25 ottobre 2025, Giornata Mondiale della Pasta
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Gustando e Saporando, Made in Italy.
25 ottobre, Giornata mondiale della pasta (World Pasta Day): il passato, il presente e il futuro di un’icona italiana.
Un’occasione che va ben oltre il gesto quotidiano di cucinare: è un tributo alla cultura, all’identità e al lavoro di milioni di persone che, da secoli, fanno della pasta non solo un alimento, ma un simbolo di civiltà.
Il passato – Quando la pasta era un gesto sacro
La storia della pasta è, prima di tutto, una storia di umanità e di misura.
Dalla Sicilia araba del XII secolo alle corti rinascimentali, la pasta ha accompagnato l’evoluzione di un popolo che faceva della semplicità un’arte e della lentezza un valore.
Nel dopoguerra, divenne il simbolo dell’Italia che si rialzava, un Paese che trovava nella farina e nell’acqua una metafora della propria rinascita.
Ogni formato raccontava un territorio, un dialetto, un modo di stare insieme. La pasta non era ancora “industria”, ma identità: un gesto sacro ripetuto ogni giorno nelle cucine familiari, dove il tempo era scandito da mani che impastavano e da misure e pesature fatte a occhio.
Il presente – Globalizzazione, mercato e identità
Oggi la pasta è ovunque. Ma l’universalità è stata ed è anche la sua sfida più grande.
L’Italia resta il primo produttore e consumatore mondiale: oltre 3,6 milioni di tonnellate prodotte nel 2022 e più di 2,4 milioni esportate.
Un record che conferma la leadership di una filiera ancora straordinaria, ma sempre più sotto pressione.
Il consumo interno resta alto – circa 23 kg a persona – ma la vera partita si gioca sui mercati esteri: Stati Uniti, Giappone e Medio Oriente rappresentano ormai i principali poli di crescita.
Parallelamente, la pasta si trasforma: senza glutine, proteica, integrale, vegana, e in mille varianti “funzionali”.
È l’effetto del tempo: nuovi consumatori, nuove mode alimentari, nuove sensibilità. Ma anche il rischio di una perdita di identità.
Quando tutto diventa “pasta”, nulla è più “italiano”.
Eppure, proprio nella fase più competitiva della globalizzazione, la pasta conserva la sua forza: unisce, rappresenta e comunica un’idea di mondo fondata su equilibrio, libertà e armonia — valori profondamente occidentali.
Le sfide – Difendere la filiera e l’anima del prodotto
La pasta italiana oggi si trova di fronte a tre grandi sfide.
1. La guerra del grano
L’instabilità geopolitica, dalla guerra in Ucraina alle tensioni sui mercati canadesi, ha inciso pesantemente sui costi delle materie prime.
L’Italia resta dipendente dalle importazioni di grano duro, con una quota di autosufficienza inferiore al 70%.
Per quanto i dati diffusi a Foggia nell’ambito dei Durum Days, attesta che la produzione nazionale di grano duro, per l’annata agraria 2024-2025, è stimata in aumento di circa il 20% rispetto al 2024 e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. (CIA)
Difendere la pasta significa, prima di tutto, difendere il grano, cioè la materia prima da cui tutto nasce.
L’autonomia nella produzione di grano non è solo una questione agricola, ma di sovranità nazionale. Dipendere dall’estero per il bene primario da cui nasce il pane significa esporsi a vulnerabilità geopolitiche e speculative che minano la stabilità economica e alimentare di un Paese.
Non solo: in Italia, molte sostanze chimiche e pesticidi utilizzati all’estero sono vietati per legge: questo garantisce una qualità intrinseca superiore, più sicura e naturale. È un vantaggio competitivo reale, che rende i prodotti italiani sinonimo di purezza, autenticità e rispetto per la salute. Tutto questo va saputo comunicare e far comprendere che acquistare italiano vuol dire avere cura della propria salute prima ancora che deliziare il palato.
2. I costi di produzione e la competizione globale
Energia, logistica, burocrazia e frammentazione produttiva rendono difficile competere con paesi come Turchia, USA o Canada, dove i costi sono più bassi e le filiere più verticali.
Nel contesto attuale stiamo assistendo a un ritorno al protezionismo, talvolta espresso da dazi apertamente elevati e talvolta “nascosto” tramite normative regolatorie complesse.
Serve una preparazione, visione strategica e intraprendenza, che sappiano unire l’artigianalità con l’efficienza, per costruire un modello sostenibile ma competitivo e soprattutto capace di fare utili importanti.
3. Il rischio di neutralizzazione culturale
La pasta, svuotata di identità, rischia di diventare una semplice “commodity”: un bene primario standardizzato, cioè un prodotto fungibile (intercambiabile) che ha lo stesso valore ovunque venga venduto, indipendentemente da chi lo produce.
In molte catene internazionali è già accaduto: si parla di calorie e proteine, non più di territorio o di civiltà.
Difendere la pasta, oggi, significa difendere la libertà di appartenere a un mondo che riconosce ancora il valore delle sue radici.
Non è solo una battaglia di marketing, ma di cultura economica.
Il futuro – Il Rinascimento della Pasta
Ogni epoca di crisi nasconde un’opportunità.
Nel caso della pasta, il futuro può essere straordinario, a patto di guardarlo con una visione nuova.
1. Il ritorno alla tracciabilità e ai grani identitari
Le tecnologie digitali permettono oggi una trasparenza assoluta di filiera.
Chi esporta verso gli Stati Uniti o l’Australia può raccontare, in tempo reale, la provenienza del grano, il metodo di lavorazione, la filosofia del produttore.
È il modo più diretto per riportare la pasta dentro una dimensione di fiducia e autenticità.
2. I mercati premium e il gusto occidentale
Il mercato americano, in particolare nel segmento gourmet e boutique food, è sempre più attratto da storie autentiche e prodotti di valore.
In Texas, Georgia e Florida stanno nascendo catene di ristoranti e concept store che cercano prodotti “real Italians, real Americans”: qualità, bellezza e radici comuni.
Qui la pasta torna ambasciatrice culturale: ponte fra due civiltà occidentali che si riconoscono.
3. L’innovazione nella tradizione
Non si tratta di scegliere tra “pasta classica” e “pasta moderna”, ma di integrare.
Grani antichi, metodi artigianali, formati rapidi da cuocere, pack sostenibili e design contemporaneo:
il futuro della pasta è nell’armonia tra tecnologia e bellezza, esattamente come la sua ricetta originaria.
Una visione per l’Occidente
In un mondo che corre verso l’omologazione culturale, la pasta rappresenta una forma di resistenza pacifica.
È la prova che la semplicità può generare eccellenza, che la tradizione può convivere con il progresso e che l’identità può sopravvivere al mercato globale.
Difendere la pasta non è solo una questione gastronomica o economica: è una battaglia di civiltà.
Difenderla significa preservare il diritto di ogni popolo occidentale a esprimersi attraverso il proprio cibo, la propria arte e la propria libertà produttiva.
Un piatto di spaghetti, in fondo, è molto più di ciò che sembra: è una dichiarazione di appartenenza.
Conclusione – La pasta come ponte tra memoria e futuro
Finché ci sarà qualcuno che impasta con le mani, misura con gli occhi e cucina con amore, la nostra civiltà non avrà perso sé stessa.
Il 25 ottobre, Giornata mondiale della pasta, non è soltanto un appuntamento simbolico, ma un’occasione per ricordare chi siamo e cosa vogliamo difendere: la libertà di produrre, creare e tramandare bellezza anche attraverso ciò che mangiamo.