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XX Settembre 1870: sogno e realtà

IN OCCASIONE  E IN RICORDO DEL 150° ANNIVERSARIO 

Considerazioni e Riflessioni a cura di
ALESSANDRO PUBLIO BENINI

Alle prime luci del giorno l’Artiglieria di Cadorna apriva il fuoco, sulle mura adiacenti la porta Pia. In meno di due ore la Città eterna era espugnata. Sono trascorsi, dal 20 settembre 1870, centocinquanta anni, in cui il giovane Regno d’Italia aveva, finalmente realizzato il sogno di ROMA CAPITALE. Un sogno di tutti coloro che, per l’Unificazione Nazionale, avevano sacrificato la vita.
Dopo oltre sedici secoli, il potere temporale e la monarchia assoluta dei Pontefici, scomparivano dalla geografia politica d’Europa.
Si era concluso un lungo periodo di arbìtri e miserie, segnando la fine di un Regno teocratico tra i più retrivi del mondo in un tempo in cui la società occidentale faceva passi da gigante nel campo tecnico e scientifico, un governo papale che immobilizzava la città che fu imperiale, in una esistenza fondata su oscurantismo e su una nefasta economia basata sulla mera sussistenza e sulle elemosine.

L’Urbe, che fu Imperiale, era popolata, alla vigilia della conquista italiana, da circa cento ottanta mila abitanti suddivisi tra una plebe riottosa e superstiziosa e una debole ed asservita borghesia, e sopra tutti una Curia ed una nobiltà anacronistiche e spesso corrotte. 
Per il giovane Regno d’Italia  si apriva un orizzonte di crescita economica e sociale: gli ultimi trenta anni del diciannovesimo secolo trasformarono l’immobilità romana  i un grande cantiere di modernità e di affari.

Ma era poi reale questa perdita di carisma e il relativo potere del Papa? 
Se analizziamo quello scorcio di secolo dove già la Curia Romana, attraverso la legge delle Guarantigie, si era assicurata la possibilità di una generosa assistenza finanziaria, rileviamo come il potere temporale. Privo solamente del nome, non è scomparso nella sua reale essenza.

Con il “Patto Gentiloni”, nei primi undici anni  del nuovo secolo, la diplomazia Vaticana ruppe tutti gli indugi concedendo ai Cattolici di partecipare attivamente alla politica della Nazione; in questo clima di apertura, dopo lo strappo di Porta Pia, la Santa Sede tornò ad essere il baricentro della attività politica non solo italiana. 
La salita al Soglio Pontificio di uomini particolarmente capaci di incidere nella Storia e nella vita della stragrande maggioranza dei cattolici italiani ed europei, aprì la strada per il Concordato tra Stato e Chiesa del 1929.

Questo trattato oltre a garantire l’intangibilità della città Leonina, concedeva una lunga serie di benefici economici ed altrettante esenzioni fiscali su una quantità di edifici adibiti al culto, il riconoscimento della fede Cattolica come Religione ufficiale dello Stato Italiano. 
Con questo inizio concordatario riprese pienamente l’indiscussa autorità del Pontefice sul territorio Nazionale. E’ quanto vediamo ogni giorno, secondo le molteplici vicende economico-politiche che, inevitabilmente, nel bene e nel male, legano la Santa Sede alla Nazione italiana.

Solo negli ultimi anni il favore dei fedeli si è, prima impercettibilmente, poi con maggior evidenza, affievolito nei riguardi della Chiesa di Roma forse non più capace di vivificare quel senso di appartenenza e di identità così necessario nella conservazione della Fede: si potrebbe avanzare, con tutti i limiti della non conoscenza delle segrete cose , una disaffezione nei riguardi della popolazione italiana non considerata meritevole quanto i profughi e gli emigranti di ogni parte del mondo.
Non molto tempo addietro lo stesso Pontefice, più vicino alla “Teologia della Liberazione“ che non ai tradizionali, universali, dettami della Chiesa Cattolica, Apostolica Romana ebbe modo di dichiarare pubblicamente quanto desidererebbe un’Italia “Meticcia”.


Alessandro P. Benini

Esperto di Finanza e di Storia dell'Economia.

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