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La Terza Mano Vince Sempre

Scritto da Danilo Pette il . Pubblicato in .

La crescente disparità nei costi di beni e servizi tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo: un’analisi delle cause, delle conseguenze e delle possibili soluzioni.

La globalizzazione, un fenomeno che ha trasformato il mondo in un mercato interconnesso e globalmente integrato, ha portato con sé, oltre alle promesse di prosperità e crescita, un panorama di disuguaglianze economiche sempre più drammatico. Se da un lato essa ha indubbiamente contribuito a sollevare milioni di persone dalla povertà in alcune regioni del mondo, dall’altro ha esacerbato le disparità tra i paesi ricchi e quelli poveri, e al loro interno, fra le diverse classi sociali. La crescente disparità economica si manifesta in vari settori, ma uno dei più evidenti è senza dubbio la differenza nei prezzi dei beni e dei servizi essenziali tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo.

Il divario nei costi degli alimenti, dell’energia, dei beni di consumo quotidiano e dei servizi vitali è una delle principali cause della crescente disuguaglianza sociale e delle difficoltà economiche che colpiscono le popolazioni più vulnerabili. Nei paesi sviluppati, dove le infrastrutture sono più avanzate, i salari sono più elevati e il potere d’acquisto più forte, i consumatori godono di una vasta gamma di beni e servizi a costi relativamente contenuti. Al contrario, nei paesi in via di sviluppo, la stessa merce può costare decine o centinaia di volte di più, rendendo la sopravvivenza una sfida quotidiana.

La domanda che sorge spontanea è: come mai esiste una tale disparità tra i costi e le opportunità nelle diverse regioni del mondo? Perché i prezzi continuano a salire nei paesi in via di sviluppo, mentre nelle nazioni ricche tendono a stabilizzarsi, se non a declinare?

L’analisi di questo fenomeno parte innanzitutto da un esame del processo di globalizzazione, che ha modificato radicalmente l’economia mondiale, creando nuove dinamiche di mercato, ma anche nuove disuguaglianze. La liberalizzazione dei mercati, il libero scambio e la delocalizzazione della produzione hanno incentivato enormi flussi finanziari, ma hanno anche accelerato il processo di impoverimento per le popolazioni più vulnerabili. I paesi sviluppati, che hanno beneficiato di politiche economiche stabili, mercati finanziari maturi e un forte potere d’acquisto, hanno visto incrementare il loro benessere materiale, mentre nei paesi più poveri, la globalizzazione si è tradotta in una maggiore difficoltà nell’accesso ai beni e ai servizi essenziali.

Uno dei settori più emblematici in cui si manifesta la disuguaglianza globale è quello alimentare. I costi degli alimenti nei paesi in via di sviluppo sono enormemente distorti rispetto a quelli dei paesi ricchi. Prendiamo l’esempio di beni di prima necessità come il riso, il grano o il mais, alimenti di base che vengono consumati a livello globale. Mentre in paesi sviluppati come gli Stati Uniti o l’Unione Europea questi prodotti possono essere acquistati a prezzi relativamente bassi grazie alle politiche agricole protettive, ai sussidi statali e all’efficienza della produzione locale, in molte nazioni povere, come l’India o il Kenya, gli stessi beni sono in continua crescita di prezzo. Questo è dovuto a una combinazione di fattori: la scarsità di risorse locali, l’inefficienza delle infrastrutture, l’alto costo dei trasporti e la dipendenza dall’importazione di questi beni a prezzi gonfiati.

Ma il problema non si limita ai beni alimentari. L’energia, un altro bene fondamentale per la vita quotidiana, rappresenta un’altra area in cui si manifesta una disparità enorme tra i paesi ricchi e quelli poveri. Nei paesi sviluppati, l’accesso all’energia è generalmente abbondante ed economico, in parte grazie alle politiche di incentivo verso l’uso di energie rinnovabili e l’adozione di tecnologie avanzate per la produzione e la distribuzione. Nei paesi poveri, invece, l’energia è spesso un lusso che solo le famiglie più benestanti possono permettersi. L’accesso a fonti energetiche rinnovabili è limitato, e le infrastrutture obsolete rendono difficile l’accesso a una rete energetica stabile. A peggiorare la situazione, i prezzi delle risorse naturali, come il petrolio e il gas, sono gonfiati dalle multinazionali, aggravando ulteriormente la situazione. In alcuni paesi africani, ad esempio, il costo dell’energia elettrica può essere addirittura doppio rispetto a quello dei paesi sviluppati, nonostante i livelli di reddito siano molto più bassi.

Un altro ambito cruciale in cui la disuguaglianza si fa sentire è quello dei servizi essenziali, come la sanità e l’istruzione. Nei paesi sviluppati, il sistema sanitario pubblico e privato è in grado di offrire cure di qualità, accessibili alla maggior parte della popolazione grazie ai sussidi governativi e ai sistemi di assicurazione sanitaria statale. In molti paesi in via di sviluppo, tuttavia, il sistema sanitario è inadeguato o addirittura inesistente, costringendo le persone a ricorrere alla sanità privata, che è spesso di bassa qualità e riservata solo a una minoranza benestante. Le cure sanitarie sono, quindi, inaccessibili per la maggior parte della popolazione, con effetti devastanti sulla salute e sul benessere collettivo.

Allo stesso modo, l’accesso all’istruzione è una delle principali leve di mobilità sociale, ma il divario tra i paesi ricchi e quelli poveri è altrettanto drammatico. Nei paesi sviluppati, l’istruzione di base e superiore è generalmente gratuita e di qualità, accessibile a tutti i cittadini. Nei paesi poveri, invece, l’istruzione è spesso una questione di privilegio. Le famiglie più povere non possono permettersi di pagare per una scuola privata o per i materiali scolastici, e di conseguenza milioni di bambini e giovani restano esclusi da un’istruzione che sarebbe essenziale per il loro futuro. La mancanza di opportunità educative porta a un circolo vizioso di povertà che si tramanda di generazione in generazione, con effetti devastanti sull’intera società.

Un’altra causa fondamentale della crescente disuguaglianza economica è la volatilità dei mercati internazionali, che incide in modo drammatico sui paesi più poveri. Le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime, come il petrolio, i metalli e i beni alimentari, hanno un impatto devastante sulle economie in via di sviluppo, che sono spesso fortemente dipendenti dalle importazioni per soddisfare i propri bisogni interni. Nei paesi sviluppati, invece, le economie sono più stabili e protette da meccanismi di stabilizzazione economica. Le economie emergenti, invece, non possiedono le stesse capacità di manovra economica e finanziaria, e si trovano costrette a pagare prezzi molto più alti per risorse che vengono in larga parte estratte e prodotte nei loro stessi territori.

Un esempio emblematico di come la speculazione sui mercati globali influisca negativamente sui paesi poveri è la crisi alimentare che ha colpito molte nazioni africane negli ultimi decenni. Oltre agli effetti dei cambiamenti climatici e alla scarsità di risorse naturali, il fenomeno della speculazione finanziaria sui prezzi dei beni alimentari ha fatto lievitare i costi, colpendo duramente i paesi più vulnerabili. In queste circostanze, la crescita dei prezzi alimentari ha vanificato gli sforzi per ridurre la povertà, mentre milioni di persone sono rimaste intrappolate in un circolo vizioso di miseria.

Le disuguaglianze economiche non sono solo il risultato di fattori economici e di mercato, ma anche di cause politiche e strutturali. Le politiche economiche di molte nazioni sviluppate, unitamente al predominio delle multinazionali, contribuiscono direttamente a mantenere e ad amplificare queste disuguaglianze. La mancanza di un sistema fiscale internazionale che regoli adeguatamente il flusso di capitali e la distribuzione delle risorse ha portato a un’accentuata concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi attori globali. Le politiche di austerità e le misure di libero scambio, sebbene presentate come soluzioni per stimolare la crescita globale, hanno finito per esacerbare le disuguaglianze esistenti.

Molti paesi sviluppati si avvantaggiano delle condizioni di povertà di altri, spostando la produzione di beni a basso costo in paesi con leggi ambientali e salariali meno rigide. Le economie avanzate continuano a beneficiare dei prezzi artificialmente bassi dei beni prodotti nei paesi in via di sviluppo, mentre questi ultimi vedono crescere i costi di produzione e il malessere sociale.

In risposta a questa crescente disparità, alcuni paesi in via di sviluppo hanno iniziato a implementare politiche interne più coraggiose e innovative. Sistemi di welfare, sovvenzioni per i beni di prima necessità e politiche per migliorare le infrastrutture interne sono tentativi lodevoli ma spesso insufficienti. Tali interventi possono, infatti, migliorare le condizioni di vita a breve termine, ma non sono in grado di abbattere le barriere strutturali che determinano il costo della vita elevato nei paesi poveri.

L’agricoltura sostenibile, l’accesso all’energia rinnovabile, la riforma dei sistemi fiscali globali e il rafforzamento delle politiche internazionali di aiuto sono solo alcune delle possibili strade per ridurre il divario tra le nazioni. Tuttavia, affinché tali soluzioni siano efficaci, è necessario un cambiamento profondo nella governance economica mondiale. Occorre un impegno concreto da parte delle nazioni più ricche per affrontare seriamente le disuguaglianze globali e adottare politiche economiche più inclusive e sostenibili.

La disuguaglianza nei prezzi non è solo una questione di numeri, ma un problema di giustizia sociale che riguarda milioni di esseri umani. Le soluzioni esistono, ma dipenderanno dalla capacità delle nazioni di riconoscere le disuguaglianze strutturali e di promuovere un’economia mondiale più equa e solidale. Se non affrontata, questa disuguaglianza avrà effetti devastanti sulla stabilità globale, alimentando conflitti, migrazioni forzate e una crescente instabilità economica.

©Danilo Pette

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