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Sdijuno abruzzese, la storia del pasto tradizionale dei contadini

di Michela Becchi via gamberorosso.it

È stato recentemente definito un elisir di lunga vita dai ricercatori dell’Università di Teramo, ma lo sdijuno abruzzese esiste da sempre. Una sorta di aperitivo ante litteram, pasto di metà mattino a base dei prodotti semplici del territorio, quelli della tradizione contadina: un po’ di formaggio, una fetta di pane, qualche uova con le verdure. Sdijuno, perché in grado di lasciare il corpo a digiuno per diverse ore, sostenendo così i lavoratori nelle campagne, una merenda abbondante che da secoli rappresenta il pasto portante dell’intera giornata e che la scorsa estate è stata oggetto dello studio “Centenari”, un’indagine sulle abitudini alimentari della popolazione abruzzese tra i novanta e i cento anni.

Un rituale del passato che persiste ancora oggi fra le persone anziane, come ha spiegato Mauro Serafini, docente di alimentazione e nutrizione umana alla facoltà di Bioscienze dell’università di Teramo: “Lo sdijuno è una tradizione che rimane, il primo pasto abbondante della giornata”. Da consumare dopo una colazione leggera, attorno alle 11 del mattino, per garantire all’organismo “un periodo di digiuno di circa 14/16 ore”. Un’abitudine alimentare del passato che è perfettamente in linea con le più recenti ricerche scientifiche, “che hanno evidenziato l’importanza di concentrare i pasti della giornata, ma soprattutto di limitare l’apporto calorico la sera, quando il metabolismo rallenta”, ha aggiunto Serafini.

Si tratta quindi di un modello salutare, “in grado di spiegare, insieme a fattori ambientali, nutrizionali e genetici, la longevità abruzzese”. Sono infatti più di 150 i Comuni con un alto tasso di longevità, quasi tutti localizzati nelle aree interne contigue ai Parchi del Gran Sasso, della Majella e alla Marsica. Luoghi dove i ritmi di vita lenti e cadenzati non hanno ceduto il passo a quelli serrati di oggi, borghi fermi nel tempo dove gli anziani continuano a rispettare il rito dello sdijuno, concedendosi una ricca merenda di metà mattina, per concludere poi la giornata con una cena leggera.

Pane e olio

Ma cosa si mangia durante lo sdijuno? Pane onde (pane e olio), formaggio, salame ma anche pipidune e ove, i peperoni con le uova strapazzate cotti in padella, oppure pizza e foje, una pizzetta di granoturco cotta sotto il coppo, coperchio di ferro utilizzato per cuocere gli alimenti alla brace o direttamente nel camino, accompagnata da cicoria selvatica o casigne, ovvero il crespigno, pianta che cresce spontanea del territorio.

 

Frittata con i peperoni

Ma anche uova al sugo o frittate, come ha raccontato ai ricercatori Carina, nonna di 90 anni di Collecorvino, in provincia di Pescara: “Intorno alle 10,30/11 arrivava il piatto più importante del giorno, che consumavamo direttamente all’aria aperta, nei campi. Un pasto unico ipercalorico composto da pane, formaggio, prosciutto, uova al sugo, frittate coi peperoni, minestra, tagliatelle fatte in casa in brodo, vino. Ci bastava per il resto delle 24 ore”. A cena, pochi alimenti, “al massimo qualcosa di frugale poco prima del tramonto: un’insalata, qualche verdura. E poco dopo a letto”. I dolci? “Al bando. E continuo a onorare questo rito anche oggi, che passo le mie giornate a casa”.

 

 

 

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