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Viaggio nel luoghi Cuore del  UNESCO

Scritto da Danilo Pette il . Pubblicato in .

Dal cuore delle città storiche ai paesaggi rurali, dai riti immateriali al digitale; il progetto Mirabilia racconta un’Italia viva che guarda al futuro attraverso la lente del suo patrimonio.

Quando pensiamo ai siti UNESCO in Italia, ci vengono subito in mente immagini da cartolina: i mosaici di Ravenna, i trulli di Alberobello, la magnificenza di Pompei o i panorami della Val d’Orcia. Ma dietro questi scenari famosi si muove un’Italia meno visibile, fatta di storie, innovazioni, tensioni e trasformazioni che spesso sfuggono all’occhio del visitatore. È un’Italia che non si ferma alla bellezza, ma la usa come punto di partenza per riflettere su temi profondi: la sostenibilità ambientale, la convivenza tra turismo e comunità locali, l’uso delle tecnologie nei beni culturali, le disuguaglianze territoriali.

Il progetto Mirabilia – European Network of UNESCO Sites, nato da un’idea delle Camere di Commercio italiane, ha proprio questo obiettivo: guardare oltre il monumento, oltre la semplice valorizzazione turistica, per costruire un vero e proprio sistema. Un sistema dove il patrimonio culturale dialoga con le imprese, con le università, con i cittadini, e diventa motore di innovazione, partecipazione e crescita sostenibile.

In questo viaggio dentro l’Italia dei siti UNESCO, vedremo come un’antica cava di pietra può trasformarsi in laboratorio scientifico, come le app per la visita dei musei nascondano sfide geopolitiche e tecnologiche, come una festa di paese diventi questione di identità collettiva. Un percorso che attraversa paesaggi, città, tradizioni, modelli economici e piattaforme digitali, per raccontare un’Italia viva, stratificata, spesso contraddittoria, ma sempre capace di reinventarsi.

L’Italia dei siti UNESCO si presenta oggi come un arcipelago complesso di beni materiali e immateriali, paesaggi e memorie, infrastrutture culturali e tensioni politiche. Attraverso il progetto “Mirabilia – European Network of UNESCO Sites”, nato nel 2012 da un’iniziativa della Camera di Commercio di Matera e progressivamente allargato ad altri territori, l’Italia ha cercato di trasformare questo patrimonio in una piattaforma multidimensionale che unisce cultura, economia, sostenibilità e innovazione tecnologica. Il nome stesso, “Mirabilia”, richiama le antiche guide medievali dei pellegrini che viaggiavano verso Roma, ma oggi assume un nuovo significato, diventando strumento operativo per la valorizzazione integrata del territorio.

I 59 siti italiani iscritti nella lista UNESCO, primato mondiale nel 2023, sono frammenti di una geografia culturale stratificata che si estende dai trulli di Alberobello ai mosaici bizantini di Ravenna, dai paesaggi vitivinicoli delle Langhe ai Sassi di Matera, dalle ville palladiane al centro storico di Napoli. Ogni sito, oltre al suo innegabile valore estetico e storico, racchiude dinamiche politiche, economiche e antropologiche profonde: rivalità tra enti locali e Stato, tensioni tra tutela e sviluppo, conflitti tra turismo di massa e turismo consapevole, resistenza locale contro la gentrificazione e lo spopolamento.

Un caso emblematico è rappresentato dalla Val d’Orcia. Questo paesaggio agrario, inscritto nella lista UNESCO nel 2004, è diventato laboratorio di sostenibilità e ibridazione culturale. Qui, la sinergia tra viticoltura, ospitalità diffusa e innovazione tecnologica ha trasformato i poderi abbandonati in agriturismi energeticamente autonomi grazie all’integrazione di micro-impianti fotovoltaici. Le coperture in cotto ricostruito ospitano pannelli solari mimetici, frutto di progetti pilota finanziati da Horizon Europe e dal Green Deal. Le università toscane hanno sviluppato sistemi avanzati di monitoraggio ambientale attraverso droni e sensori per il microclima, creando un ecosistema che non si limita alla conservazione passiva, ma promuove una valorizzazione attiva e resiliente del paesaggio.

Una logica simile si ritrova nella gestione idrica dei Sassi di Matera. Qui, l’antico sistema di qanat e cisterne ipogee è stato ripristinato e aggiornato con reti di climatizzazione naturale che sfruttano la porosità della pietra locale. Questo sapere architettonico e idraulico, tramandato da secoli, è stato oggetto di progetti europei che hanno formato maestranze locali, artigiani, restauratori e guide culturali. L’abitare diffuso promosso dalle istituzioni ha frenato le dinamiche speculative, evitando che il centro storico diventasse un set musealizzato privo di vita.

Nelle Cinque Terre la complessità si accentua. La Regione Liguria vuole gestire in autonomia i flussi turistici, Roma cerca di imporre direttive nazionali e i piccoli comuni lottano tra esigenze di tutela e pressione economica. Le cooperative di guide locali protestano contro l’utilizzo di app turistiche create da soggetti privati esterni che banalizzano l’esperienza e sottraggono risorse. Il territorio è frammentato tra chi punta su un turismo rapido e standardizzato, e chi promuove un turismo consapevole e più lento, che stabilisce legami profondi e duraturi con i luoghi visitati.

Matera, Capitale Europea della Cultura nel 2019, è emblema delle contraddizioni italiane. Dopo un’improvvisa esplosione turistica, la città ha subito una speculazione immobiliare che ha spinto i residenti fuori dal centro. Tuttavia, sono nate esperienze virtuose: festival di arte partecipata, filiere del cibo locale, laboratori universitari di rigenerazione urbana. Il sapere immateriale, come la ceramica tradizionale o la memoria orale contadina, viene riconosciuto e reinserito nei circuiti produttivi culturali.

In Puglia, la valorizzazione della pietra leccese ha portato allo sviluppo di una filiera innovativa che integra il restauro monumentale con tecnologie di punta: scanner 3D, intelligenza artificiale per il rilevamento dei danni, sensori piezoelettrici per il monitoraggio sismico. Le nuove tecnologie trasformano il concetto stesso di conservazione, spingendo verso un’idea di patrimonio come organismo vivo, capace di interagire con l’ambiente e il contesto socioeconomico.

La digitalizzazione dei siti, accelerata da PNRR e fondi REACT-EU, ha prodotto esperienze immersive in realtà aumentata, modelli 3D open source, app interattive multilingua. Ma il rischio di banalizzazione, pirateria, eccessiva accessibilità è concreto. Per questo, alcune università e enti locali hanno sviluppato piattaforme basate su licenze Creative Commons e codici etici. Tuttavia, la dipendenza tecnologica resta un problema: molte amministrazioni si affidano a software proprietari stranieri, con conseguente espropriazione dei dati culturali. Il CNR e il Politecnico di Torino stanno sperimentando piattaforme open source interoperabili che garantiscano sovranità culturale e proprietà collettiva dei dati.

Ogni iscrizione UNESCO rappresenta anche una mossa nello scacchiere del soft power globale. L’Italia, pur essendo leader, si trova a competere con strategie aggressive: la Cina usa la cultura come strumento di diplomazia economica nella Belt and Road Initiative; Israele inserisce elementi geopolitici nelle sue candidature; la Russia cerca alleanze strategiche con Paesi che sfuggono all’influenza europea. In questo contesto, Mirabilia si configura come uno strumento di difesa e proiezione del patrimonio italiano, attraverso la costruzione di reti internazionali, cluster d’impresa culturale e partenariati con ONG.

In aree di pressione come Venezia, Pompei, Capri e la Costiera Amalfitana, le misure di contenimento sono necessarie: city tax, limitazioni di accesso, itinerari alternativi. A Pompei, il progetto “Cantiere Aperto” ha permesso di ridistribuire i flussi turistici, aprendo 75 nuovi spazi e installando sensori per il monitoraggio delle condizioni ambientali. Ma resta il problema della marginalizzazione delle competenze locali, spesso sostituite da professionisti provenienti da Roma, Bologna o Milano. Si crea una centralizzazione del know-how che esclude i territori più periferici.

Le università italiane hanno investito in corsi specifici su gestione dei beni UNESCO, comunicazione culturale, restauro e innovazione. Tuttavia, la fuga di cervelli continua: i giovani formati emigrano in Europa o oltre, attratti da condizioni migliori. Così, il sistema culturale italiano produce competenze che finiscono per rafforzare economie altrui, creando un paradosso di investimento senza ritorno.

La fragilità dei territori italiani è trasversale. Dalle Alpi soggette a rischio idrogeologico alla Sicilia colpita da desertificazione, ogni sito UNESCO è anche punto critico ambientale. Mirabilia propone una visione sistemica: integrare biologia del paesaggio, ingegneria antisismica, energie rinnovabili, pianificazione partecipata. Il sito nuragico di Barumini, in Sardegna, ne è esempio: l’energia è prodotta da pannelli solari integrati nei muretti a secco, l’illuminazione è LED a basso impatto, una start up ha brevettato una malta antisismica ecologica.

Anche in contesti agricoli, come le risaie vercellesi o la Val Camonica, la valorizzazione del paesaggio è integrata con pratiche di agricoltura sostenibile, canali ripristinati e colture locali resistenti. Tuttavia, i fondi europei spesso privilegiano infrastrutture materiali a scapito del capitale umano. Si creano conflitti tra agricoltori, università e ONG: ognuno promuove modelli differenti, ma agisce sullo stesso territorio.

Il patrimonio immateriale italiano è parte integrante della strategia Mirabilia. Dalla transumanza al canto a tenore, dalle feste religiose alla cucina regionale, ogni elemento diventa tassello di un’identità in continua ridefinizione. Tuttavia, la loro spettacolarizzazione, spesso dettata da logiche turistiche, rischia di svuotare di significato i riti e marginalizzare le comunità. È necessario restituire centralità all’“agency” locale, promuovere forme di auto-rappresentazione e narrazioni comunitarie.

A Taranto, il centro storico e le feste del borgo antico sono patrimonio immateriale riconosciuto, ma coesistono con la pesante narrazione industriale dell’ILVA. Le guide culturali devono confrontarsi con storie di inquinamento, malattie e conflitti, e non solo con monumenti. La memoria diventa qui campo di battaglia: cosa raccontare, come, e a chi? Mirabilia propone un approccio plurale, dove il visitatore è immerso in una molteplicità di voci.

Nel Trentino, la gestione partecipata dei paesaggi dolomitici ha portato a forme di turismo cooperativo. Le malghe sono trasformate in centri didattici, i sentieri mappati con software collaborativi e accessibili, i prodotti locali promossi in circuiti solidali. Tuttavia, anche qui emergono tensioni tra cultura locale e investimenti esterni. La pressione immobiliare legata allo sci e al turismo di lusso può alterare l’equilibrio sociale e ambientale.

Il paesaggio industriale di Ivrea, sede dell’Olivetti, è oggi sito UNESCO e laboratorio di economia civile. Le architetture moderne, le fabbriche dismesse, gli asili aziendali e i centri di calcolo sono riconvertiti in spazi per start-up culturali e imprese sociali. È un esempio di come l’eredità del lavoro possa diventare motore di rigenerazione urbana e culturale.

Nel Sud, dove i fondi PNRR sono stati allocati con priorità, il rischio è quello della “sussunzione burocratica del patrimonio”: una sovrastruttura amministrativa che paralizza le iniziative locali. La burocrazia frena i processi, rallenta i bandi, blocca l’innovazione. Le comunità, invece, chiedono tempi brevi, fiducia, e strumenti semplici.

Mirabilia, in questo contesto, cerca di fare rete: mette in contatto le camere di commercio con enti culturali, imprese con comunità, università con amministrazioni. L’idea è quella di una governance policentrica, dove la valorizzazione del patrimonio non sia un processo calato dall’alto, ma una negoziazione continua tra attori.

Questo approccio richiede nuovi linguaggi. Il lessico dei beni culturali deve aggiornarsi: parlare di “diritti culturali”, “giustizia territoriale”, “accessibilità radicale”, “memoria in transizione”. Le tecnologie devono diventare strumenti di mediazione e non di separazione; la cultura un diritto, e non un lusso.

In sintesi, i siti UNESCO italiani non sono solo simboli del passato, ma laboratori del futuro. Mirabilia li trasforma in nodi di una rete viva, complessa, inclusiva. Non senza contraddizioni, non senza conflitti. Ma è proprio in questa tensione che si gioca la sfida di un’Italia che non vuole solo conservare il proprio patrimonio, ma viverlo, trasformarlo, e condividerlo.

©Danilo Pette

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