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“Sull’Etica e l’Economia”
Lectio Magistralis del Prof. Valerio Malvezzi

SULL’ETICA E L’ECONOMIA

RIFLESSIONI di VALERIO MALVEZZI*

Mi rivolgo, come uomo qualunque, ai grandi della terra, nel dubbio che mai, essi, ascolteranno queste parole. Chiunque di noi può vedere dove siamo arrivati. Siamo giunti a ritenere normale che ci siano poveri per le strade, che ci siano anziani senza soldi per le cure, che ci siano bambini non nati. Esiste, nel mio Paese, una correlazione inversa tra la fertilità delle donne e il livello degli interessi pagati storicamente al sistema bancario privato per il debito pubblico.

Abbiamo dimenticato di dire alla gente che, per creare denaro, è sufficiente premere un bottone. Ma, per creare un essere umano, quel gesto non basta. Una società che sostituisce, con un pensiero, bambini con interessi, non produce un mondo fruttifero. Si fa credere alla gente, a tutta la gente, che manchino i soldi per fare le cose. Questo pensiero, assurdo – dato che i soldi sono un pensiero dell’uomo – muove ormai il mondo.

Esiste un pensiero unico, in economia, da decenni, che voi avete accolto, come unico faro dell’agire dell’uomo. A questo pensiero avete uniformato l’azione politica, al punto che essa è ormai subordinata e schiava all’agire di quello che esso fa ritenere qualcosa di supremo, superiore e imparziale: i cosiddetti liberi mercati. Con tale termine, in realtà un ossimoro, sono stati resi schiavi milioni di persone. La nostra vita, da decenni, è incentrata ormai a una sola meta – l’accumulazione della ricchezza – che di essa stravolge il senso, sostituendo con il significato di capitale il più ampio concetto di valore. Da decenni, in quasi tutte le università del mondo occidentale, si insegna l’economia in termini di modello predatorio. La cultura, parlando più in generale, presenta questa materia come qualcosa di oggettivo, di scientifico e di indiscutibilmente imparziale modello. Questo colossale inganno globale ha condotto i governi a fidarsi di uno ed un solo pensiero, quello neoliberista, che nelle sue innumerevoli applicazioni legislative pratiche ha avuto lo scopo di trasferire la ricchezza dai poveri ai ricchi.

In questo senso, è stato efficiente.

Viene da chiedersi se tutto ciò che ne è disceso, in termini di cambiamento culturale collettivo, derivante dall’avere occupato, da parte dei potentati finanziari ogni fonte di informazione, sia un bene o un male. Naturalmente, questo modo di porre la questione sembra oggi puerile. La ragione è che hanno fatto credere alla gente che l’economia sia avulsa dall’etica. Al contrario, per millenni così non è stato; prova ne sia il fatto che, per quasi tutta la storia dell’uomo, i più grandi economisti erano, inizialmente, filosofi morali. Solo negli ultimi decenni una operazione molto scaltra di sostituzione di valori di soggettività con altri di presunta oggettività è riuscita a ribaltare la dimensione stessa della storia. Nelle scuole, nei dibattiti televisivi, nella cultura di ogni genere, dalla scienza allo sport, si insegnano valori improntati all’efficienza. Nei modelli, si dice che ciò che conta è la massimizzazione del risultato e che non sia possibile produrre leggi che spostino quel punto di massimo se non alla condizione di non danneggiare altri beneficiari. Naturalmente, tutto il gioco è costruito per portare il mondo intero alla logica della massimizzazione e della presunta efficienza. Tutti, sin da bambini e per tutta la vita, sono educati alla logica della supremazia del più forte sul più debole, della vittoria del più colto sul più ignorante, della remunerazione più alta del più spietato sul più ingenuo. Non vi è dubbio alcuno che questa logica di pensiero unico, che a livello di Stati si conduce su variabili economiche che poi diventano i modelli economici predatori, le esportazioni, le guerre commerciali e i dazi, sia efficiente. Infatti, come le analisi statistiche insegnano, ha trasferito la ricchezza del mondo da molti a pochi privilegiati; i più forti, i più veloci, i più spietati.

Che sia efficiente, in termini di selezione predatoria della specie umana, appare indubitabile. La domanda, forse irrituale e antistorica, almeno nel modello di società attuale, è: ma è giusto?

Voi, grandi uomini della terra, dovreste porvi questa domanda puerile, quando ascoltate i grandi economisti che hanno disegnato il destino dell’uomo. Dovreste chiedervi se il fine della società sia accumulare ricchezza materiale o valore. Potreste interrogarvi sul significato di impresa, e se questa sia compatibile o meno con la dimensione etica. Potreste perfino riconoscere che il sistema finanziario stesso, compreso le banche, sia fatto di imprese, il cui fine non può essere – dato che sposta enormi ricchezze – soltanto economico, ma anche sociale. Aver supposto che tutta la dimensione economica del mondo non debba più rispondere alla sfera morale, nel momento in cui indubitabilmente l’economia non è un fatto privato ma sociale, poiché si determina negli scambi, è stato un arbitrario cambiamento del modo di pensare, a livello planetario, fatto ai fini sopra indicati. Abbiamo così ricondotto tutto il mondo a un enorme bilancio, fatto di dare ed avere, e non più di essere. Abbiamo pensato che ogni iniziativa umana sia valutabile in termini di rating finanziari, che misurano solo i ritorni di matematica finanziaria, ma non quelli di felicità umana. Abbiamo ritenuto che la crescita della nostra società sia subordinata ai nostri stessi limiti mentali, fatti di barriere inesistenti in natura ma di grezzi algoritmi della mente, elevati a principi inviolabili, per quanto irreali. Abbiamo dimenticato che esiste una dimensione parallela, etica, del vivere civile, che risponde sempre alla dimensione del giusto, e non del sostenibile.

I più sono ormai convinti che pensare in termini di giustizia sia un lusso insopportabile. Così, riducendo il pensiero umano al primato della lotta per ciò che è limitato, abbiamo dimenticato che qualsiasi cosa sarebbe possibile, compreso la piena occupazione, la salute collettiva e la fine delle guerre, se solo lo volessimo.

Per quanto questa cosa vi appaia semplicemente utopica, vi ricordo che lo sviluppo del mondo è stato generato, per millenni, non certo dal denaro, che è qualcosa di impalpabile come la fiducia sulla quale si basa quella convenzione. Al contrario, esso è stato generato sempre dal pensiero umano che, essendo illimitato, non può, per definizione, avere confini. Vi esorto quindi, grandi della terra, ad abbandonare l’idea che l’economia debba essere avulsa dal giudizio morale, poiché ciò che ha spostato avanti continuamente quei confini è stato solo il pensiero umano. Quella è la nostra unica ricchezza, di inestimabile valore. Esiste una nuova frontiera dell’economia, data dall’arrivare a concepire un mondo in cui ciò che si deve fare è generare ricchezza etica. Il fatto che tale frontiera non sia stata, ancora, scoperta, non mi porta a ritenere che essa, dipendendo solo dal nostro comune pensiero, non esista e non sia misurabile.

Dovete solo ragionare, per vederla, in modo nuovo: in termini di valore etico, non di moneta

 * Professore a contratto di Comunicazione Finanziaria Banca Impresa, Università di Pavia, e cofondatore Win The Bank

 

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Tale documento è stato esposto dall’ autore nel corso del Convegno: “LA SOVRANITA’ TORNI AL POPOLO:  Rilancio e sviluppo dell’ economia nazionale” svoltosi presso la Sala Anec dell’Agenzia Generale di Roma della ZURICH  Assicurazioni venerdì 21 settembre, in occasione della presentazione di un libro dell’ Avv. Antonio Pulcini.  La Consul Press, presente a tale Convegno, ha già pubblicato nei precedenti giorni Auriti_sovranita_economicauna breve sintesi ed alcuni interventi sul proprio sito internet, dichiarando altresì la propria adesione a sottoscrvere il Documento in oggetto. Ciò a seguito della propria totale condivisione su tali tamatiche, sia per aver sempre creduto nella funzione sociale dell’ Impresa, sia per aver sempre ritenuto l’ Uomo al centro di ogni processo lavorativo e produttivo, nonchè nella supremazia della Politica (quella con la “P Maiuscola” nei confronti dell’ Economia. Già a suo tempo, nelle sue precedenti edizioni cartacee, sono stati pubblicati scritti ed interventi dell’ indimenticabile Prof. Giacinto Auriti – Docente universitario, studioso serio ed appassionato sui problemi monetari, nonché un vero Gentiluomo –  che io ho avuto l’onore di conoscere anche perdonalmente.  (Giuliano Marchetti)