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La Finanza Illusoria per le Micro Imprese nella Globalità

Scritto da Fulvio Muliere il . Pubblicato in .

a cura di Fulvio Mulieri

Un viaggio tra le radici storiche e le implicazioni etiche del microcredito, come risposta alla disuguaglianza economica e alla concentrazione della ricchezza.

Nel cuore delle disuguaglianze che definiscono il nostro tempo, si erge una domanda fondamentale: come può l’individuo, nella sua precarietà e vulnerabilità, affermare la propria dignità economica? Il microcredito, nella sua essenza, non è solo un prestito, ma un atto di fiducia reciproca, una forma di riscatto contro l’esclusione economica e la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Ma se ci fermiamo a riflettere, vediamo che tale strumento non è solo una risposta pragmatica alle carenze del sistema finanziario tradizionale: esso sfida la stessa struttura economica che genera disuguaglianza. Nasce da una concezione di giustizia economica che trova le sue radici nella solidarietà e nell’autosufficienza, ma allo stesso tempo solleva interrogativi più profondi su cosa significhi veramente “essere liberi” nell’ambito di un sistema globale in cui il denaro e il potere si concentrano in pochi centri. Attraverso l’analisi storica e filosofica, il microcredito ci invita a riconsiderare il nostro concetto di “giustizia sociale”, spingendoci a interrogare le strutture di potere che definiscono le nostre vite economiche.Il microcredito rappresenta una delle soluzioni più innovative per contrastare la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e stimolare l’economia di piccole imprese, in particolare nei paesi in via di sviluppo. È una forma di finanziamento che permette a persone prive di accesso ai tradizionali canali bancari di ottenere piccoli prestiti per avviare attività imprenditoriali, superando la difficoltà di accesso al credito che caratterizza i territori più poveri, dove le istituzioni bancarie sono scarse o inesistenti.

Nei paesi del sud del mondo, l’accesso ai servizi finanziari è estremamente limitato. L’assenza di una rete bancario-credito estesa, soprattutto nelle aree rurali e periferiche, implica che una larga fetta della popolazione, pari al 90%, non ha alcun accesso a prestiti o servizi finanziari. Questo non è solo un ostacolo per l’individuo, ma per l’intera economia, che non riesce a svilupparsi pienamente. Le persone in difficoltà economica sono costrette a ricorrere a forme di prestito usuraie, dove gli interessi elevatissimi li condannano a rimanere intrappolati in un ciclo di povertà senza via di uscita. Come evidenziato dalle stime dell’Unctad, solo una minima percentuale di microimprese (circa il 2%) ha accesso ai finanziamenti necessari a crescere.

La storia del microcredito affonda le sue radici nel medioevo. Le prime esperimentazioni risalgono a istituti di credito che miravano a combattere l’usura. In Italia, ad esempio, il Monte di Pietà di Perugia, fondato nel 1142, offriva prestiti a chi non poteva accedere al credito tradizionale, un’iniziativa che si rifletteva anche in altri Paesi europei, dove frati e istituzioni religiose facevano da intermediari. Più tardi, nel XIX secolo, Friedrich Wilhelm Raiffeisen, in Germania, promosse la creazione di cooperative di credito per i più poveri, favorendo la nascita di una banca che operasse a beneficio delle classi meno abbienti.

Il microcredito moderno ha avuto un enorme impulso a partire dagli anni ’70, quando il professore Muhammad Yunus fondò la Grameen Bank nel Bangladesh. La sua intuizione geniale consisteva nell’offrire prestiti senza garanzie materiali a gruppi di persone con un forte legame sociale, in particolare donne, che altrimenti non avrebbero avuto accesso ai canali bancari tradizionali. Yunus, nel 2006, fu insignito del Premio Nobel per la Pace per il suo contributo allo sviluppo economico delle popolazioni più povere e per aver creato un modello che ha influenzato positivamente milioni di persone nel mondo.

Il microcredito si basa su un principio relativamente semplice ma rivoluzionario: il prestito viene concesso a gruppi di persone che si conoscono bene e che, attraverso il legame di amicizia, famiglia o comunità, si impegnano collettivamente a restituire la somma ottenuta. Se uno dei membri del gruppo non riesce a restituire la propria parte del prestito, gli altri membri si fanno carico del debito. Questo sistema crea una rete di fiducia e responsabilità che, pur non avendo garanzie materiali, ha avuto un enorme successo. La percentuale di restituzione dei prestiti si attesta intorno al 98%, un dato che dimostra l’efficacia di questo approccio basato su relazioni sociali piuttosto che su garanzie economiche tradizionali.

I prestiti sono solitamente di piccola entità, spesso inferiori ai 25.000 euro, e vengono erogati alle microimprese o alle persone disoccupate che non possono accedere ai finanziamenti convenzionali. Inoltre, il rimborso avviene in piccole tranche settimanali, che permettono una gestione meno gravosa del debito. Nonostante gli interessi siano superiori a quelli bancari, risultano comunque inferiori a quelli imposti da prestatori usurai, rendendo il microcredito un’alternativa sostenibile.

Il microcredito si è rapidamente trasformato in uno strumento fondamentale per lo sviluppo economico, soprattutto nei paesi emergenti. In molti casi, è stato il motore della ripresa economica di interi Paesi, dove le piccole e medie imprese, in particolare quelle a carattere familiare, rappresentano il cuore pulsante dell’economia. Le microimprese avviate con il microcredito spesso operano in settori come il commercio, l’artigianato e i servizi, che non richiedono grandi investimenti iniziali, ma che possono avere un forte impatto sull’economia locale, creando posti di lavoro e diffondendo la ricchezza.

Nel 1997, durante il Summit sul Microcredito di Washington, l’ONU riconobbe ufficialmente il microcredito come uno strumento efficace per combattere la povertà. L’anno successivo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò una risoluzione che riconosceva il microcredito come uno dei principali mezzi per promuovere lo sviluppo globale. Nel 2005, l’ONU dichiarò l’anno del microcredito, promovendo eventi e iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di questo strumento.

Anche in Europa il microcredito ha iniziato a diffondersi, e le istituzioni europee hanno riconosciuto il suo potenziale per stimolare la crescita e l’occupazione, soprattutto in un contesto di crisi economica che ha colpito le piccole e medie imprese. La Commissione Europea, nel 2007, ha lanciato una comunicazione sull’iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito, destinata a supportare la crescita e a favorire la transizione dalla disoccupazione al lavoro autonomo, soprattutto in Paesi come l’Italia, dove il sistema bancario tradizionale non sempre è disponibile ad erogare prestiti alle piccole imprese.

Uno degli aspetti più significativi del microcredito è il suo impatto sociale. Questo strumento non si limita a fornire un prestito, ma favorisce la nascita di una rete di solidarietà tra le persone che vi accedono. La forma di prestito, infatti, è progettata per creare una comunità di supporto reciproco, che consente ai membri di affrontare insieme le difficoltà economiche. In molti Paesi in via di sviluppo, soprattutto nelle comunità più emarginate, il microcredito ha avuto un impatto straordinario nel migliorare la posizione sociale delle donne. In contesti dove le donne erano tradizionalmente escluse dal mondo dell’impresa, il microcredito ha dato loro l’opportunità di avviare attività commerciali e imprenditoriali, migliorando la loro condizione economica e, al contempo, il loro status sociale.

In alcune regioni, questo ha portato a una vera e propria trasformazione delle dinamiche familiari e sociali. Le donne, infatti, non solo sono diventate protagoniste della vita economica, ma hanno anche contribuito a migliorare la gestione delle risorse familiari, riducendo le disuguaglianze economiche e creando una maggiore equità nella distribuzione del reddito. Inoltre, l’impiego delle donne ha avuto un impatto positivo sulla crescita dell’economia locale, stimolando la domanda di beni e servizi e contribuendo al miglioramento delle condizioni di vita in tutta la comunità.

Nonostante i numerosi successi, il microcredito non è privo di sfide. Uno dei principali rischi associati al microcredito è il cosiddetto “sovra-indebitamento”. Sebbene i prestiti siano di piccola entità, in alcune circostanze le persone che ricevono il microcredito possono trovarsi in difficoltà nel ripagarli, soprattutto in un contesto economico difficile. Questo può dar luogo a un circolo vizioso di indebitamento, che mina l’efficacia del microcredito come strumento di sviluppo.

Espansione del microcredito può portare a una crescente competizione tra le microimprese, riducendo i margini di guadagno e creando difficoltà economiche per gli stessi beneficiari. Per evitare questo rischio, è fondamentale che le istituzioni di microfinanza adottino politiche responsabili nella concessione dei prestiti, accompagnando i beneficiari con percorsi di formazione che li preparino a gestire efficacemente le loro attività.

Il microcredito rappresenta, nel panorama globale, una delle risposte più efficaci alla disuguaglianza economica. La sua capacità di fornire accesso a capitali a chi ne è escluso consente di stimolare lo sviluppo di piccole imprese, di promuovere l’imprenditorialità e di generare una crescita economica che va al di là delle grandi multinazionali e delle grosse imprese. È uno strumento che permette alle persone di diventare attori protagonisti del cambiamento, contribuendo alla costruzione di  un’economia più equa e inclusiva.

Anche se il microcredito non può essere considerato la soluzione definitiva alla povertà globale, resta un’opportunità straordinaria per migliorare la vita delle persone più vulnerabili, trasformando le sfide economiche in occasioni di crescita e sviluppo.

 

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