
Italia Protagonista della Salute 2030
Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in Salute e Sanità.
A cura di Ottavia Scorpati
Dalla marginalità clinica a paradigma di innovazione sistemica: il campo delle malattie rare si impone oggi come uno dei motori più potenti di trasformazione globale, capace di ridefinire le coordinate della sanità, della giustizia sociale, dello sviluppo economico e della cooperazione internazionale. Con oltre 7.000 patologie note e circa 30 milioni di persone colpite solo in Europa (dati Orphanet), queste condizioni non sono più un capitolo minore della medicina, ma il punto di partenza per costruire un nuovo modello di società. Le malattie rare si configurano come una lente interpretativa avanzata attraverso cui comprendere la complessità del nostro tempo, un laboratorio di frontiera dove si sperimentano soluzioni che anticipano il futuro della salute pubblica.
Il passaggio cruciale è culturale e terapeutico: si sta affermando un nuovo patto tra cittadini, istituzioni e comunità scientifica, in cui la persona con malattia rara non è più solo paziente, ma soggetto attivo e consapevole, parte integrante dei processi decisionali. L’Unione Europea e l’EMA hanno promosso linee guida che rafforzano il coinvolgimento dei pazienti nella ricerca clinica, riconoscendo il valore del sapere esperienziale come leva per orientare diagnosi, trattamenti e priorità di investimento. In questa prospettiva, la condivisione aperta dei dati, l’accesso all’innovazione terapeutica e l’alfabetizzazione scientifica non sono solo diritti fondamentali, ma condizioni necessarie per costruire un sistema sanitario equo, trasparente e sostenibile.
Tuttavia, la complessità crescente delle tecnologie e l’elevato livello di specializzazione richiesto rischiano di generare nuove disuguaglianze, soprattutto a livello territoriale, digitale e cognitivo. La sfida è quella di garantire che l’innovazione non diventi un nuovo strumento di esclusione, ma un’opportunità concreta per ridurre i divari. Lo sottolineano anche l’OMS e il Piano Nazionale Malattie Rare: serve una governance capace di garantire universalità dei diritti e accompagnamento sociale, soprattutto per le famiglie più fragili. In questo senso, il ruolo della medicina di prossimità, della rete dei centri di riferimento e della digitalizzazione del sistema sanitario diventa cruciale.
In questo scenario, l’Italia si distingue come piattaforma avanzata di sperimentazione e cooperazione. La promozione della risoluzione ONU del 2021 – “Addressing the Challenges of Persons Living with a Rare Disease and their Families” – di cui è stata tra i principali promotori, ha segnato una svolta storica: le malattie rare sono entrate a pieno titolo nell’agenda globale per lo sviluppo sostenibile, come questione non solo clinica, ma anche di diritti, inclusione e giustizia. L’Italia, con la sua rete di IRCCS, enti regolatori, imprese biotecnologiche e associazioni di pazienti, rappresenta un modello replicabile a livello internazionale e un hub strategico nel quadro delle European Reference Networks.
La salute delle persone con malattie rare diventa così anche un tema di diplomazia sanitaria. In un mondo segnato da pandemie, conflitti e diseguaglianze crescenti, tutelare i diritti di chi vive con una patologia rara significa rafforzare la fiducia tra gli Stati e costruire alleanze multilaterali fondate su solidarietà, trasparenza e cooperazione etica. L’Italia ha l’opportunità – e la responsabilità – di consolidare una leadership internazionale capace di tradurre l’innovazione biomedica in diplomazia umana.
Il settore delle malattie rare è anche un volano economico ad alto valore aggiunto. Secondo CREA Sanità e OSSFOR, gli investimenti in ricerca e sviluppo sui farmaci orfani in Italia crescono del 7% annuo, alimentando un ecosistema industriale tra i più dinamici d’Europa. Le sinergie tra pubblico e privato, università e start-up biotech stanno trasformando il nostro Paese in un centro di eccellenza per la medicina personalizzata e le biotecnologie, con importanti ricadute occupazionali, attrazione di capitali esteri e trasferimento tecnologico. La portata di questa crescita è globale: uno studio pubblicato su Frontiers in Public Health stima in oltre 500 miliardi di dollari il costo annuo delle malattie rare, tra cure, perdita di produttività e impatti sociali. Intervenire su questi ambiti significa non solo migliorare la qualità della vita, ma ottimizzare l’intero sistema economico e sanitario.
Sul piano scientifico e tecnologico, l’investimento nelle malattie rare è un potente acceleratore dell’economia della conoscenza. Intelligenza artificiale, real world data, genomica, medicina predittiva: le soluzioni sviluppate per rispondere a bisogni altamente specifici stanno rivoluzionando il paradigma della cura. Diagnosi più precoci, terapie personalizzate, prevenzione integrata e gestione intelligente delle cronicità riducono i ricoveri, migliorano gli esiti clinici e liberano risorse pubbliche, in linea con le raccomandazioni dell’OCSE sulla sostenibilità dei sistemi sanitari.
Uno degli elementi più rivoluzionari di questo scenario è la crescente partecipazione civica. Le reti associative italiane ed europee, come UNIAMO ed EURORDIS, sono oggi interlocutori istituzionali riconosciuti, capaci di incidere sulle agende pubbliche e orientare le politiche di ricerca. La campagna globale “Raro è molti. Raro è forte. Raro è orgoglioso!”, sostenuta da oltre 100 Paesi, ha mostrato la forza dell’advocacy collettiva come strumento di trasformazione culturale e politica. L’Italia, con il suo denso tessuto di associazioni e fondazioni, è un laboratorio avanzato di democrazia sanitaria e partecipazione attiva, in cui il cittadino-paziente è co-creatore di valore pubblico.
Questa dinamica partecipativa si inserisce in un contesto più ampio di revisione dei modelli economici. Le malattie rare mettono in discussione la dicotomia tra spesa pubblica e profitto privato, proponendo un nuovo paradigma di valore condiviso, dove salute, innovazione, inclusione sociale e sostenibilità ambientale coesistono in un equilibrio virtuoso. Come evidenziato anche dall’European Alliance for Value in Health, si tratta di passare da una sanità centrata sul costo a una sanità orientata agli esiti, capace di misurare impatti reali sulla vita delle persone e sulla resilienza dei sistemi.
Guardare alla salute attraverso il prisma delle malattie rare significa quindi abbracciare una visione radicalmente nuova del futuro. Se sapremo garantire diritti, innovazione e partecipazione a chi ha bisogni spesso invisibili, allora sarà possibile estendere quel modello virtuoso a tutta la popolazione. Le malattie rare rappresentano un’occasione unica non solo per migliorare la vita di milioni di persone, ma per costruire una sanità giusta, inclusiva e orientata al bene comune. L’Italia, forte della propria esperienza e della sua capacità di alleanza tra attori diversi, può guidare questo cambiamento con coraggio e visione. Verso il 2030, la sfida è chiara e necessaria: fare della salute un diritto universale, della partecipazione un principio fondante, dell’innovazione una leva di equità, e della cura un bene comune globale.