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Ferrero compra Kellogg

Ferrero compra Kellogg

Ferrero compra Kellogg: una mossa strategica che insegna alle aziende italiane come conquistare davvero il mercato USA.

La notizia è di quelle che ridefiniscono le mappe del potere economico globale: il colosso italiano Ferrero è in trattativa avanzata per acquisire WK Kellogg Co., la divisione che produce alcuni dei cereali più iconici d’America, da Froot Loops a Frosted Flakes. Un’operazione da circa 3 miliardi di dollari che, come prevedibile, ha fatto schizzare le azioni di Kellogg a Wall Street.

Ma fermarsi alla cifra o al blasone dei marchi sarebbe un errore. Per chi, come me, da anni insiste sulla necessità per le aziende italiane di produrre negli Stati Uniti per vincere negli Stati Uniti, questa mossa non è solo una notizia finanziaria. È la conferma definitiva di una tesi strategica. È una masterclass che ogni imprenditore italiano con ambizioni americane dovrebbe studiare.

 

Non si esporta un prodotto, si compra un mercato

Analizziamo i fatti, attingendo alle fonti più autorevoli come il Wall Street Journal e la CNBC. Ferrero non sta semplicemente pianificando di inondare gli scaffali americani con più Nutella o Rocher. Sta facendo un passo infinitamente più audace e intelligente: sta acquisendo un pezzo di cultura e infrastruttura americana.

Con questa operazione, Ferrero non compra solo ricette e marchi. Compra:

  1. Impianti Produttivi: Stabilimenti già operativi e ottimizzati per il mercato locale.
  2. Reti Distributive: L’accesso capillare a ogni supermercato, da Walmart a Kroger, che solo un player storico come Kellogg può garantire.
  3. Know-how Locale: Team di marketing, ricerca e sviluppo che conoscono i gusti, le abitudini e i sogni del consumatore americano medio.
  4. Heritage: Marchi che sono parte della colazione americana da generazioni.

Questo è il punto che ribadisco da tempo: il “Made in Italy” è un valore immenso, ma pensare di conquistare un mercato complesso e protezionista come quello americano solo con l’esportazione è una visione limitata e, a lungo termine, perdente. Ferrero (assieme a Illy e Lavazza) lo ha capito.

 

La strategia del cavallo di Troia: non è la prima volta

Questa mossa non è un fulmine a ciel sereno. È il culmine di una strategia di espansione nordamericana scientifica e implacabile:

  • 2018: Ferrero acquisisce per 2,8 miliardi di dollari il business dolciario di Nestlé USA, portandosi a casa brand come Butterfinger e Crunch.
  • 2019: Rileva da Kellogg (sì, proprio loro) il business dei biscotti, inclusi i mitici Keebler, per 1,3 miliardi di dollari.

Ogni acquisizione non è stata casuale. Ferrero ha sistematicamente comprato aziende americane con impianti produttivi americani per servire i consumatori americani. Ha usato la sua liquidità non per costruire cattedrali nel deserto, ma per comprare le chiavi della città.

 

Una curiosità che spiega tutto: le origini di Kellogg

Per capire la portata simbolica di questa operazione, c’è una storia che i report finanziari non raccontano.

I Corn Flakes non nacquero come un prodotto goloso. Furono inventati per errore alla fine dell’800 dal Dr. John Harvey Kellogg, un medico avventista e un salutista quasi fanatico che gestiva un sanatorio in Michigan. I fiocchi di mais dovevano essere un cibo semplice e sano per i suoi pazienti.

Fu suo fratello, Will Keith Kellogg (da cui il nome dell’azienda “WK Kellogg Co.”), a intuirne il potenziale commerciale, aggiungendo zucchero (con l’orrore del fratello) e fondando un impero.

Ferrero, quindi, non sta solo comprando un’azienda di cereali zuccherati. Sta acquisendo l’eredità di una delle più incredibili storie imprenditoriali americane, nata come esperimento salutista e diventata un’icona pop. Un’eredità che non si può replicare, ma solo comprare. E per farlo, devi essere lì.

 

La lezione per le aziende italiane

Cosa ci insegna, quindi, la mossa di Giovanni Ferrero?

Che la vera internazionalizzazione non si fa con le fiere di settore e i cataloghi patinati. Si fa con il coraggio, la visione e, soprattutto, con i piedi ben piantati nel mercato di destinazione.

L’acquisizione di WK Kellogg dimostra che per diventare un player globale non basta avere un prodotto eccellente; bisogna avere la strategia per farlo diventare parte del tessuto locale. Produrre localmente abbatte i costi di logistica, trasporto, annulla i rischi di dazi e tariffe (sempre dietro l’angolo), e permette un’agilità e una capacità di adattamento che nessuna filiale di importazione potrà mai avere.

Mentre molte aziende italiane si accontentano di essere un prodotto di nicchia nella corsia “international foods”, Ferrero ha deciso di comprare l’intera corsia della colazione. E lo sta facendo non da Alba, ma direttamente dal cuore dell’America.

La domanda che ogni imprenditore italiano dovrebbe porsi oggi non è “Come posso esportare di più negli USA?”, ma “Cosa devo comprare o costruire negli USA per diventare un leader di mercato?“. La risposta, come dimostra Ferrero, vale miliardi.

 

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FONTI:


Foto autore articolo

Gabriele Felice

Gabriele Felice Founder & CEO ISW Italian Store World | Connecting the Best of Italy with the Western Market | https://www.italianstoreworld.com https://medium.com/@Gabriele.Felice https://www.italiareportusa.com/author/gabriele-felice
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