia e reso noto dal film “GOMORRA“, per arrivare sino a San Pietro a Patierno. All’ epoca, la zona di Secondigliano era, secondo statistiche specializzate, ritenuta la più “criminogena” d’ Europa, e a ragione; ma tale è certamente rimasta dopo oltre trent’ anni, forse anche di più, superando chissà quale record!..) e dalla quale facevano addirittura telefonate estorsive all’esterno, un processo kafkiano o, meglio, farsa, una condanna ingiusta basata su fatti non dimostrati e, infine, un’assoluzione giusta, meritata, necessaria che avrebbe dovuto costituire un monito per l’intero sistema giudiziario italiano. Durante la fase dibattimentale del processo il numero degli accusatori aumentò e ad incastrare Tortora  furono  oltre ai camorristi Giovanni Pandico, ritenuto pazzo, Giovanni Melluso, detto “il bello”, soprannome che la dice tutta sulla vacuità del soggetto (recluso e ben sorvegliato nella mia Caserma nella Sanità..Proprio in quel triste periodo fu ucciso dalla camorra il mio valoroso Brigadiere Domenico Celiento..), e Pasquale Barra, detto “O animale”, perché mangiava il cuore degli assassinati, anche altri otto imputati delinquenti plurimi e reiterati, tutti accomunati nello spasmodico desiderio di usufruire dei vantaggi della recente Legge sui pentiti. Le accuse si basavano su un’agendina trovata nell’abitazione di un camorrista, Giovanni Puca, detto “O Giappone”, sulla quale compariva un nome che assomigliava a quello di Tortora con un numero di telefono non corrispondente al suo recapito. In realtà, il nominativo si riferiva ad un tale Tortosa. L’unico contatto tra Pandico e Tortora erano alcune lettere inviate dal detenuto alla redazione di Portobello. Condannato a dieci anni, Tortora non si sottrae alla Giustizia e si fa arrestare, sebbene Parlamentare Europeo. Questa volta, però, le cose vanno in modo diverso; le accuse dei pentiti crollano, cominciano a emergere innumerevoli contraddizioni e nel settembre 1986 la Corte d’Appello di Napoli, con Presidente Di Leo e giudice a latere Mariani (il processo era iniziato il 4 febbraio 1984 agli 834 imputati e si svolse in tre distinti tronconi; al termine dei tre gradi di giudizio si perverrà all’ assoluzione di oltre due terzi degli imputati) lo dichiara non colpevole con formula piena, restituendogli la libertà e la dignità. Probabilmente già malato e sicuramente logorato nell’anima, Tortora torna al suo lavoro e al pubblico di Portobello, che saluterà con quelle parole che hanno lasciato un segno nella memoria degli italiani: “Dunque… dove eravamo rimasti?”. Per chi volesse approfondire le vicende del caso Tortora, suggerisco l’interessante libro di  Vittorio Pezzuto, “APPLAUSI E SPUTI. LE DUE VITE DI ENZO TORTORA” (Sperling & Kupfer, 522 pagine, euro 15) ora ripubblicato, da cui è stato tratto il film per la TV. “”Non siamo pazzi, non vogliamo essere screditati a vita” dichiararono il 19 giugno 1983 alla stampa i Magistrati Felice Di Persia e Lucio Di Pietro. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Cos’è cambiato, venticinque anni dopo questa storica Caporetto dei ‘pentiti’ e di una parte della Magistratura napoletana che li aveva voluti trasformare in onnipotenti oracoli?

Cos’è cambiato da quel “Non siamo pazzi, non vogliamo essere screditati a vita”? “Poco”, sostiene Vittorio Pezzuto nel suo libro, “soprattutto perché gli inquisitori del caso Tortora non sono stati screditati, sono stati addirittura promossi; Felice Di Persia è diventato membro del Consiglio Superiore della Magistratura (e non basta a consolarci il ricordare che, quando ne presiedeva i lavori, Francesco Cossiga, Capo dello Stato, si rifiutava platealmente di stringergli la mano) nonché Procuratore Capo della Repubblica di Nocera Inferiore, mentre Lucio Di Pietro, che fino a pochi mesi or sono era Procuratore Aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia, opera ora quale Procuratore Generale della Repubblica di Salerno; così, Luigi Sansone, il Presidente del Tribunale che condannò in primo grado Tortora a dieci anni di reclusione e a 50 milioni di lire di multa è Presidente della sesta Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione a Roma,  come anche è diventato Procuratore Capo del Tribunale di Nocera Inferiore  Diego Marmo che, vestendo all’epoca la toga del Pubblico Ministero nel processo di primo grado, urlò un giorno a uno dei difensori di Tortora, nel frattempo eletto Deputato radicale al Parlamento europeo: “Avvocato Coppola, lei deve moderare i termini! Le ricordo che il suo cliente è stato eletto con i voti della camorra. Voi non avete alcun rispetto della vita umana!””.

Concludo: Esempi che provano come, in questa sempre grande Italia, esponenti del settore pubblico operanti nella Magistratura, ma questo è valido anche per molteplici altri ambiti della Pubblica Amministrazione, nessuna esclusa, abbiano continuato a percorrere, con animo libero da preoccupazioni (“serenamente, pacatamente” direbbe Veltroni;”sobriamente”, Monti), la strada che li conduce in alto, molto in alto, magari con gli applausi dei “lieto pensanti” sino alla meritata pensione, certi come sono che gli errori eventualmente commessi nell’esercizio delle loro funzioni non possano in alcun modo minacciare la progressione di una fortunata pilotata carriera… Dobbiamo anche sostenere, per tornare all’ambito giustizia, come prima trattato, che a nulla è servito il voto degli italiani al referendum radicale che nel 1987 proponeva la responsabilità civile del Magistrato in caso di colpa grave; infatti, qualche mese dopo, il Parlamento ha varato una legge tuttora in vigore che ammette il risarcimento solo in casi eccezionali e comunque a carico non del Giudice ma dello Stato, quindi a spese nostre…Domanda: DOVE ERAVAMO RIMASTI?..DOVE ANDREMO A FINIRE..? Avendo prima ricordato il mio valoroso Brigadiere Domenico Celiento sento il dovere in Sua memoria e per rispetto ai Suoi familiari ricordarlo.. Su mia disposizione conduceva indagini sulle estorsioni nel quartiere Sanità, e in tale contesto oltremodo difficile per il clima di omertà, aveva proceduto in appena tre mesi all’arresto di ben dieci delinquenti, mentre già si delineava il coinvolgimento di elementi di spicco del clan camorristico dominante di Forcella. Di carattere generoso ed espansivo, ma diffidente e riservato nelle cose di lavoro, sorretto da valida preparazione professionale ed animato dai migliori sentimenti di attaccamento al dovere, lavorava senza guardare l’orologio, mai sottraendosi ai servizi più gravosi e pericolosi; parlava solo e giustamente con il suo Capitano…. Non passò molto tempo, purtroppo, che si arrivò a quel maledetto 28 aprile 1983, quando di prima mattina sulla Circonvallazione di Casoria ci fu l’ agguato al valoroso Sottufficiale. Due autovetture, con killer a bordo, lo  fermarono per colpirlo a morte; morte che sopravvenne il giorno dopo all’ Ospedale Nuovo Pellegrini, per la sua forte fibra…

 

articolo del Generale Vacca già pubblicato su Attualità.it a seguito di un intervento apparso su Il Dubbio

Dalla “Tragedia” alla “Memoria”:
la ferita ancora aperta della seconda guerra mondiale

IN PATRIA, o dove caduti, tutti i soldati
ritrovano la pace
e una onorevole sepoltura

GOLFO DEL CARNARO, dopo 74 anni, nella seconda settimana del corrente mese di maggio sono stati effettuati degli scavi presso una fosse comune localizzata attorno al perimetro esterno del cimitero di Ossero, piccolo paese sito in prossimità di un sottilissimo istmo che riuniva anticamente Cherso (in latino e in lingua dalmatica Crepsa) e Lussino (Lussin in veneto): in epoca romana erano una sola isola, i latini poi le separarono scavando la sottile lingua di terra realizzando il canale denominato della Cavanella. Si facilitavano così le comunicazioni delle navi romane dall’Istria verso la Dalmazia. Le due isole sono di fatto ancora collegate con un ponte girevole. Oltre il lembo di terra di Lussino si trova, appunto, il borgo di Ossero.

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Cuba, culti magia e politica

         A Cuba, con Fidel Castro, il fenomeno del comunismo sembrò ricalcare alcuni riti culti e magie che accadevano già nella Cuba di Batista. Oggi il fascino di Cuba e della rivoluzione cubana non è più emanato dall’ideologia o sostenuto dal sostegno internazionale, piuttosto si basa sulla carica umana di parte della sua popolazione.

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