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“L’Oro come Arma”

Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in .

A cura di Agostino Agamben

“Analisi delle Tendenze Globali e degli Impatti Economici. Come il Ritorno dell’Oro, Alimentato da Dazi, Instabilità Finanziaria e Crisi Geopolitiche, Stia Riaffermando il Suo Ruolo come Bene Rifugio e Strumento di Potere Economico, Influenzando gli Equilibri di Mercato e la Sovranità Monetaria nei Principali Mercati Globali”

L’oro, il metallo prezioso che ha affascinato l’umanità per millenni, ha sempre avuto un valore simbolico ed economico che va ben oltre la sua bellezza intrinseca. Negli ultimi anni, la domanda di oro ha visto un’impennata senza precedenti, e la sua ascesa ai massimi storici, superando i 2.900 dollari per oncia, ha suscitato l’attenzione di analisti, economisti e politici in tutto il mondo. Questo non è solo un riflesso di un’economia globale che vacilla sotto i colpi di crisi finanziarie e conflitti geopolitici, ma rappresenta anche il segnale di un cambiamento profondo nel sistema monetario e nelle dinamiche di potere internazionali. Dietro l’oro, c’è una guerra commerciale tra superpotenze economiche, una lotta per il controllo delle riserve globali e una sfida alla legittimità delle monete fiat, che rischia di riplasmare l’intero equilibrio economico mondiale.

La Guerra dei Dazi e la Corsa all’Oro

La politica protezionistica degli Stati Uniti, sotto la presidenza di Donald Trump, ha segnato l’inizio di una nuova era nella geopolitica economica. La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, scatenata dalle tariffe imposte sui beni provenienti dal paese asiatico, ha avuto ripercussioni globali che si sono manifestate in vari settori: dal commercio internazionale alla tecnologia, dalla produzione industriale alla valuta. Tuttavia, uno degli effetti più interessanti di questa guerra è stata la crescita esponenziale della domanda di oro come bene rifugio. Gli Stati Uniti, da una parte, e la Cina, dall’altra, hanno imposto dazi reciproci, provocando un’instabilità nei mercati internazionali e alimentando la paura che le economie globali potessero essere travolte da una spirale inflazionistica. Questo ha spinto investitori, banche centrali e governi a rifugiarsi nell’oro, un bene che ha dimostrato una resistenza alla volatilità dei mercati finanziari, sebbene non sia immune da fluttuazioni.

Il metallo prezioso è sempre stato considerato un “bene rifugio” in tempi di incertezze. In passato, durante le crisi economiche o le guerre, l’oro è sempre stato il bene a cui i governi e gli investitori si sono rivolti per proteggere il valore del denaro e delle ricchezze. Ma la situazione attuale è molto più complessa rispetto a quella delle crisi passate. Oggi, l’oro non è solo una protezione contro l’inflazione o contro la svalutazione delle valute, ma è diventato anche un simbolo di potere. La crescente domanda da parte delle banche centrali di oro, unita alla crescente incertezza riguardo la sostenibilità del sistema monetario basato sul dollaro, ha ridisegnato il ruolo del metallo giallo. L’oro non è più solo un bene da accumulare in tempi di crisi, ma sta diventando un campo di battaglia geopolitico.

Il Ruolo delle Banche Centrali nella Corsa all’Oro

Nel 2023, le banche centrali hanno acquistato più oro rispetto a qualsiasi altro periodo dal 1970, alimentando ulteriormente la corsa al metallo. La Russia e la Cina, in particolare, sono tra i maggiori acquirenti di oro, avendo accumulato enormi riserve nel corso degli ultimi anni. La Cina, con il suo modello economico fortemente influenzato dalla necessità di mantenere una politica monetaria stabile e indipendente dalle pressioni esterne, ha aumentato le sue riserve auree in modo significativo. A sua volta, la Russia, impegnata in una politica estera sempre più assertiva, ha visto nell’oro un mezzo per diversificare le proprie riserve e ridurre la dipendenza dal dollaro, un obiettivo che è diventato ancor più urgente dopo le sanzioni internazionali imposte dall’Occidente.

Le banche centrali di molti altri Paesi, anche quelli più piccoli o emergenti, stanno seguendo l’esempio. La Polonia, ad esempio, ha deciso di incrementare le proprie riserve auree di circa 90 tonnellate, un passo che potrebbe sembrare modesto se comparato con le riserve di potenze come gli Stati Uniti o la Cina, ma che rappresenta comunque un gesto politico significativo. Questo movimento, apparentemente economico, è in realtà una mossa di sovranità, una dichiarazione che riflette il timore che, in un mondo sempre più multipolare e meno dipendente dal dollaro, la sicurezza economica dipenda in gran parte dal possesso di oro fisico.

Un altro aspetto che ha contribuito all’aumento delle riserve auree è la crescente sfiducia nei confronti delle valute fiat, che sembrano vulnerabili a fluttuazioni imprevedibili. Gli Stati Uniti, ad esempio, sono stati protagonisti di un’espansione monetaria senza precedenti, con il governo che ha stampato enormi quantità di dollari per finanziare il proprio debito e le spese pubbliche. La risposta degli investitori è stata un’ulteriore spinta verso l’oro, che rappresenta una protezione contro l’inflazione e una garanzia di stabilità in un contesto di monete instabili.

Il Fenomeno del “London Gold Exodus”

Un altro aspetto interessante della crescente domanda di oro è il fenomeno noto come il London Gold Exodus, un termine che descrive la fuga dei lingotti d’oro dai caveau della Banca d’Inghilterra verso altre destinazioni, in particolare gli Stati Uniti. Londra, da sempre considerata uno dei principali centri finanziari mondiali, sta assistendo a una rapida deplezione delle proprie riserve auree. I motivi alla base di questo esodo sono molteplici: la crescente sfiducia nelle istituzioni finanziarie occidentali, la paura di possibili espropri o la svalutazione delle riserve, e la volontà di garantire una maggiore sicurezza in un contesto internazionale che si sta sempre più polarizzando.

Molti degli investitori che hanno spostato l’oro da Londra agli Stati Uniti lo hanno fatto per garantirsi che i loro beni fossero al sicuro da possibili rischi geopolitici. In effetti, la Banca d’Inghilterra, che fino a pochi anni fa custodiva una delle più grandi riserve d’oro del mondo, ha visto il suo ruolo ridursi. La crescente influenza della Cina e della Russia sul mercato dell’oro sta portando a una ripartizione delle riserve auree a livello globale, spostando l’asse di potere da Londra verso altre aree, come New York, dove il mercato dell’oro è in forte crescita.

Il “Oro alla Patria” e il Ritorno delle Riserve in Italia

In Italia, il dibattito sul rimpatrio dell’oro ha preso piede negli ultimi anni, alimentato dalla crescente instabilità geopolitica e dalla crescente sfiducia nei confronti delle banche centrali occidentali. La Banca d’Italia, infatti, custodisce la maggior parte delle sue riserve auree all’estero, in particolare presso la Banca d’Inghilterra. Questa scelta, che risale a decenni fa, è stata giustificata dalla volontà di garantire la sicurezza e la liquidità delle riserve. Tuttavia, con l’aumento delle tensioni geopolitiche, il governo italiano ha cominciato a valutare la possibilità di rimpatriare una parte significativa di queste riserve per evitare che possano essere soggette a rischi di espropriazione o svalutazione.

Il piano di rimpatrio delle riserve auree italiane, soprannominato “Oro alla Patria”, è stato sostenuto da diverse forze politiche e da numerosi economisti, che vedono nell’oro un simbolo di sovranità e di indipendenza economica. La domanda di oro in Italia è sempre stata legata alla sua tradizione storica e culturale, ma oggi il rimpatrio delle riserve ha anche una forte valenza politica. L’oro, infatti, sta diventando il nuovo strumento attraverso il quale i Paesi cercano di riaffermare il loro potere economico e la loro autonomia in un mondo sempre più multipolare.

Il Ritorno dell’Oro come Moneta Universale

L’ascesa dell’oro come asset fondamentale nelle riserve internazionali non è solo un fenomeno economico, ma anche simbolico. Se la crisi finanziaria globale del 2008 aveva minato la fiducia nelle istituzioni bancarie e nelle valute fiat, la recente ascesa dei prezzi dell’oro potrebbe segnare l’inizio di un ritorno dell’oro come moneta universale. In un contesto dove le valute nazionali sono sempre più vulnerabili a fluttuazioni politiche ed economiche, l’oro potrebbe ritrovare il suo ruolo di valuta di scambio globale, come era prima dell’introduzione del sistema monetario basato sul dollaro e sulle monete fiat.

La prospettiva di un ritorno all’oro come moneta mondiale ha guadagnato terreno anche tra i critici del sistema finanziario attuale, che vedono nel metallo prezioso una soluzione per risolvere i problemi legati all’inflazione, al debito sovrano e alla speculazione finanziaria. Un sistema basato sull’oro potrebbe ridurre la capacità dei governi di stampare moneta a piacimento, portando a un maggiore controllo della finanza internazionale e a una maggiore stabilità economica globale.

Un Futuro d’Oro?

L’oro sta vivendo un periodo di grande fermento. La sua risalita ai massimi storici è solo il sintomo di una dinamica geopolitica ed economica in corso, che sta rimodellando il panorama mondiale. La crescente domanda da parte delle banche centrali, il fenomeno del London Gold Exodus e la corsa all’oro in Paesi come la Cina, la Russia e l’Italia, sono segnali chiari di un mondo che sta cambiando. L’oro sta diventando un campo di battaglia non solo per la protezione economica, ma anche per il controllo delle risorse, della sovranità e della stabilità politica internazionale. La vera domanda non è se l’oro tornerà a giocare un ruolo centrale nel sistema monetario globale, ma piuttosto quando e come questo accadrà. La risposta potrebbe essere più vicina di quanto pensiamo, e l’oro, un giorno, potrebbe davvero riprendersi il ruolo che aveva un tempo: quello di moneta universale.

 

 

 

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