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Un “Eroe” a Horafelix: Guido Romanelli

Pariodando Brecht ….
“Miserabili quei Popoli che non hanno bisogno di eroi ! “

post una serata presso il Caffè Letterario Horafelix,  
una riflessione di MARILU’ GIANNONE  

La definizione di eroe spesso trova confusioni: l’eroe non è un calciatore, un personaggio manga o fumetto, qualche protervo cowboy che interrompe di accudire le vacche per vincere pericolosamente i “musi rossi”. Eroe è il figlio di Hera, un figlio della Dea delle possibilità o Grande Madre che a dir si voglia. L’eroe è un uomo che fa un’azione eccezionale, compromettendo talvolta la sua esistenza o la fede in sé.

Tutti si dilungano, giustamente, a parlare di Perlasca, ma, per quel che riguarda il lungo cammino d’Italia e di Europa per l’Unità Nazionale, Perlasca non è l’unico benefattore, ma è un uomo che ha seguito i passi di Guido Romanelli, militare per missione (già dall’età di 8 anni aveva scelto di esserlo) ed indomito difensore dei deboli, soprattutto quelli minacciati da dittatori del calibro di Béla Kuhn.

La Prima Guerra Mondiale lo trova a combattere, così come sarà per la Seconda, ma dopo l’esito della prima, visto il coraggio e la sagacia, il 1919 va in Ungheria con la nomina di Delegato Militare d’Italia, e tiene alto tutto il donario di valori tipici italiani, giungendo a mettere ed a tenere sotto scacco Béla Kuhn, dittatore bolscevico di nazionalità ungherese, ma nemico e vessatore del suo popolo. Guido Romanelli in breve tempo è noto e stimato sia dai commilitoni, sia dagli ungheresi, che gli esprimeranno più volte ammirazione per aver difeso i connazionali, ed infine gli concederanno la “Spada d’Onore Ungherese”, un’altissima onorificenza, per aver salvato i Cadetti della elitaria scuola militare Ludovika,  ragazzi destinati ad essere uccisi dal rivoluzionario Kuhn.

A fermare il prosieguo dell’attività profondamente umana di Romanelli non è nessun magiaro, nè russo o romeno: è l’invidia delle alte cariche rimaste al quieto, finito il Secondo Conflitto, al Comando italiano, forse timorose di vedere un prolungarsi dell’attività bellica da parte delle Nazioni vincitrici tese a spartirsi le terre d’Europa, o addirittura la scelta di Guido come capo nel caso impossibile di una destinazione “occidentale” dell’Ungheria.

Guido Romanelli, con profondo rammarico, torna in Italia, da militare agli ordini che non si discutono, ed è destinato in Spagna, per tornare infine molti anni dopo a Budapest, come Presidente della Banca italo-ungherese.

Nessuno racconta queste cose ai ragazzi, non c’è traccia di Romanelli nei testi scolastici: è la “damnatio memoriae” perpetrata dai vincitori, che non fanno né citare né leggere l’omaggio di Romanelli alla sua terra o le parole piene di rispetto, di coraggio, di tranquilla fiducia contenute nella sua corrispondenza e nel diario: “La mia missione”. Non un rimprovero, non un gesto di contrasto….. A modo suo, ha vinto.

E’ sperabile che l’Italia ne prenda atto e diffonda la sua storia vera, quella appresa e scritta da gente libera, da storici senza inchino e spazzola da “sciuscià”. Dicono che si abbia fatto firmare l’Armistizio con l’ordine di sperdere ai quattro venti i brani della identità italiana. Meditate, gente, meditate. E, Santo Iddio, reagite: altro che legittima difesa!