
Papa Francesco un Dialogo e la Riforma Globale
Scritto da Fulvio Muliere il . Pubblicato in Attualità.
a cura di Fulvio Mulieri
La leadership di Francesco nella Chiesa e nel mondo: un impegno per la riconciliazione tra le fedi, la giustizia sociale e la pace globale
Papa Francesco ha incarnato, nel corso del suo pontificato, una rivoluzionaria e innovativa di Chiesa. La sua leadership, segnata dall’umiltà e da un profondo spirito di servizio, ha trovato una particolare espressione nell’impegno per il dialogo interreligioso, la giustizia sociale e la pace globale. Il suo pontificato ha preso piede in un contesto globale di crescente frammentazione sociale, conflitti e divisioni religiose, in un mondo che, nonostante le promesse della globalizzazione, continua a essere segnato dalla separazione tra culture e religioni.
Papa Francesco ha posto l’accento sul dialogo tra le religioni, con uno sguardo volto a ridurre l’intolleranza e la violenza religiosa. In un’epoca in cui le differenze etniche, politiche e religiose sembravano diventare sempre più accentuate, il Papa ha preso una posizione audace, proponendo una Chiesa non solo come comunità di fede, ma come luogo di incontro tra diverse tradizioni spirituali. Una delle sue battaglie più significative è stata quella di rafforzare le relazioni tra il Cristianesimo e l’Islam, un dialogo che non si limitava a sfere accademiche o teologiche, ma che abbracciava l’impegno per la pace e la solidarietà tra i popoli.
Nel suo pontificato Papa Francesco ha assunto una posizione di mediatore internazionale in una serie di contesti geopolitici complicati, come il conflitto israelo-palestinese e la crisi dei rifugiati. Ma il suo lavoro più evidente nel campo della diplomazia religiosa è stato, senza dubbio, il suo impegno costante per un dialogo profondo e sincero con le due principali correnti dell’Islam: sunnismo e sciismo. Questo impegno ha avuto delle ripercussioni straordinarie, che vanno oltre le mura del Vaticano, influenzando i rapporti tra paesi e comunità di fede, contribuendo a creare un clima di maggiore comprensione e cooperazione.
Il primo passo significativo di questo cammino di riconciliazione tra le fedi è stato compiuto già nel 2016, quando Papa Francesco riprese ufficialmente i contatti con l’Università di Al-Azhar al Cairo, la più grande e influente istituzione teologica dell’Islam sunnita. Questo incontro segnò l’inizio di una serie di gesti simbolici che avrebbero culminato nel 2019, con il viaggio ad Abu Dhabi, dove Papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb firmarono il Documento sulla Fratellanza Umana. Questo documento, che rappresenta un vero e proprio atto di riconciliazione tra le due fedi, esprimeva l’impegno comune per la libertà religiosa, la dignità umana e la promozione della pace. Le parole di Papa Francesco in quell’occasione furono chiare e incisive: “Costruire ponti, non muri.” Un messaggio che avrebbe risuonato a livello mondiale, sottolineando come la religione non debba mai essere utilizzata come giustificazione per l’odio o la violenza.
Il viaggio ad Abu Dhabi, tuttavia, non si limitò a un incontro tra leader religiosi, ma divenne un evento globale che ispirò milioni di persone in tutto il mondo, dimostrando che il dialogo tra le religioni non è una mera utopia, ma una possibilità concreta. La partecipazione di oltre 150.000 persone alla Messa celebrata dal Papa in quel contesto fu la prova tangibile che la speranza di un mondo pacifico, segnato dalla convivenza religiosa, è realizzabile.
Ma Papa Francesco non si fermò al dialogo con il mondo sunnita. Il suo impegno si estese anche all’Islam sciita, un ramo della religione musulmana che, nonostante la sua importanza, veniva spesso marginalizzato nei grandi tavoli di discussione internazionali. Il passo successivo in questa direzione avvenne nel marzo del 2021, quando Papa Francesco compì il suo storico viaggio in Iraq. Questo viaggio, che si svolse tra il 5 e l’8 marzo, rappresentò un evento senza precedenti: mai prima d’ora un Papa aveva visitato il paese martoriato dalle guerre e dalle divisioni interne. Ma più importante ancora fu l’incontro con il grande ayatollah Ali Al-Sistani, una delle figure più rispettate dell’Islam sciita.
A Najaf, la città dove risiede l’ayatollah, Papa Francesco e Al-Sistani si incontrarono in un gesto di pace che trascendeva le differenze religiose e politiche. Il loro incontro, che non richiedeva parole ma solo il silenzio della contemplazione e della speranza, rappresentò una pietra miliare nella storia delle relazioni tra Cristianesimo e Islam. In quella terra devastata dai conflitti settari, due leader religiosi, attraverso il loro abbraccio, mostrarono al mondo che la speranza di pace è possibile anche nei luoghi più segnati dalla violenza.
L’incontro con Al-Sistani non fu solo un atto simbolico, ma un segno tangibile di un cambiamento nella visione delle relazioni interreligiose. Il gesto di Francesco e Al-Sistani, in un contesto come quello iracheno, dove i conflitti religiosi e le divisioni interne hanno avuto conseguenze devastanti, mostrò che anche tra le differenze più profonde può esserci una via di incontro. Entrambi i leader, pur rappresentando tradizioni spirituali diverse, si trovavano uniti nella convinzione che la pace non è un ideale remoto, ma una necessità urgente.
Oltre all’incontro con l’ayatollah Al-Sistani, il viaggio in Iraq si arricchì di un altro momento significativo: la visita al sito di Ur, la città natale di Abramo, considerato una figura spirituale di riferimento per Ebrei, Cristiani e Musulmani. In quella terra, simbolo di unità tra le tre grandi religioni monoteiste, Papa Francesco presiedette un incontro interreligioso, dove le parole di speranza risuonarono con forza: “Da questo luogo si alzi un messaggio di unità: il cielo non si stanca di noi.” Questo momento di preghiera collettiva e di riflessione universale non solo rafforzò il legame tra le religioni monoteiste, ma rese evidente il messaggio che la pace è possibile anche nelle situazioni più difficili, e che la vera forza di una comunità di fede si misura nella capacità di superare le divisioni e di tendere la mano agli altri.
Ma Papa Francesco non ha solo incarnato la figura di un leader religioso impegnato nel dialogo interreligioso. La sua visione della Chiesa si è estesa a tutte le problematiche globali, mettendo in discussione l’attuale ordine mondiale e chiedendo una riforma profonda delle strutture economiche e sociali. Durante il suo pontificato, ha spesso richiamato l’attenzione sulla crescente disuguaglianza economica, sul cambiamento climatico, sulla povertà e sull’accoglienza dei rifugiati. Non solo un Papa dei poveri, ma anche un Papa dei migranti e dei marginalizzati, Francesco ha dimostrato che la Chiesa non può essere un’istituzione che si ritira dalle sfide del mondo, ma deve essere una forza attiva che promuove la giustizia sociale e la solidarietà universale.
Il suo impegno per la pace e la giustizia non si limitava a un ideale religioso, ma si traduceva in azioni concrete. Dai suoi interventi diplomatici sulla crisi israelo-palestinese alla sua posizione sempre ferma contro la guerra e la violenza, Papa Francesco ha incarnato un modello di leadership che andava oltre le parole, cercando di portare soluzioni reali e durature alle problematiche globali.
L’eredità di Papa Francesco non si misura solo nei suoi viaggi o nei suoi incontri interreligiosi, ma anche nelle profondità del cambiamento che ha promosso all’interno della Chiesa stessa. La sua riforma della Curia vaticana, l’inclusione di voci femminili nei processi decisionali, la lotta contro gli abusi all’interno della Chiesa e l’apertura verso una Chiesa più inclusiva e accogliente hanno segnato un punto di svolta significativo. Il suo pontificato ha sfidato le tradizioni più consolidate, spingendo la Chiesa a rivedere il suo ruolo nel mondo contemporaneo.
Con la morte di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, il mondo perde un leader che ha saputo incarnare con passione e coraggio i valori del Vangelo in un’epoca segnata dalla paura, dalle divisioni e dalla sfiducia. La sua morte segna non solo la fine di un’epoca, ma anche l’inizio di un’ulteriore riflessione sul ruolo che i leader religiosi devono giocare in un mondo sempre più secolarizzato e frammentato. La sua eredità, tuttavia, continua a risuonare, come testimonianza di una vita spesa per la pace, la giustizia e l’incontro tra le religioni. La sua visione di una Chiesa aperta e impegnata nel mondo, che si fa carico delle sofferenze dei più deboli e promuove l’unità tra i popoli, rimarrà un punto di riferimento per le generazioni future.
L’eredità di Papa Francesco ci insegna che la pace è sempre possibile, anche in un mondo che sembra segnato dall’intolleranza. Il suo esempio ci invita a costruire ponti, non muri, e a impegnarci ogni giorno nella costruzione di un mondo più giusto, accogliente e fraterno.