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Sovranismo e Terzo Mondo

Robotica e Intelligenza Artificiale

Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in .

A cura di Ottavia Scorpati

L’avanzata dell’automazione rivoluziona mercati, società e strategie di potere, imponendo una riflessione urgente su opportunità, rischi e il futuro del lavoro nel mondo connesso.



L’integrazione sempre più massiccia di robot e sistemi di intelligenza artificiale sta ridefinendo rapidamente le dinamiche economiche e geopolitiche a livello globale. Oggi, la robotica non è più solo uno strumento industriale, ma una leva strategica per la competitività e la sicurezza nazionale, con effetti profondi sul mercato del lavoro, sulle catene produttive e sulle relazioni internazionali. Questo fenomeno rappresenta un paradosso: da un lato, promette innovazione, efficienza e progresso; dall’altro, rischia di accentuare disuguaglianze sociali e tensioni geopolitiche, alimentando nuove forme di competizione tecnologica e conflitti. In questo contesto, la sfida principale sarà governare questa trasformazione in modo inclusivo, etico e sostenibile, affinché l’interazione tra esseri umani e robot diventi un motore di crescita condivisa e stabilità globale.

L’avanzata della robotica e dell’intelligenza artificiale sta ridisegnando rapidamente il panorama economico e geopolitico mondiale, creando opportunità senza precedenti ma anche sfide complesse che nessun Paese può ignorare. L’introduzione massiccia di sistemi automatizzati e robot ha trasformato le catene di produzione, ha rivoluzionato i mercati del lavoro e ha spinto le nazioni a ripensare le proprie strategie di sicurezza e potere globale.

Il rapporto tra noi, esseri umani, e i robot è oggi più che mai cruciale per comprendere come evolveranno le società, le economie e le relazioni internazionali. Alla base di questa trasformazione c’è un paradosso: se da un lato l’automazione promette aumenti di produttività e innovazione, dall’altro rischia di amplificare disuguaglianze e tensioni sociali. A livello globale, l’automazione si intreccia con il rischio di una nuova “guerra fredda tecnologica”, dove le nazioni competono per la supremazia in settori strategici come la robotica militare, i semiconduttori e i sistemi intelligenti.

Fin dagli anni ’60, quando la robotica industriale ha iniziato a diffondersi nelle fabbriche giapponesi e americane, il mondo ha visto una trasformazione graduale ma inarrestabile del modo di produrre. I robot sono diventati strumenti fondamentali per aumentare l’efficienza, migliorare la qualità e ridurre i costi. Ma il vero salto di qualità è arrivato nel XXI secolo, con la convergenza di intelligenza artificiale (IA), machine learning, sensori avanzati e reti 5G, che hanno reso possibile l’automazione intelligente, capace di adattarsi e prendere decisioni in tempo reale.

Questo progresso ha avuto un impatto profondo sulle economie sviluppate e in via di sviluppo. Nei Paesi avanzati, l’automazione ha spesso sostituito lavori manuali e ripetitivi, spostando la domanda verso competenze più elevate, creative e analitiche. Tuttavia, non tutte le industrie e i lavoratori hanno beneficiato in egual misura: è emersa una crescente polarizzazione del mercato del lavoro, con una contrazione dei posti di lavoro mediamente qualificati e un aumento delle disuguaglianze salariali.

Nei Paesi emergenti, la diffusione della robotica ha influito sul modello di crescita basato sulla manodopera a basso costo. Le fabbriche robotizzate, meno dipendenti da lavoro umano, hanno indotto alcune aziende multinazionali a riportare la produzione nei Paesi d’origine o a cercare localizzazioni alternative più tecnologicamente avanzate, avviando il fenomeno del reshoring.

Dal punto di vista macroeconomico, diversi studi segnalano che l’automazione non ha generato un aumento proporzionale della produttività globale, in quello che è stato definito “il paradosso della produttività”. Il motivo è da ricercarsi nelle difficoltà di integrazione delle nuove tecnologie nei processi esistenti, nella necessità di formazione continua della forza lavoro e nelle rigidità istituzionali di molti sistemi economici.

Uno degli effetti più evidenti e controversi dell’automazione è la sua influenza sul mercato del lavoro. Alcuni settori, come l’automotive, l’elettronica, la logistica e persino i servizi, hanno visto una crescente sostituzione delle attività umane con robot e sistemi automatizzati. Secondo un rapporto del World Economic Forum del 2020, entro il 2025 l’automazione potrebbe sostituire circa 85 milioni di posti di lavoro a livello globale, ma nello stesso periodo potrebbero essere creati 97 milioni di nuovi posti legati a nuovi settori e tecnologie.

Questa trasformazione non è però indolore: i lavoratori meno qualificati o in settori a forte intensità di lavoro manuale sono i più esposti al rischio di disoccupazione e precarietà. La necessità di una riqualificazione massiccia e di politiche attive per l’occupazione è diventata un imperativo per i governi di tutto il mondo, che si trovano a dover affrontare tensioni sociali crescenti, soprattutto in contesti dove il welfare è meno sviluppato.

Parallelamente, l’automazione ha accelerato la digitalizzazione e la robotizzazione nei servizi, dalla sanità all’agricoltura di precisione, dall’assistenza domiciliare alla finanza. Questi cambiamenti, se ben governati, possono migliorare la qualità della vita e aumentare l’efficienza dei servizi pubblici, ma anche qui il divario tecnologico rischia di lasciare indietro vaste fasce della popolazione.

Mentre l’automazione trasforma le economie, la robotica diventa anche una leva fondamentale per il potere geopolitico. I sistemi robotici militari, che includono droni, veicoli autonomi e armi intelligenti, sono al centro delle strategie di sicurezza nazionale dei principali attori globali. Stati Uniti, Cina, Russia e Unione Europea investono miliardi di dollari in ricerca e sviluppo per dominare questo settore.

Gli Stati Uniti, tradizionalmente leader tecnologico, stanno integrando i robot in modo crescente nei loro apparati militari, sviluppando droni da combattimento autonomi e sistemi di difesa automatizzati capaci di operare in ambienti complessi. La Cina, con la sua strategia “Made in China 2025”, punta a diventare leader globale nella robotica industriale e militare, sfruttando anche la propria supremazia nei semiconduttori e nell’intelligenza artificiale. La Russia, pur con risorse più limitate, ha dimostrato interesse nell’utilizzo di robot militari in contesti come la Siria e l’Ucraina, esplorando nuove tattiche di guerra automatizzata.

Questa competizione tecnologica si intreccia con le tensioni commerciali e diplomatiche, dando luogo a una sorta di nuova “guerra fredda” digitale, dove il controllo delle catene di fornitura di materiali critici, semiconduttori e tecnologie IA diventa centrale per la sicurezza nazionale.

Nell’era della robotica e dell’intelligenza artificiale, i semiconduttori rappresentano il cuore pulsante della tecnologia. Sono i “cervelli” che permettono ai robot di elaborare dati, comunicare e agire in modo autonomo. Tuttavia, la produzione di chip è altamente concentrata in poche aree del mondo, in particolare Taiwan, Corea del Sud e Stati Uniti, con la Cina che cerca di colmare il divario tecnologico attraverso investimenti massicci.

Questa concentrazione rende le catene di approvvigionamento estremamente vulnerabili a shock geopolitici, come dimostrato dalla crisi dei chip scoppiata nel 2020-2022, che ha colpito settori strategici quali l’automotive, l’elettronica di consumo e la difesa. Le tensioni tra Stati Uniti e Cina su Taiwan hanno ulteriormente esasperato il rischio, spingendo i governi a investire in reshoring e diversificazione produttiva.

La sicurezza delle supply chain tecnologiche è diventata quindi un tema centrale della politica economica e della sicurezza globale, con accordi bilaterali e multilaterali che cercano di garantire stabilità e continuità.

La pandemia di COVID-19 ha accelerato l’adozione della robotica e dell’automazione in molti settori, spingendo le aziende a ridurre la dipendenza dal lavoro umano per garantire la continuità produttiva anche in condizioni di distanziamento sociale e lockdown. L’industria manifatturiera ha visto un aumento significativo nell’adozione di robot collaborativi, mentre il settore della logistica ha sperimentato un boom di droni e veicoli autonomi per la consegna dell’ultimo miglio.

Questa accelerazione ha avuto effetti contrastanti: da un lato ha contribuito a stabilizzare la produzione e i servizi, dall’altro ha accentuato la polarizzazione del lavoro, aumentando la pressione sulle classi medio-basse. I governi si sono trovati a dover bilanciare la necessità di innovare con la tutela sociale, avviando programmi di formazione e investimenti in politiche attive del lavoro.

L’Unione Europea, consapevole delle sfide e delle opportunità dell’automazione, ha definito una strategia articolata per posizionarsi come attore di rilievo nel settore della robotica e dell’intelligenza artificiale. Il piano europeo “Horizon Europe” ha destinato ingenti fondi per la ricerca e l’innovazione, puntando a sviluppare tecnologie robotiche sicure, etiche e sostenibili.

L’Europa si trova a dover affrontare il dilemma della dipendenza tecnologica da Stati Uniti e Asia, cercando al contempo di proteggere il proprio mercato del lavoro e il modello sociale. La normativa sulla robotica e l’intelligenza artificiale, incentrata su trasparenza, responsabilità e rispetto dei diritti umani, cerca di coniugare progresso tecnologico e valori europei.

Il rapporto tra società e robot è complesso e ambivalente. Da un lato, i robot promettono di migliorare la qualità della vita, facilitando lavori pericolosi, migliorando la sanità, offrendo assistenza e supporto alle persone anziane o con disabilità. Dall’altro, l’automazione genera timori legati alla perdita di posti di lavoro, alla sorveglianza di massa e all’erosione della privacy.

La domanda etica sul ruolo e i limiti dell’intelligenza artificiale e della robotica si fa sempre più pressante, stimolando dibattiti pubblici e politici. Come assicurare che i robot siano al servizio dell’uomo e non strumenti di controllo o dominio? Quali regolamentazioni adottare per evitare discriminazioni e abusi? Questi interrogativi guideranno le scelte future.

Guardando al futuro, la relazione tra umani e robot sarà definita da scelte strategiche a livello nazionale e internazionale. Le nazioni che riusciranno a investire in capitale umano, infrastrutture tecnologiche e governance inclusiva potranno trarre vantaggio dalla rivoluzione robotica, trasformandola in uno strumento di crescita sostenibile e coesione sociale.

Le alleanze tecnologiche e commerciali saranno determinanti per assicurare stabilità e prosperità. La cooperazione internazionale sulla regolamentazione, la sicurezza e la gestione delle tecnologie emergenti sarà essenziale per evitare conflitti e sfruttamenti.

Al contempo, i governi dovranno affrontare con coraggio le disuguaglianze e le sfide sociali, garantendo che la transizione verso l’automazione non lasci indietro nessuno, promuovendo l’educazione continua, la riqualificazione e il rafforzamento delle reti di protezione sociale.

L’economia e la geopolitica dei robot non sono dunque solo una questione tecnica, ma una sfida globale multidimensionale che coinvolge economia, politica, etica e società. Noi e i robot siamo oggi legati in un destino condiviso, che richiede visione, collaborazione e responsabilità per costruire un mondo dove tecnologia e umanità possano prosperare insieme.

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