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A 500 Anni dalla Morte di Raffaello Sanzio III°

PARTE TERZA
IL GENIO RINASCIMENTALE AL PANTHEON

Nel giorno del Venerdì Santo di 500 Anni fa, il 6 Aprile 1520, moriva a Roma il grande artista Raffaello Sanzio, giovanissimo all’età di 37 anni. Per sua volontà fu sepolto al Pantheon. Fu un evento che sconvolse gli animi, notizia sopraggiunta all’improvviso, dopo appena un anno dalla morte di un altro Genio Universale Leonardo da Vinci, 2 Maggio 1519.

L’anno scorso, infatti, nel 2019 sono stati celebrati i 500 Anni della Morte di Leonardo, per l’occasione venne organizzata un’importante e interessante Mostra alle Scuderie del Quirinale, a Roma. Anche quest’anno, all’inizio di Marzo 2020, in questo prestigioso spazio espositivo, per celebrare i 500 Anni della Morte di Raffaello Sanzio, è stata inaugurata la Mostra dal titolo “Raffaello”, chiusa dopo pochi giorni. A causa dell’Emergenza Mondiale per la pandemia del coronavirus questa mostra e tante altre iniziative a Roma, in Italia e nel mondo sono state sospese e trasferite dalla dimensione REALE alla dimensione VIRTUALE. La mostra infatti è possibile visitarla nella rete, sono stati organizzati dei percorsi virtuali e digitali, che consentono di vedere e di conoscere in modo approfondito la genialità di uno dei più grandi artisti rinascimentali, capace di influenzare tutta l’arte successiva.

CORONAVIRTUS VS CORONAVIRUS

MEMENTO AUDERE  SEMPER

Michelangelo, Leonardo e Raffaello rappresentano la triade fondamentale del Rinascimento. La loro Opera in assoluto sta a fondamento dell’Arte e della Cultura italiana ed europea. Sono stati definiti a ragione Geni Universali, che tutto il mondo stima e riconosce. La loro Vita e Opera è avvolta nel mistero e nella leggenda, tanto da essersi ormai sublimata sul piano del Mito.

MORTE DI RAFFAELLO A ROMA

Raffaello morì tra il 6 e il 7 Aprile, alle ore 3 del Venerdì Santo e Vasari, nel raccontare la Vita del Maestro, addirittura fa coincidere anche il giorno della Nascita con il Venerdì Santo del 1483. Il Vasari racconta che morì all’improvviso all’età di 37 anni, dopo 15 giorni (o 8 giorni) di febbre “continua e acuta,” causata da “eccessi amorosi”. La sua fama, nonostante la giovane età, si era ampiamente diffusa in tutte le corti d’Europa, al punto che i suoi contemporanei alimentarono da subito la leggenda della sua “origine divina”, tanto da considerarlo una reincarnazione di Cristo.

Innanzitutto il nome. Raffaello era figlio di Giovanni Santi, e lui stesso si firmava in latino con l’appellativo, “Sancti”. Si racconta che quando morì, alle 3 del Venerdì Santo, come Cristo, ci fu un terremoto che causò una crepa nel Palazzo Vaticano, sul soffitto delle Logge. Il fatto fu interpretato come un segno, e messo in riferimento alla volta del Tempio di Gerusalemme, che si aprì alla morte di Cristo. Inoltre a indurre i suoi conoscenti a questo confronto continuo con la figura di Cristo, contribuì anche il suo aspetto. La somiglianza con l’iconografia del Cristo era evidente, come si può osservare nell’ “Autoritratto con un amico”, i capelli lunghi e lisci, con riga centrale e la barba, al punto che dal suo aspetto emanava una bellezza e una nobiltà che “rassomigliava a quella che tutti gli eccellenti pittori rappresentano nel Nostro Signore”.

Significative le parole del Vasari “di natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole vedersi in coloro che più degli altri hanno a certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d’una graziata affabilità”. Prima di morire nella sua camera fu appesa alla parete la tela con la “Trasfigurazione”, opera rimasta incompiuta nella parte inferiore e completata dai suoi allievi, in particolare da Giulio Romano. Vasari ci racconta che nel vedere quell’opera viva con il Cristo al centro in alto e Raffaello morente faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava”.

TOMBA DI RAFFAELLO AL PANTHEON

Il 7 Aprile 1520 si svolsero al Pantheon i Solenni Funerali, e Raffaello, secondo la sua volontà, venne sepolto nel Sacro Tempio. Da tempo Raffaello aveva a sue spese restaurato l’Edicola finalizzandola alla sua sepoltura, considerata la valenza simbolica del Pantheon. Luogo ideale da lui ampiamente studiato e conosciuto, in quanto ammiratore del mondo greco-romano-cattolico, di cui il Pantheon costituisce la Sintesi perfetta. Raffaello portava sempre con sé una traduzione, realizzata dal suo amico e studioso della classicità, Fabio Calvo, del “De Architettura” di Vitruvio.

Il Papa Leone X, dopo la morte dell’architetto Bramante (1514), lo nominò Sovrintendente ai lavori nella basilica vaticana, affidandogli il compito di custodire e registrare i marmi antichi, e di compiere uno studio delle strutture e degli elementi architettonici del Pantheon. Infine lo incaricò di redigere una pianta di Roma Imperiale, progetto ambizioso e complesso, che rimase incompiuto per l’improvvisa morte del Maestro.

La Tomba di Raffaello subì diversi restauri nel tempo, alcuni superficiali e altri più sostanziali. Il primo intervento significativo si verificò nel 1674 ad opera dell’artista Carlo Maratta, restauratore degli affreschi di Raffaello in Vaticano. Il pittore, che godeva delle benemerenze delle alte sfere ecclesiastiche, nel 1674 decise a sue spese di ispezionare la Tomba del Genio al Pantheon. Pare che in quell’occasione venne realizzato un calco del cranio di Raffaello, che lo scultore Naldini utilizzò come modello per il busto conservato all’Accademia di San Luca.

Decisivo per l’assetto odierno della Tomba, fu l’intervento che risale al 1833 ad opera dell’Accademia dei Virtuosi del Pantheon. Il Sodalizio artistico e religioso, insieme all’Accademia di San Luca e all’Accademia di Archeologia, ottennero il permesso dalle autorità ecclesiastiche di “ricercare” il sepolcro dell’artista all’interno del Pantheon. La guida ideale per questa ricerca fu l’opera del Vasari, dove viene indicata la sepoltura, sotto la statua della Madonna del Sasso. Una grande scultura,  disegnata su modello di una statua di Afrodite da Raffaello per la sua sepoltura, e realizzata dal suo discepolo Lorenzetto, unico elemento presente nell’Edicola, che rimase invariato dal ‘500 ad oggi. I lavori di scavo durarono 5 giorni, poi finalmente venne trovata una cassa di legno danneggiata con all’interno uno scheletro intatto. Venne redatto un documento ufficiale, stilata un’analisi di tutti i passaggi effettuati e venne attestata la sepoltura di Raffaello.

Le sacre ossa vennero riposte in una nuova cassa di legno e custodite all’interno di un sarcofago romano del I Sec. d.C. , donato da Papa  Gregorio XVI, e collocato dove lo vediamo ancora oggi. Per l’occasione fu scolpito un busto di Raffaello da Giuseppe Fabris e ricollocate alcune lapidi, come quella posta in ricordo di Maria Bibbiena, promessa sposa di Raffaello e del pittore Annibale Carracci, ivi sepolto secondo la sua volontà.

Un altro importante restauro si ebbe in occasione della sepoltura al Pantheon del Primo Re d’Italia Vittorio Emanuele II, tra il 1882 e il 1884. Ricordiamo che nel 1883 ricorrevano i 400 Anni della Nascita di Raffaello. Il Pantheon fu sottoposto ad un’opera di ripristino del suo aspetto e assetto originario. A tal fine furono abbattuti i due campanili, le cosiddette orecchie d’asino, voluti da Papa Urbano VIII Barberini, su progetto di Bernini, e il monumento fu liberato da qualsiasi presenza estranea, lungo tutto il suo perimetro esterno.

Un altro restauro fu effettuato e ultimato nel 1911 da Antonio Munoz, in seguito al regicidio del Secondo Re d’Italia Umberto I, sepolto nell’emiciclo accanto alla Tomba di Raffaello. L’ultimo intervento significativo all’interno del Pantheon risale agli anni Trenta del Novecento.

L’APOTEOSI DEL GENIO

Alla luce dell’analogia con la figura di Cristo e del leggendario mistero che avvolge la figura di questo Genio del Rinascimento, e considerando la profondità e inesauribilità della sua Opera, risulta ancora più enigmatico l’epitaffio che contrassegna la sua sepoltura.

Sul sarcofago romano è inciso il celebre epitaffio, scritto in latino dal poeta Antonio Tebaldeo, o con più probabilità composto dall’umanista Pietro Bembo. Sintesi straordinaria dell’Opera di Raffaello, capace di gareggiare in creatività con Natura, vista la genialità del suo Spirito.

“Qui giace Raffaello,
da cui la natura madre di tutte le cose temette di essere vinta,
quando lui viveva, ora che egli è morto, teme di morire”

La morte di Raffaello lasciò attoniti gli spiriti del suo tempo, ora dopo 500 Anni sembra rinnovarsi lo sgomento. Fa pensare che le Opere del Maestro, abilmente raccolte in molti spazi espositivi per l’occasione, o presenti in chiese e musei, davanti ai quali spesso siamo passati distrattamente,  pur sapendo che all’interno c’era Raffaello ad aspettarci, ebbene, in quei momenti, ci siamo detti “DOMANI, ORA NON C’E’ TEMPO”. ADESSO ci mancano, vorremmo vederle, ma non possiamo. Il Genio si è sottratto al nostro “sguardo distratto”, ha compiuto un ennesimo miracolo, di renderci più consapevoli, ORA che sulle Opere di Raffaello è calato un silenzio e un’oscurità surreale.

Sembra che sia accaduto l’inveramento di questi versi
Per i 500 Anni della morte del Genio

La Natura ha posto un freno, affinché lo Spirito nel ritrovarsi,
possa tornare a vedere e a sentire, e dunque a intendere e volere.

Il Patrimonio Storico Artistico è un Bene Inalienabile

 MISSIONE FUTURA

PROGETTARE TUTELARE VALORIZZARE

                                              Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro

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