
Produrre in USA: da scelta strategica a necessità esistenziale per il Made in Italy.
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Esteri, Diplomazia e Internazionalizzazione, Economia e Politica.
Produrre in USA: da scelta strategica a necessità esistenziale per il Made in Italy. Scopri perché velocità e delocalizzazione sono vitali.
Mentre il dibattito in Italia si attarda sulla delocalizzazione come una perdita, i vostri competitor globali non stanno aspettando. Hanno già compreso che la presenza produttiva negli Stati Uniti non è più un’opzione sul tavolo, ma un imperativo strategico.
Imprenditori visionari come Alessandro Riello la definiscono una necessità per non soccombere, mentre colossi come Audi e Porsche la usano come arma per neutralizzare i rischi geopolitici.
La domanda che ogni imprenditore italiano dovrebbe porsi oggi non è se insediarsi nel mercato americano, ma con quale rapidità farlo prima che la finestra di opportunità si chiuda. Produrre in USA è diventato esistenziale, strategico, persino conforme all’interesse nazionale. Ma il fattore che determinerà i vincitori dai vinti sarà uno solo: la velocità.
1. Una scelta esistenziale: oltre la delocalizzazione, la sopravvivenza
Dimenticate la vecchia idea di delocalizzare per inseguire un costo del lavoro inferiore. La partita, oggi, è molto più radicale.
Come ha lucidamente dichiarato Alessandro Riello al Corriere, “produrre in Europa è diventato difficile”, aggiungerei “in Italia eroico”. Questa non è una lamentela, ma una diagnosi strategica.
I costi energetici e di trasporto fuori controllo, una burocrazia che soffoca l’agilità e catene di approvvigionamento globali dimostratesi fragili hanno reso l’ecosistema europeo un terreno complesso. Stabilire un presidio produttivo in America non è più una mossa per aumentare i margini, ma per garantire la continuità aziendale.
L’imprenditore non può attendere una soluzione statale miracolosa che non arriverà e se arriverà, non nei tempi richiesti dal business.
È un piano di de-risking fondamentale. L’alternativa non è più “produrre in Italia vs produrre in USA”, ma, per molte realtà, rischia di diventare “esistere su scala globale vs ridimensionarsi fino a diventare irrilevanti o peggio, scomparire”.
2. Una mossa strategica: conquistare il mercato americano dall’interno
Se la sopravvivenza è la base, la conquista è l’obiettivo. Essere presenti con la produzione negli Stati Uniti significa passare da esportatori a player locali. Significa conquistare il mercato più ricco e dinamico del mondo dall’interno.
Neutralizzare i dazi e l’instabilità: la recente mossa di Audi e Porsche, Illy e Lavazza di pianificare la produzione locale per evitare i dazi è l’esempio perfetto.
Produrre in loco trasforma un rischio geopolitico incontrollabile in una variabile gestibile, mettendo al riparo l’azienda dai venti della politica commerciale.
Accedere a incentivi potentissimi: l’Inflation Reduction Act (IRA) e gli altri incentivi statali e federali rappresentano un’occasione storica per finanziare la propria crescita con il supporto governativo americano. Sono opportunità con una scadenza, riservate a chi produce sul suolo statunitense.
Vicinanza al cliente: Essere fisicamente presenti dove si trovano i vostri clienti permette una reattività e una capacità di adattamento che nessun esportatore può eguagliare. Significa comprendere le tendenze in tempo reale e servire il mercato con la velocità che si aspetta.
3. Il vantaggio operativo: abbattere costi, tempi e incertezze
Oltre alla grande strategia, esiste un vantaggio immediato, misurabile sul foglio di calcolo e sul calendario operativo. Produrre direttamente per il mercato americano significa smantellare una serie di inefficienze strutturali che frenano qualsiasi azienda esportatrice.
- Azzeramento dei costi di trasporto transatlantico: il primo, più evidente vantaggio è l’eliminazione totale dei costi di nolo marittimo o aereo. In un’epoca di tariffe volatili e colli di bottiglia logistici, questo non è solo un risparmio economico diretto, ma la rimozione di una variabile incontrollabile che incide pesantemente sul prezzo finale del prodotto e sui margini di profitto.
- Abbattimento dei costi logistici: si riducono drasticamente le necessità e i costi legati a complessi sistemi di stoccaggio, liberando capitale e semplificando la gestione delle scorte.
- Eliminazione degli ostacoli doganali: si mette la parola fine a tutta la trafila di pratiche burocratiche legate all’import/export: dazi, documenti di conformità, ispezioni e, soprattutto, i tempi morti che queste procedure inevitabilmente generano. Significa avere il prodotto pronto per il cliente, senza filtri e senza ritardi.
- Estirpare il male assoluto per un imprenditore: l’incertezza. Più di ogni altro fattore, produrre in loco elimina il nemico numero uno di qualsiasi imprenditore: l’incertezza. Incertezza sui tempi di consegna, sui costi finali del prodotto, sulle fluttuazioni valutarie e sulle decisioni politiche che possono bloccare le merci in un porto da un giorno all’altro. Operare dall’interno del mercato americano significa passare da una posizione in cui si subiscono le variabili a una in cui si controllano. Significa poter finalmente fare ciò che a un imprenditore serve più di ogni altra cosa: pianificare con sicurezza.
Questo passaggio dalla gestione dell’emergenza alla programmazione strategica è, da solo, un motivo sufficiente per considerare la produzione locale non un’opzione, ma una necessità operativa.
4. Interesse Nazionale: rafforzare l’Italia, agendo all’estero
È ora di scardinare un vecchio tabù: un’azienda italiana che si rafforza all’estero rafforza l’Italia. Un’impresa che stabilisce una solida base produttiva in America non sta “fuggendo”, ma sta costruendo un ponte per il futuro.
Un’azienda più grande, più ricca e più stabile a livello globale è un’azienda che può permettersi di mantenere in Italia il suo cuore strategico: la ricerca e sviluppo, il design, il brand management e il know-how che rendono il Made in Italy unico. I profitti generati all’estero possono essere reinvestiti per potenziare l’eccellenza italiana.
L’alternativa è pericolosa: restare fermi e lasciare che quel mercato venga conquistato da un competitor tedesco o francese. È molto più nell’interesse nazionale avere un’azienda italiana con una fabbrica in Ohio, che un’azienda italiana che perde le sue quote di mercato globali.
5. Il fattore decisivo: la velocità è tutto
Abbiamo stabilito perché è necessario. Ora, il punto cruciale: perché è urgente. La finestra strategica per agire si sta restringendo rapidamente.
Le Opportunità hanno una Scadenza: gli incentivi come l’IRA sono legati a precise contingenze politiche. Come l’era Trump ha dimostrato, il quadro normativo e commerciale può cambiare con una rapidità brutale. Chi agisce ora, capitalizza condizioni che potrebbero non ripresentarsi.
I Competitor non Aspettano: mentre voi analizzate, i vostri concorrenti stanno già firmando contratti, opzionando terreni e assumendo talenti. Il vantaggio del “primo arrivato” nel mercato USA è enorme: permette di accaparrarsi le migliori location, i migliori partner e di stabilire il proprio brand prima degli altri.
La Corsa alle Risorse: chi arriva tardi non solo insegue, ma paga di più per risorse (umane e materiali) già contese dai precursori.
Conclusione: agire in fretta, ma non con fretta
La velocità è il vostro capitale più prezioso, ma non deve essere confusa con la fretta. Muoversi rapidamente nel complesso ecosistema americano richiede preparazione, strategia e una guida esperta.
Navigare la burocrazia per ottenere un visto imprenditoriale, identificare il giusto stato per i propri incentivi, comprendere la cultura del business locale: sono passaggi critici dove l’improvvisazione costa cara.
Il treno per la competitività futura del Made in Italy sta partendo ora dalla stazione americana. La velocità non è un’opzione, è la strategia.
Produrre in USA: da scelta strategica a necessità esistenziale per il Made in Italy.
