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Tradimento o realpolitik?

Aiuti Usaid e Analisi delle Conseguenze

Scritto da Fulvio Muliere il . Pubblicato in .

a cura di Fulvio Mulieri

Interdipendenti dei Tagli agli Aiuti Umanitari degli Stati Uniti e le Riflessioni sulla Stabilità Globale

La sospensione degli aiuti umanitari da parte degli Stati Uniti, in particolare quelli gestiti dall’agenzia Usaid, ha scatenato un terremoto socio-politico che travolge non solo le economie dei Paesi più poveri, ma minaccia anche la stabilità geopolitica globale. Nel contesto odierno, la lotta contro la povertà, le emergenze sanitarie e le crisi alimentari sono diventate sfide fondamentali per milioni di persone, che in molti casi dipendono da aiuti internazionali per la loro sopravvivenza quotidiana. La decisione di Donald Trump, che ha deciso di sospendere i fondi destinati agli aiuti internazionali, non solo interrompe programmi essenziali, ma invia anche un messaggio politico molto chiaro: l’America, sotto la sua leadership, sta rivedendo la sua posizione globale in un’ottica più isolazionista, concentrandosi su interessi nazionali a scapito della cooperazione internazionale.

Questa mossa ha avuto ripercussioni immediate e devastanti nei Paesi che più dipendono dagli aiuti statunitensi, in particolare in Africa, dove la crisi umanitaria è una realtà quotidiana. Le popolazioni vulnerabili di Paesi come la Somalia, il Sud Sudan, la Repubblica Democratica del Congo e la Nigeria sono ora esposte a un incremento delle difficoltà socio-economiche, poiché l’interruzione dei fondi non solo minaccia la sicurezza alimentare e la sanità, ma potrebbe anche provocare una destabilizzazione politica. Infatti, gli aiuti statunitensi non sono solo strumenti di sostegno economico, ma rappresentano anche un’ancora di stabilità in Paesi dove la povertà estrema e le tensioni politiche sono fattori strutturali.

Dall’altro lato, l’Unione Europea, pur ribadendo l’impegno nei confronti degli aiuti internazionali, si trova a dover affrontare la sfida di bilanciare la propria politica estera con la necessità di contenere l’impatto dei tagli statunitensi. La risposta dell’Europa, seppur significativa, non può colmare del tutto il vuoto lasciato dalla sospensione dei fondi Usaid, ponendo il continente di fronte a una serie di dilemmi morali e pratici. Questo scenario solleva interrogativi fondamentali sulla sostenibilità del sistema internazionale di aiuti umanitari, sul ruolo degli Stati Uniti nella governance globale e sul futuro della cooperazione internazionale.

In questa cornice, il conflitto tra l’isolazionismo americano e il multilateralismo europeo si fa più evidente, sollevando la questione di quale modello di governance globale sia realmente capace di affrontare le crescenti sfide del 21 secolo.

A partire dal 20 gennaio 2023, quando Donald Trump è salito alla Casa Bianca, una delle prime decisioni significative e drammatiche che ha preso è stata quella di sospendere gli aiuti umanitari internazionali, in particolare quelli gestiti dall’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (Usaid). Tale mossa ha avuto un impatto devastante sulle popolazioni vulnerabili nei Paesi a basso reddito, in particolare quelli africani, che dipendono da tali fondi per fronteggiare le crisi sanitarie, alimentari e politiche. Questa decisione, accompagnata da un’immediata sospensione dei finanziamenti e dalla messa in congedo amministrativo di diecimila dipendenti dell’agenzia, non è stata accompagnata da alcun piano di transizione. Ciò ha creato una frattura immediata nelle operazioni di aiuto umanitario, mettendo a rischio milioni di vite. Il cambiamento radicale di politica, privo di un’adeguata pianificazione, ha generato una serie di implicazioni non solo sul piano umanitario, ma anche su quello geopolitico e strategico.

L’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, Usaid, è stata fondata nel 1961 con un ordine esecutivo dell’allora presidente John F. Kennedy. L’agenzia è nata con l’intento di promuovere lo sviluppo economico e sociale nei Paesi in via di sviluppo, contrastare la povertà e rafforzare la democrazia. Essa ha giocato un ruolo fondamentale nel sostenere progetti che riguardano la sicurezza alimentare, la gestione delle emergenze sanitarie, la difesa dei diritti umani e la promozione della stabilità politica. Nel corso degli anni, l’Usaid ha fornito milioni di dollari in aiuti a Paesi in difficoltà, contribuendo a migliorare le condizioni di vita di milioni di persone. Negli ultimi decenni, l’agenzia ha concentrato le sue risorse principalmente nei Paesi dell’Africa subsahariana, nei quali i conflitti, le carestie e le malattie infettive avevano (e continuano ad avere) un impatto devastante.

La decisione di Trump di interrompere, almeno temporaneamente, gli aiuti umanitari ha avuto un impatto devastante in numerosi Paesi, in particolare in quelli africani che più di tutti dipendono dai finanziamenti Usaid. Paesi come il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, la Somalia, l’Etiopia, il Kenya, la Nigeria e il Sudafrica, che da anni ricevono importanti aiuti economici e assistenza per la gestione delle emergenze, sono stati colpiti da questa brusca interruzione. Oltre a perdere i fondi diretti, molti di questi Paesi si sono visti costretti a interrompere progetti cruciali per la salute pubblica, la sicurezza alimentare e l’accesso all’acqua potabile.

In Somalia, ad esempio, la situazione è già tragica: la siccità ha spinto oltre 8 milioni di persone verso la carestia, ma ora anche il supporto che veniva fornito per la sicurezza alimentare è venuto meno. L’interruzione dei finanziamenti Usaid potrebbe trasformare una crisi grave in una vera e propria catastrofe umanitaria. Allo stesso modo, in Etiopia, la fine dei finanziamenti a progetti sanitari potrebbe aggravare ulteriormente la crisi post-bellica che ha colpito il Paese, soprattutto dopo il conflitto nella regione del Tigray. La mancanza di medicinali, vaccini e aiuti alimentari potrebbe fare lievitare ulteriormente i tassi di mortalità, aumentando il rischio di epidemie come il colera e la malaria.

In paesi come il Kenya e la Nigeria, il taglio ai fondi statunitensi ha avuto ripercussioni devastanti soprattutto sui programmi per la lotta contro l’HIV e altre malattie infettive. Inoltre, la riduzione del sostegno alla lotta contro il terrorismo, in particolare in zone come il Corno d’Africa, potrebbe aumentare l’instabilità politica e alimentare nuovi conflitti.

L’interruzione di questi aiuti non è solo un dramma sul piano sanitario e alimentare, ma anche un rischio per la stabilità geopolitica di molte di queste regioni. Il supporto statunitense ha avuto un ruolo fondamentale nel mantenimento della stabilità politica e sociale in paesi che sono in preda a conflitti cronici e situazioni di emergenza. La perdita di questi fondi aumenterà ulteriormente la polarizzazione politica e potrebbe esacerbare le tensioni sociali.

Le organizzazioni umanitarie, in particolare Caritas Internationalis, hanno espresso preoccupazione per le conseguenze di questa decisione. La Caritas, che opera in più di 200 Paesi, ha sottolineato come l’interruzione degli aiuti umanitari possa mettere a rischio la vita di milioni di persone vulnerabili. Alistair Dutton, segretario generale della Caritas, ha dichiarato che, pur riconoscendo il diritto di ogni amministrazione a rivedere la propria politica estera, il modo in cui gli Stati Uniti hanno attuato questo cambiamento è “spietato e caotico”. Le conseguenze di questa decisione, infatti, non sono solo immediate, ma avranno un impatto a lungo termine, soprattutto nei Paesi che hanno fatto affidamento su Usaid per gestire le crisi sanitarie e alimentari. Come sottolineato da Dutton, la decisione rischia di compromettere decenni di progressi nell’assistenza umanitaria, mettendo a rischio la dignità e la vita di milioni di persone.

Mentre gli Stati Uniti abbandonano il loro impegno umanitario internazionale, l’Unione Europea ha ribadito il proprio impegno nella fornitura di aiuti umanitari. Un portavoce della Commissione europea ha dichiarato che l’Ue non farà un passo indietro rispetto ai propri impegni, continuando a sostenere i Paesi più vulnerabili. Tuttavia, la Commissione ha anche avvertito che le necessità globali sono tali che nessun Paese o organizzazione può affrontarle da sola. Le dimensioni e la complessità dei bisogni umanitari richiedono una risposta congiunta a livello internazionale, e l’Unione Europea ha sottolineato che non sarà in grado di colmare completamente il vuoto lasciato da Usaid. Il rischio, infatti, è che le risorse già scarse non possano essere sufficienti a fronteggiare l’entità della crisi globale.

L’Unione Europea è stata sempre considerata uno dei principali attori nel panorama degli aiuti internazionali, ma la sfida è che, senza il supporto degli Stati Uniti, l’Ue potrebbe trovarsi sopraffatta dalla portata della situazione. La decisione americana ha esacerbato la difficoltà di rispondere a crisi globali complesse, come quelle che si stanno verificando in Africa e in Medio Oriente. L’Unione Europea dovrà quindi rafforzare la propria capacità di rispondere alle emergenze umanitarie, collaborando con le altre organizzazioni internazionali e le Nazioni Unite, ma dovrà anche affrontare la realtà che l’impegno da sola potrebbe non essere sufficiente a gestire l’enorme onere lasciato dagli Stati Uniti.

La sospensione degli aiuti umanitari da parte degli Stati Uniti ha anche implicazioni politiche e strategiche di vasta portata. L’Usaid non è solo un veicolo per la fornitura di aiuti, ma è anche uno strumento di politica estera che contribuisce a mantenere l’influenza degli Stati Uniti in diverse regioni del mondo. La decisione di ridurre o sospendere questi aiuti potrebbe ridurre l’influenza geopolitica americana in alcune delle aree più vulnerabili del pianeta. Questo potrebbe anche favorire l’ingresso di altri attori internazionali, come la Cina, la Russia o gli Stati arabi, che potrebbero approfittare del vuoto lasciato da Washington per estendere la loro influenza politica ed economica.

La situazione potrebbe innescare un effetto domino, in cui altri Paesi donatori potrebbero seguire l’esempio degli Stati Uniti, riducendo i propri contributi alle organizzazioni internazionali e alle agenzie umanitarie. Questo potrebbe accelerare la disgregazione della rete di assistenza umanitaria globale e contribuire a una maggiore instabilità in alcune delle aree più povere e conflittuali del mondo.

La sospensione degli aiuti umanitari da parte degli Stati Uniti, se non corretta, potrebbe avere conseguenze devastanti per milioni di persone in tutto il mondo. La mancanza di un piano di transizione e la chiusura brusca di programmi cruciali espongono le popolazioni vulnerabili a rischi ancora maggiori, come fame, malattie e conflitti. Sebbene l’Unione Europea abbia confermato il proprio impegno umanitario, essa non potrà certamente colmare il vuoto lasciato dall’Usaid, e l’impossibilità di una risposta congiunta e coordinata potrebbe portare a un deterioramento ulteriore delle condizioni di vita in molte aree del pianeta. La comunità internazionale si trova oggi di fronte a un bivio: riuscirà a trovare soluzioni efficaci per affrontare la crescente crisi umanitaria, o assisteremo a un ulteriore inasprimento delle disuguaglianze globali, con milioni di persone condannate all’indigenza e alla morte?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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