
Anchorage: non pace ma nuovi confini.
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Esteri, Diplomazia e Internazionalizzazione, Italia ed Esteri.
Anchorage: non pace ma nuovi confini. Un incontro simbolico che segnala la ridefinizione di potere tra USA e Russia.
Non è l’Ucraina, non è la pace ma ridisegnare nuove sfere e nuovi equilibri. Non ci si stringe la mano per compiacere i fotografi, nĂŠ per scrivere comunicati intrisi di retorica umanitaria.
In Alaska, davanti alle montagne eterne e al mare che custodisce le rotte dellâArtico, due uomini si incontrano per ribadire ciò che conta davvero: chi comanda e dove iniziano e finiscono i reciproci imperi.
Questo almeno l’intento del Presidente Trump. Che lo sia anche di Putin è tutto da vedere.
Che Zelensky non sia stato invitato non è un incidente di protocollo. à un messaggio.
Un atto deliberato, un colpo secco sul tavolo: lâUcraina è solo una casella su una scacchiera piĂš vasta. Qui si disegna la nuova carta delle sfere di influenza. Qui, tra il vento gelido e la neve eterna, si replica il copione che fu di Yalta: pochi, potentissimi, che decidono per tutti.
E non è un caso che il teatro di questo incontro sia proprio lâAlaska. Per anni, da Mosca, si è alimentata la nostalgia di un passato imperiale in cui questa terra era ârussaâ. Oggi Putin mette piede qui, non da conquistatore ma da ospite. Lo fa accettando, forse obtorto collo, la cornice americana. Ă come se dicesse: âQuesta è casa vostra, e io lo riconoscoâ.
Parallelamente, mentre ad Anchorage si discute di confini invisibili ma reali, a Washington e in altre cittĂ blu lâordine cambia volto. La Guardia Nazionale presidia strade che fino a ieri erano feudi intoccabili del progressismo militante. Non è solo unâoperazione di sicurezza: è un colpo chirurgico alle cittĂ santuario, ai laboratori di ideologia woke, alle capitali del relativismo morale e politico. Ă la fase due del piano: dopo la proiezione di forza allâesterno, la bonifica interna.
Trump non gioca a rincorrere emergenze: costruisce scenari. Distrugge per ricostruire.
E questa volta la ricostruzione parte da due pilastri: la riaffermazione della sovranitĂ sui confini esterni e la riconquista dellâanima nazionale allâinterno.
LâAlaska non è soltanto un luogo. Ă un avvertimento.
E questo incontro, piaccia o no, non riguarda Kiev.
Riguarda il mondo che verrĂ .
Queste sono deduzioni basate sullâosservazione di fatti, dati ed eventi; non pretendo di affermare veritĂ assolute, ma di offrire una possibile chiave di lettura.
