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Ambiente la tecnologia e il sapere

Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in .

a cura Agostino Agamben

Nel vortice che definisce la nostra contemporaneità, l’ambiente si staglia come un nodo oscuro eppure imprescindibile. Non è più possibile pensare il mondo naturale separatamente da ciò che abbiamo definito “tecnologia”, e nemmeno possiamo più concepire la tecnologia come mero strumento esterno alla vita o alla natura. Il progetto “Ripensiamo Ambiente”, promosso dall’associazione Ripensiamo Roma, inaugura in tal senso una riflessione che si insinua tra questi due termini apparentemente opposti, rivelandone la reciproca coappartenenza. Non si tratta, dunque, di un semplice progetto educativo, ma di un modo di abitare l’epoca in cui ci troviamo, di un’esplorazione che ci conduce a ripensare ciò che significa conoscenza, azione, responsabilità.

Ciò che colpisce in questo progetto è l’invito a superare la contrapposizione manichea tra “ambientalismo catastrofista” e “anti-imprese”, una contrapposizione che ha troppo a lungo paralizzato il dibattito pubblico e privato. Qui, invece, si propone una “nuova cultura dell’ambiente”, non più fondata sulla paura o sulla negazione, ma sul sapere e sulla relazione profonda con le tecnologie. È un ribaltamento epistemologico: non è più la natura da proteggere in quanto estranea all’umano, ma l’umano che si scopre parte della natura proprio attraverso la sua tecnica, la sua capacità di trasformare e ripensare ciò che chiamiamo mondo.

Visitare gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti – e non solo visitare, ma imparare, formarsi, riconoscere in queste strutture il luogo di un sapere vivo – significa decostruire la distanza che separa la città dalla campagna, il gesto quotidiano dell’uso dal processo complesso della trasformazione e rigenerazione. I rifiuti, elementi rifiutati e marginali, diventano così protagonisti di un racconto più ampio, di una politica del possibile. Essi non sono più solo scarti da eliminare, ma materia prima per un futuro che deve essere ripensato e rimodulato attraverso la tecnologia e l’innovazione.

In questa prospettiva, il rapporto tra tecnologia e ambiente non è più quello della dominazione o della colonizzazione, ma della co-produzione. La tecnologia non è più un artificio esterno che sovrasta e stravolge, ma diventa l’elemento di una continuità fragile e preziosa, dove l’innovazione si presenta come custode e non come distruttrice. È interessante notare come la formazione diventi qui il momento cruciale di questa riconciliazione: conoscere per deliberare, dice il progetto, è un imperativo che rimanda all’idea di responsabilità e partecipazione. Non più solo cittadini passivi o vittime di dinamiche più grandi, ma soggetti consapevoli, capaci di agire all’interno di un sistema complesso e di orientarlo.

Questa proposta educativa si inserisce nel cuore stesso della questione filosofica: cosa significa abitare il mondo oggi? Come possiamo pensare una relazione che non sia di mera strumentalizzazione o di rifiuto? Il progetto, con la sua articolazione in visite guidate, sessioni formative, collaborazioni tra associazioni e istituzioni, disegna un percorso che è insieme pedagogico e politico, ma anche ontologico. In altre parole, esso ci invita a ripensare la nostra stessa esistenza nel mondo, a riconoscere la complessità e la fragilità della nostra condizione, ma anche la possibilità di un futuro in cui l’ambiente e la tecnologia non si escludono, bensì si intrecciano in un dialogo inedito.

Non si può ignorare la valenza simbolica di questa iniziativa che coinvolge giovani studenti, universitari e realtà associative, nella misura in cui apre spazi di partecipazione reale, non idealistica. La formazione è un atto di fiducia nelle capacità di discernimento e azione di una generazione che si trova a ereditare problemi non soltanto tecnici, ma etici e politici. Non più dunque il sapere come mero accumulo di dati o informazioni, ma come pratica di consapevolezza e trasformazione.

L’ambientalismo così ripensato assume allora una forma nuova, una forma che si sottrae al luogo comune del “disastro inevitabile” e si apre alla possibilità di un’alleanza tra uomo e natura mediata dalla tecnica. Si rifiuta l’idea che l’innovazione tecnologica sia necessariamente nemica dell’ambiente, così come si respinge la tentazione di una natura pura e incontaminata che sarebbe separata dal nostro destino. La sfida è quella di un’ecologia del possibile, che riconosce nel sapere scientifico e nella tecnologia uno strumento imprescindibile per la tutela della vita.

Il riferimento alla “relazione stretta tra ambiente e innovazione tecnologica”, come sottolinea Donato Bonanni, diventa quindi una chiave di lettura fondamentale per comprendere la contemporaneità. Non una mera associazione funzionale, ma un nodo ontologico che disegna una nuova forma di vita, un nuovo modo di essere nel mondo che supera le dicotomie tradizionali. È in questo senso che “Conoscere per deliberare” non è solo uno slogan, ma un imperativo etico-politico, una chiamata all’azione consapevole che si oppone alla passività e al fatalismo.

Il progetto “Ripensiamo Ambiente” si configura così come un laboratorio di pensiero e pratica, un luogo di incontro tra sapere tecnico e sapienza civica, tra scienza e politica, tra presente e futuro. La scelta di includere studenti delle scuole superiori e universitari, così come i soci delle associazioni promotrici, testimonia una volontà di creare una comunità che si forma e si trasforma attraverso la conoscenza condivisa. La conoscenza non è più solo individuale, ma comunitaria e politica, capace di generare nuove forme di partecipazione e responsabilità.

Le visite agli impianti si trasformano in una sorta di rito contemporaneo, un attraversamento di spazi che portano alla luce ciò che solitamente rimane nascosto o invisibile. Questi luoghi, carichi di valenze simboliche e materiali, sono l’epifania di una trasformazione possibile, dove il rifiuto si trasfigura in risorsa, dove la fine di un ciclo si apre a un nuovo inizio. È un modo di abitare la realtà che rompe la logica del consumo e dell’obsolescenza, per riaprire il discorso sulla ciclicità, sulla rigenerazione e sul rispetto della vita.

Nel ripensare la relazione con l’ambiente attraverso la lente della tecnologia, si apre un orizzonte in cui la distinzione tra naturale e artificiale si dissolve. La natura si mostra non più come un semplice dato di fatto, ma come una dimensione aperta, in divenire, co-costruita dalla nostra azione e dalla nostra comprensione. Questo movimento invita a ripensare anche la nostra identità, che non è più quella dell’uomo sovrano sulla natura, ma di un abitante fragile e responsabile di un ecosistema complesso e interconnesso.

La riflessione su questo progetto educativo si rivela così un punto di partenza per interrogare il presente e immaginare un futuro diverso. Non un futuro determinato da catastrofi o da ideologie semplicistiche, ma un futuro aperto, capace di accogliere la complessità e la molteplicità dei fattori in gioco. Un futuro in cui la conoscenza tecnica si unisce all’etica e alla politica per costruire un mondo in cui l’ambiente non sia solo uno sfondo, ma un soggetto attivo e riconosciuto.

La dimensione formativa assume qui un carattere quasi sacro, nel senso di un compito che riguarda la cura del mondo e di noi stessi. Formare non è solo trasferire contenuti, ma aprire spazi di pensiero, creare occasioni di dialogo e confronto, costruire comunità di senso. Il progetto “Ripensiamo Ambiente” si pone come un gesto di speranza, un invito a non arrendersi di fronte alla complessità, ma a impegnarsi nella ricerca di soluzioni nuove, fondate sulla collaborazione e sulla fiducia nella scienza e nella tecnologia come strumenti di emancipazione.

In questo cammino, il ruolo delle associazioni promotrici e dei partner istituzionali si rivela cruciale. Essi non solo sostengono l’iniziativa, ma ne incarnano lo spirito, quello di una politica ambientale che deve essere innanzitutto politica della conoscenza e della partecipazione. L’azione collettiva diventa così la forma privilegiata per dare corpo e consistenza a questa nuova cultura dell’ambiente, capace di fondare un nuovo patto tra uomo, natura e tecnologia.

Alla luce di quanto detto, il progetto “Ripensiamo Ambiente” si presenta non solo come una risposta educativa, ma come una pratica filosofica e politica, un modo di abitare il presente con responsabilità e consapevolezza. Una pratica che invita a superare le vecchie opposizioni e a guardare il mondo con occhi nuovi, capaci di riconoscere la complessità e di aprirsi a un futuro in cui l’ambiente e la tecnologia non siano più nemici, ma alleati imprescindibili.

 

 

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