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Geoeconomia e Potere Farmaceutico

Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in .

A cura di Ottavia Scorpati

Come la Politica delle risorse, la crescente influenza delle multinazionali e le dinamiche autoritarie stanno ridefinendo l’equilibrio economico mondiale, tra crisi dei diritti umani, conflitti globali e l’emergere di nuove alleanze strategiche, con focus su Asia, Europa e il dominio delle energie.

Nel contesto globale contemporaneo, l’interconnessione tra economie, politiche e diritti umani si fa sempre più complessa e stratificata. Le risorse naturali, il controllo delle tecnologie avanzate e l’influenza delle multinazionali sono al centro di una nuova geoeconomia, dove potenze emergenti come la Cina, la Russia e i paesi dell’Asia orientale ridefiniscono le alleanze e le priorità geopolitiche. In parallelo, l’Occidente appare sempre più incapace di rispondere a queste sfide, esponendo le disuguaglianze e la frammentazione sociale e politica che ne derivano. La crisi dei diritti civili, la crescente polarizzazione economica e l’uso strategico dell’energia e delle risorse naturali emergono come i principali temi di scontro tra le potenze, in un gioco di equilibri e rivalità che sembra destinato a plasmare il futuro prossimo dell’economia e della politica mondiale.

La fine della Guerra Fredda aveva promesso un mondo sempre più interconnesso, dove il libero scambio, la democrazia e i diritti umani avrebbero dovuto trionfare. Tuttavia, tale visione è diventata sempre più irrealizzabile, con il consolidarsi di un ordine mondiale in cui i diritti fondamentali vengono minacciati da regimi autoritari che consolidano il loro potere attraverso l’erosione delle libertà civili. Paesi come la Cina, la Russia e, in alcuni aspetti, anche il Brasile e l’India, sono stati capaci di bilanciare le loro politiche interne autoritarie con alleanze strategiche che ne rafforzano il potere geopolitico. In altre parole, la crisi dei diritti umani, la repressione della società civile e il crescente controllo centralizzato da parte degli Stati non sono fenomeni isolati, ma sono intrecciati con un progetto geopolitico che cerca di ridefinire l’ordine mondiale in termini di sovranità nazionale e autonomia economica.

Il ritorno di governi autoritari ha messo in evidenza la difficoltà dell’Occidente di mantenere la sua influenza nell’arena internazionale. Paesi come l’Ungheria, la Polonia e la Turchia, sotto il controllo di leader sempre più autoritari, non hanno esitato a sfidare le convenzioni europee e internazionali sui diritti civili e politici, portando a un isolamento politico che però non ha impedito loro di rafforzarsi economicamente. Il mondo post-pandemia ha visto crescere la disparità tra le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo, con un’imponente concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi e una crescente vulnerabilità dei paesi meno abbienti, spingendo verso un divario sempre più ampio tra il Nord e il Sud del mondo.

In questo contesto, le multinazionali farmaceutiche hanno acquisito un ruolo centrale nelle dinamiche globali, in particolare durante la pandemia di COVID-19. La lotta per il controllo delle risorse mediche e delle tecnologie emergenti ha rivelato una nuova geoeconomia, dominata dalle grandi aziende del settore farmaceutico, che non solo influenzano l’economia globale ma anche le politiche nazionali, determinando l’accesso a trattamenti e vaccini. Il caso emblematico è quello delle vaccinazioni contro il COVID-19, dove le negoziazioni segrete tra le case farmaceutiche e i governi hanno suscitato polemiche globali. Molti paesi a basso e medio reddito hanno faticato a ottenere accesso ai vaccini, mentre le grandi potenze, come gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione Europea, hanno accumulato milioni di dosi, dimostrando una volta di più come le disuguaglianze economiche si riflettano direttamente sulla salute globale.

Nel settore farmaceutico, l’influenza di attori come Pfizer, Moderna e AstraZeneca non si limita solo alla produzione e distribuzione di vaccini. Queste multinazionali hanno un ruolo determinante nell’orientare la ricerca scientifica, nell’accesso ai farmaci salvavita e nel determinare le politiche sanitarie a livello globale. Il controllo sulle forniture di medicinali e trattamenti innovativi ha permesso a queste aziende di esercitare un potere senza precedenti, in grado di influenzare il benessere delle popolazioni e, di fatto, di determinare l’equilibrio geopolitico tra le nazioni.

Le politiche di “privatizzazione della salute”, dove i governi sono obbligati a collaborare con queste imprese, hanno alimentato una continua concentrazione di potere economico e politico, portando alla creazione di un sistema sanitario che privilegia il profitto rispetto al benessere collettivo. In questo scenario, gli interessi delle multinazionali farmaceutiche sembrano spesso collidere con le necessità dei popoli più vulnerabili, dando vita a un contesto dove la sanità diventa un settore economicamente stratificato e politicamente manipolato.

Accanto al settore farmaceutico, le risorse energetiche rappresentano una delle principali leve geopolitiche del nostro tempo. Con il mondo in continua transizione verso nuove forme di energia, il controllo delle risorse energetiche – che vanno dal petrolio al gas naturale, passando per le terre rare, fondamentali per la produzione di dispositivi elettronici e batterie – è diventato uno degli obiettivi principali dei principali attori globali. La rivalità tra potenze come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina è acuita dalla necessità di assicurarsi l’accesso a queste risorse, che non solo alimentano le economie, ma sono essenziali per la sicurezza nazionale.

In particolare, la guerra in Ucraina ha messo in luce il conflitto per il controllo delle risorse energetiche come uno degli elementi chiave della geopolitica contemporanea. L’Europa, dipendente dalle forniture energetiche russe, ha dovuto accelerare la sua transizione verso fonti rinnovabili e diversificare i suoi approvvigionamenti. Nel frattempo, la Cina ha acquisito una posizione dominante nel controllo delle terre rare e nel settore delle energie rinnovabili, diventando uno dei principali produttori mondiali di pannelli solari e batterie per veicoli elettrici.

Questi sviluppi sono parte di una tendenza globale che vede l’energia come il nuovo campo di battaglia geopolitico. L’accesso alle risorse naturali è diventato un elemento chiave nella creazione di alleanze e nella definizione delle strategie politiche ed economiche internazionali. Paesi come il Qatar e l’Arabia Saudita, attraverso il controllo delle riserve di gas naturale, hanno potuto consolidare la loro influenza geopolitica, mentre la competizione per l’approvvigionamento di terre rare ha spinto a una vera e propria corsa globale.

In questo contesto, paesi come Singapore stanno emergendo come snodi cruciali per il commercio energetico globale, diventando uno dei principali hub per la distribuzione e lo stoccaggio delle risorse naturali. Con un sistema politico altamente centralizzato e un’economia aperta, Singapore ha acquisito una posizione privilegiata nel panorama globale delle risorse naturali, guadagnandosi un ruolo strategico nelle future dinamiche energetiche.

Se l’Europa e l’Asia centrale sono diventate il teatro delle rivalità geopolitiche legate alle risorse energetiche, l’Asia orientale e sud-orientale sono diventate il fulcro di una serie di conflitti geopolitici che coinvolgono le grandi potenze globali. La guerra in Ucraina non è stata l’unica fonte di tensione internazionale; la crisi di Taiwan, il conflitto in Myanmar e le incertezze politiche in Thailandia sono altre fasi di una crescente frattura tra l’Occidente e le potenze emergenti.

Il caso di Taiwan è emblematico di come la geopolitica moderna si intrecci con la competizione per il dominio delle tecnologie emergenti. Taiwan, essendo la casa delle più avanzate fabbriche di semiconduttori al mondo, è diventata un obiettivo strategico per la Cina, che considera l’isola come una parte integrante del suo territorio. D’altro canto, gli Stati Uniti hanno dichiarato di voler difendere Taiwan, creando un delicato equilibrio di potere che potrebbe, in caso di conflitto, alterare non solo gli equilibri asiatici ma quelli globali, in quanto Taiwan rappresenta una parte cruciale della catena di approvvigionamento tecnologico globale.

Similmente, la Thailandia sta vivendo un periodo di instabilità politica, che si inserisce in un contesto geopolitico più ampio che coinvolge il conflitto tra Stati Uniti e Cina per il controllo economico e militare della regione. La Thailandia, pur rimanendo formalmente neutrale, è un attore importante nel contesto della “Belt and Road Initiative” cinese, e la sua posizione geografica la rende una pedina cruciale nelle strategie di sicurezza della Cina e degli Stati Uniti.

Infine, un elemento di grande rilevanza emerge in questo quadro geopolitico, ossia la crescente centralità di Singapore, un paese che rappresenta una sorta di “paradiso fiscale” in Asia, ma anche un hub geopolitico cruciale. La sua posizione strategica, il sistema politico autoritario ma altamente efficiente e l’economia altamente sviluppata lo pongono al centro degli sviluppi economici globali.

Singapore si è costruita una reputazione di discrezione e stabilità, attirando investitori globali, banche e aziende di alto livello. Questo ambiente è diventato un terreno fertile per operazioni e alleanze segrete, sia nel campo della finanza che delle tecnologie avanzate. La sua capacità di mantenere un profilo relativamente basso, pur avendo una rete di alleanze che si estende su scala globale, ne fa un punto nevralgico per comprendere le dinamiche future del potere mondiale.

L’intreccio di crisi economiche, geopolitiche, autoritarismo, disuguaglianze e influenza delle multinazionali sta creando una nuova era di incertezze. Le potenze emergenti si muovono con sempre maggiore pragmatismo, cercando di creare una geoeconomia che risponde alle proprie esigenze di sicurezza e prosperità, mentre l’Occidente appare sempre più in difficoltà nel mantenere un ordine mondiale che rispetti i diritti umani e l’equità sociale. In questo scenario, Singapore, Taiwan, la Thailandia e le risorse energetiche rappresentano chiavi fondamentali per comprendere come si evolveranno gli equilibri di potere nel futuro prossimo.

 

 

 

 

 

 

 

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