
Cirenaica, missione fallita dell’UE: l’Italia resta l’unico attore credibile
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Italia ed Esteri.
Missione UE fallita in Cirenaica: l’Italia resta l’unico attore credibile tra interessi dell’ENI, migranti e diplomazia.
Che l’Unione Europea sia sempre più un gigante burocratico con i piedi d’argilla è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo.
Ma quando il cortocircuito colpisce direttamente l’asse mediterraneo — Libia, Italia, Malta, Grecia — e si trasforma in un pasticcio diplomatico degno delle peggiori pagine della diplomazia bruxellese, allora è giusto raccontarlo per ciò che è: l’ennesimo atto di autolesionismo strategico firmato UE.
La missione in Cirenaica: tra pragmatismo e veti ideologici
Tutto nasce da una missione diplomatica nella Cirenaica — la regione orientale della Libia controllata dal generale Haftar. Una delegazione europea, con la partecipazione di Malta, Grecia, e del Commissario europeo alle migrazioni, si era recata sul posto per un confronto istituzionale con una delle componenti governative del Paese, sebbene non formalmente riconosciuta da Bruxelles.
Ma il colpo di scena arriva “dall’interno”. L’ambasciatore UE in Libia Nicola Orlando (diplomatico italiano nominato nell’aprile 2023 da Josep Borrell e accolto formalmente dal governo libico a Tripoli nel settembre successivo), decide di disdire l’incontro, “vietando anche la classica photo-opportunity”, per non “legittimare” il governo della Cirenaica.
Non ci vuole un esperto di geopolitica per intuire la portata della gaffe: da un lato si accetta l’invito, si partecipa a un incontro delicato in un’area chiave per gli equilibri del Mediterraneo; dall’altro si decide, all’ultimo minuto, di negare visibilità agli interlocutori locali, trattandoli come “paria”.
Una contraddizione tanto grave quanto pericolosa, “perché mina la credibilità dell’intera azione diplomatica europea nel quadrante sud”.
Italia tra logica commerciale e accuse pretestuose
A margine di questo incidente, non sono mancate le strumentalizzazioni politiche interne.
Alcuni esponenti del Partito Democratico hanno parlato di “contrappasso” per il Ministro Piantedosi, accusandolo per il mancato successo della missione.
Peccato che, come emerge chiaramente anche dalle dichiarazioni ufficiali del ministro degli Interni di Malta, “Piantedosi non c’entri assolutamente nulla”. La tensione è nata a Bruxelles, da una gestione ideologica e miope del dossier libico.
Intanto, mentre la diplomazia europea inciampa, “l’Italia agisce”.
Solo due settimane fa, oltre 100 aziende italiane si sono recate a Bengasi per partecipare a un summit economico: collaborazione industriale, scambi commerciali, apertura di canali diretti. Tutto è filato liscio. Nessuna crisi. Nessuna tensione. Un chiaro esempio di come, “quando si mette da parte il politicamente corretto e si adottano strumenti pragmatici”, l’Italia può essere protagonista nel Mediterraneo.
Il nodo migratorio e la geopolitica della pressione
Non va dimenticato che tutto ciò si inserisce in un contesto ben più ampio: “la gestione dei flussi migratori e la nuova realpolitik che avanza”, anche in Europa.
La presenza del commissario UE per le migrazioni non era casuale: il dossier migranti è tutt’altro che chiuso. Ed è evidente che la Libia — “tutta”, non solo Tripoli — intende giocarsi la carta migratoria come leva negoziale, come già fa la Turchia e come faceva il Marocco.
Siamo in un mondo post-ideologico, dove la trattativa si fa con la forza e non con le buone maniere. “La Libia ha imparato la lezione trumpiana”: contano gli interessi, non le formalità. Ma l’Unione Europea, invece di imparare, resta impantanata nei suoi dogmi diplomatici e nei suoi riti vuoti.
Gli interessi italiani con l’ENI in Cirenaica
La nostra compagnia nazionale è da anni il principale attore energetico nel Paese, con investimenti multimiliardari e operazioni attive sia a ovest (Tripolitania) che a est (Cirenaica).
In Cirenaica, in particolare, ENI ha interessi diretti in impianti di estrazione e infrastrutture energetiche, che rientrano in un piano più ampio di stabilizzazione del Paese attraverso cooperazione economica e energetica.
È qui che il pragmatismo italiano aveva dato frutti: con accordi commerciali bilaterali, partnership con aziende locali, e persino summit tra imprese — come quello recente a Bengasi.
Un incidente diplomatico come quello causato dal blocco della delegazione europea non è solo una figuraccia politica, ma rischia di trasformarsi in un boomerang strategico: se la Cirenaica dovesse percepire l’Italia come subordinata ai diktat europei, aprirebbe del tutto canali alternativi con attori esterni, come Russia, Egitto o perfino Turchia (cosa che ha già cominciato a fare).
La Libia orientale — e in particolare la Cirenaica sotto il controllo del generale Khalifa Haftar — ha già da anni avviato e consolidato rapporti con attori esterni alternativi all’Europa, in particolare Russia, Egitto e Turchia (quest’ultima più presente però nella parte occidentale, a sostegno del governo di Tripoli).
E in uno scenario in cui la sicurezza energetica è diventata una delle priorità assolute post-Ucraina, l’Italia non può permettersi di perdere terreno dove ha già una posizione di vantaggio storico ma in costante deterioramento.
L’Unione Europea è in ritardo, e l’Italia rischia di perdere peso proprio in una zona dove è storicamente radicata, c’è lo snodo migratorio e dove ENI ha interessi cruciali.
Serve una politica estera italiana più autonoma
efficace, radicata nei nostri interessi strategici.
Non possiamo continuare a farci frenare da un’Europa che si ostina a ignorare la realtà sul campo e si chiude in una torre d’avorio fatta di riconoscimenti formali e paralisi decisionale.
Come dicevano i romani: “primum vivere deinde philosophari”.
Se vogliamo contare nel Mediterraneo, dobbiamo tornare a pensare come potenza regionale, “stringere alleanze dirette”, sostenere le nostre imprese e pretendere rispetto. L’Italia può farlo. Ma deve, dobbiamo, volerlo davvero.
FONTI
- Forum economico Italo-Libico a Bengasi
- ISPI: Lybia
- La Libia dell’Est espelle la delegazione Ue che doveva discutere di immigrazione
- La delegazione Ue con Piantedosi respinta a Bengasi
