
Responsabilità dall’Individuo al Vino
Scritto da Danilo Pette il . Pubblicato in Attualità.
La campagna “Wine in Moderation” come leva politico e la salute pubblica.Bere bene e responsabilmente non è soltanto un comportamento individuale, ma si configura sempre più come un pilastro culturale, economico e sociale da costruire e rafforzare collettivamente. È questa la visione al centro della campagna “Wine in Moderation – Art de Vivre”, promossa da WIM Aisbl, un’iniziativa internazionale che nasce per contrastare l’abuso di alcol attraverso una rinnovata cultura del vino, orientata in particolare verso i giovani e intrecciata con i concetti di benessere psicofisico, sostenibilità ambientale e responsabilità collettiva. La consapevolezza nel bere non è un semplice slogan, ma una risposta strategica a un mondo dove la velocità dei consumi rischia di intaccare le radici profonde del valore simbolico, storico e culturale del vino.
Il recente ingresso della Rete europea delle Città del Vino nella piattaforma di “Wine in Moderation” – formalizzato nella città di Porto – segna un passaggio decisivo: non si tratta soltanto di un’alleanza operativa tra realtà locali e reti sovranazionali, ma di un momento di confronto transnazionale che coinvolge direttamente le dinamiche dei modelli di consumo, le sfide legate alla sostenibilità del territorio, l’educazione al bere consapevole e il rapporto tra il vino e il patrimonio materiale e immateriale dell’Europa. Dietro ogni bicchiere di vino, infatti, si intrecciano storie secolari, saperi contadini, mutamenti economici, flussi commerciali, tensioni geopolitiche. È quindi fondamentale unire i fili di queste dimensioni in un unico discorso coerente, che ponga il vino al centro di una strategia culturale e politica ampia.
Nel cuore di questo progetto si collocano una serie di eventi, incontri e manifestazioni, organizzati in Italia e in diversi paesi dell’Unione Europea, che offrono occasioni preziose per riflettere su temi centrali quali il benessere psicofisico dei cittadini, le abitudini alimentari e conviviali dei consumatori, la formazione delle professionalità legate al mondo dell’enologia, l’inclusione delle nuove generazioni in processi educativi legati alla cultura del vino. L’obiettivo è chiaro: costruire una visione integrata che colleghi salute pubblica, sviluppo territoriale, valorizzazione del paesaggio, rispetto delle specificità locali e promozione dell’identità culturale. In quest’ottica, il vino diventa non più e non solo un prodotto da consumare, ma un vettore di significati, un elemento aggregante capace di generare valore sociale, economico e simbolico.
Bere bene significa scegliere la qualità piuttosto che la quantità, approfondire la conoscenza dei vitigni, del territorio di origine, dei metodi di coltivazione e vinificazione, riconoscere il lavoro che si cela dietro ogni etichetta, in un percorso di consapevolezza che trasforma la degustazione in un atto culturale. La moderazione non è quindi un limite, ma una forma di rispetto – per sé, per gli altri, per l’ambiente, per il patrimonio collettivo. Il vino ha attraversato i secoli come filo rosso tra le tecniche produttive, le strutture agrarie, i poteri politici e le pratiche sociali. Oggi, affrontare la questione del consumo moderato significa tentare una ricomposizione dell’intero ecosistema produttivo e culturale, costruito su competenze antiche, economie locali e globali, risorse naturali e nuove figure professionali.
Uno degli aspetti più delicati e strategici dell’intera campagna riguarda il rapporto con il mondo giovanile. Se le generazioni più anziane mantengono ancora una memoria viva dei rituali legati al vino – la vendemmia, i pasti domenicali, le feste di paese – le giovani generazioni si confrontano con dinamiche culturali molto diverse, spesso esposte a un consumo rapido, massivo, scollegato dalla narrazione del territorio. Per questo motivo l’iniziativa “Art de Vivre” si rivolge a loro in maniera specifica, offrendo modelli di consumo alternativi, strumenti conoscitivi, esperienze formative. L’educazione al bere moderato diventa, in questo contesto, una pratica di cittadinanza attiva: padronanza della materia, conoscenza degli effetti dell’alcol sul corpo e sulla mente, capacità di scelta informata, dialogo costante con gli operatori della filiera produttiva – agricoltori, enologi, sommelier, ristoratori, distributori – in un’ottica orizzontale, partecipata, generativa.
Questa attenzione crescente verso la formazione si traduce in un ampliamento dell’offerta formativa in campo enologico: master universitari, corsi di alta specializzazione, workshop, tirocini sul campo, iniziative scolastiche e parascolastiche che mirano a far emergere non solo competenze tecniche, ma anche consapevolezza sociale e culturale. La conoscenza tecnica, in questo quadro, si trasforma in uno strumento di qualità e di prevenzione, contrastando attivamente i rischi legati all’abuso di alcol e promuovendo un consumo integrato nella quotidianità, nel rispetto dei ritmi della vita e del corpo.
Investire su stili di consumo consapevoli significa anche investire sulla salute collettiva. Numerosi studi clinici dimostrano che un consumo moderato di vino – in particolare quando integrato in pasti completi e conviviali – può generare effetti positivi su metabolismo, salute cardiovascolare e benessere mentale. Tuttavia, questi benefici si manifestano solo in contesti in cui il vino non assume un ruolo di eccesso o di fuga, ma rimane radicato in una cultura di equilibrio. Per favorire questo approccio, la campagna promuove percorsi educativi e sensoriali che coinvolgono cantine, scuole, fiere di settore, webinar, percorsi audiovisivi e iniziative all’aperto. Le collaborazioni con amministrazioni locali, istituti scolastici e università europee danno vita a una rete transnazionale di conoscenza, basata su un’interdisciplinarità che coinvolge medicina, antropologia, sociologia, economia e cultura materiale.
La produzione vitivinicola rappresenta inoltre una delle sfere più dinamiche nello sviluppo sostenibile europeo. Tecniche di coltivazione biologiche e biodinamiche, limitazione dell’uso dei pesticidi, gestione razionale delle risorse idriche, salvaguardia della biodiversità e tutela delle varietà autoctone sono elementi fondamentali per la protezione dell’identità territoriale del vino e per la creazione di valore duraturo. Ma dietro questa transizione si cela una sfida di tipo tecnico e geopolitico: il cambiamento climatico sta modificando profondamente le zone di produzione tradizionali, costringendo molte regioni europee a sperimentare nuove soluzioni agronomiche, tra cui l’irrigazione mirata, la selezione di vitigni più resistenti, la rotazione agricola e il recupero dei terrazzamenti abbandonati. In parallelo, l’Unione Europea adotta normative rigorose in termini di tracciabilità, denominazioni di origine, etichettatura e certificazione – DOP, IGP, Biologico – strumenti fondamentali per tutelare il consumatore e il produttore, e per valorizzare i territori d’origine.
La produzione vitivinicola europea si colloca quindi all’incrocio di dimensioni storiche, economiche e geopolitiche. Ogni vitigno racconta una storia: la Garnacha spagnola parla del paesaggio iberico; la Falanghina evoca le colline campane; il Riesling tedesco esprime l’eleganza del Reno. Attorno a questi vini si muovono microeconomie locali, flussi commerciali, strategie turistiche, relazioni tra istituzioni e comunità. Sostenere la produzione moderata e sostenibile significa difendere la biodiversità paesaggistica del continente europeo, ma anche salvaguardare le reti sociali che crescono intorno ai filari, le architetture rurali, i saperi tradizionali, i paesaggi culturali protetti dall’UNESCO: la Valle del Douro, le Langhe, il Mosella, la Moldavia, la Ribera del Duero. Ogni vigneto è frutto di relazioni storiche, forme di cooperazione contadina, migrazioni stagionali, maestranze artigianali, interazioni con i poteri locali: un intreccio di forme di vita e di memoria che compongono il capitale culturale europeo.
Il settore vinicolo rappresenta oggi uno dei principali motori economici dell’Unione Europea. Nel 2022, le esportazioni di vino hanno generato oltre 34 miliardi di euro, contribuendo in modo significativo all’occupazione diretta e indiretta in agricoltura, enologia, distribuzione, ristorazione, turismo, marketing e comunicazione. I principali mercati di destinazione sono la Germania, il Regno Unito, il Nord America e l’Asia orientale. Il successo di questo export si fonda sulla capacità delle imprese di puntare su qualità, autenticità, innovazione e marketing sensoriale. Il turismo enogastronomico, in particolare, cresce a ritmi superiori rispetto ad altri segmenti, costituendo un potente strumento di valorizzazione dei territori e integrazione dei servizi. Le “Città del vino” ne sono esempio concreto: percorsi ciclabili tra i vigneti, B&B rurali, musei del vino, festival stagionali, itinerari educativi, recupero dell’architettura vernacolare. Il turista non cerca solo il vino, ma un’esperienza complessiva fatta di paesaggio, cultura, ospitalità, identità.
Non mancano però le criticità. Esistono forti squilibri tra territori produttivi ricchi e regioni marginali, tra produttori d’eccellenza e piccoli agricoltori, tra filiere corte e catene globali. Per evitare che queste disuguaglianze si amplifichino, è necessario promuovere investimenti mirati – pubblici e privati – in infrastrutture, servizi, tecnologie digitali, cooperative agricole, formazione tecnica e universitaria. Solo con un’azione strutturale sarà possibile favorire l’inclusione delle aree meno privilegiate nel circuito virtuoso dell’economia del vino. In questo contesto, la Rete delle Città del Vino può agire come laboratorio di innovazione sociale, governance partecipata e valorizzazione culturale, coinvolgendo giovani, enti locali, istituzioni sanitarie, organizzazioni culturali.
Accanto agli strumenti tradizionali – convegni, tavole rotonde, scambi di buone pratiche – si stanno affermando nuove tecnologie avanzate: l’uso dei big data per monitorare i comportamenti di consumo, l’intelligenza artificiale per ottimizzare la produzione, la blockchain per tracciare la filiera dal grappolo alla bottiglia, le app interattive per educare le nuove generazioni. Università e centri di ricerca collaborano con aziende e amministrazioni per sviluppare progetti che misurano gli effetti del consumo moderato sulla salute, migliorano la sostenibilità produttiva, coinvolgono emotivamente i giovani. La collaborazione con istituzioni sanitarie e ONG – comprese quelle giovanili come Erasmus+ e il movimento scout – aiuta a diffondere cultura, consapevolezza e buone pratiche in tutto il territorio europeo. L’esperienza della pandemia ha rinnovato l’attenzione verso stili di vita sani e l’importanza della prevenzione: in questo quadro, il consumo responsabile di vino riacquista centralità come espressione di equilibrio e salute.
L’analisi si estende anche alla dimensione geopolitica. L’Europa è impegnata a rafforzare la propria posizione nella catena globale del valore vitivinicolo, in competizione con i vini del Nuovo Mondo – Cile, Argentina, Sudafrica, Australia, California, Nuova Zelanda – che puntano su volumi elevati, marketing globale e prezzi più bassi. L’Unione Europea risponde valorizzando le denominazioni di origine, investendo in campagne di comunicazione nei mercati emergenti, aggiornando accordi commerciali, armonizzando norme fitosanitarie e ambientali. Lo scambio vitivinicolo diventa strumento di soft power, occasione di dialogo diplomatico, narrazione identitaria. Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Germania: ogni paese protegge le sue eccellenze, costruendo attorno al vino un discorso pubblico che parla di territorio, cultura, storia.
In questo orizzonte complesso e articolato, il vino si configura non come un semplice prodotto, ma come un’esperienza totale che unisce materia prima, identità locale, benessere collettivo, innovazione tecnologica e visione geopolitica. È un mediatore culturale tra la storia materiale – fatta di filari, cantine, strumenti contadini – e il presente digitalizzato – fatto di app, tracciabilità, dati. È una piattaforma di senso condiviso, che permette di costruire coesione sociale, generare sviluppo, promuovere educazione, proteggere la salute. Una strategia integrata, un modo di abitare il mondo, un atto culturale e politico. Bere bene diventa così un gesto carico di significato: una scelta consapevole, una forma di rispetto, una narrazione collettiva da costruire ogni giorno, insieme.
©Danilo Pette