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Anisemitismo, Cattolicesimo, Islam, Israele… quasi una requisitoria contro Matteo

STRAFALCIONI CULTURALI
ed ERRORI POLITICI
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*Con questo titolo è pervenuto alla Redazione della Consul Press un intervento di Torquato Cardilli, come qui di seguito integralmente riportato. L’Autore da più tempo collabora con la nostra Testata (e di questo ne siamo lieti ed onorati) affrontando tematiche geo politiche, grazie ad una sua innegabile esperienza e conoscenza essendo stato per molti anni Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola. Con lo stesso impegno l’Autore interviene anche su argomenti di politica interna, in quanto motivato da una propria passione manifestando accentuatamente il suo dissenso ed avversione verso determinati “partiti” o il suo plauso e compiacimento verso determinati “movimenti” e verso i loro rispettivi esponenti.
Da parte nostra non abbiamo mai esercitato alcuna censura od effettuato alcuna mutilazione sugli interventi dei vari Editorialisti e Collaboratori, ma abbiamo comunque ritenuto poter e dover esporre – quando necessario ed al termine di determinati articoli, tramite “Note a Margine” – la nostra ben diversa posizione…. [vds. ad esempio il caso di  “Corruzione, Delinquenza, Droghe … Lega (ex Nord) e Movimento 5 Stelle” – un complesso articolo proprio a firma dell’Ambasciatore].  E, se a volte, qualche articolo non è stato pubblicato, il fatto non è derivato da alcuna forma di “oscuramento”, ma semplicemente per un sovra-affaticamento delle nostre esigue forze redazionali.
Ciò precisato, rinviamo i nostri commenti e/o puntualizzazioni in successive “Note” nei prossimi giorni, proprio per non ritardare – oltre il dovuto – la pubblicazione del presente articolo dell’Amico Torquato Cardilli.   

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“STRAFALCIONI CULTURALI ed ERRORI POLITICI
____ di Torquato Cardilli

Uno dei più noti aforismi di Marx è che la storia si ripete: la prima volta è come una tragedia, la seconda come una farsa. Questa definizione si adatta a pennello a Salvini, il cosiddetto capitano della Lega, aspirante comandante in capo dell’Italia, eccitatore all’odio verso il diverso, ignorante in storia, etnologia, linguistica e diritto internazionale. 
In una delle sue abituali sparate, per infiammare con frasi ad effetto una folla di incolti, ha avuto il coraggio di dire che “l’antisemitismo in Italia è colpa dell’incremento di migranti di fede musulmana”. 
Poi durante un‘intervista al giornale israeliano Israel Ha-Yom, negando, con ipocrisia, ogni legame del suo partito con Casa Pound, Forza Nuova e Fiamma ha rincarato la dose con un altro strafalcione politico diplomatico “da premier riconoscerò Gerusalemme capitale di Israele”.
Infine ha fatto la caricatura di se stesso paragonandosi a Trump e al Duce sulla questione del processo. Incominciamo con il primo punto. 

Antisemitismo.

Salvini, evidentemente, non sa che da vari millenni, secondo la storiografia biblica, la classificazione delle popolazioni viene fatta risalire a Noé, profeta riconosciuto dagli ebrei e dai musulmani, e ai suoi tre figli Sem, Cam e Iafet unici sopravvissuti al diluvio universale (allora non erano ancora conosciute le razze negroide, amerindia, mongola e australoide). 
Da Sem discesero i Semiti del Medio Oriente, da Cam i Camiti di pelle più scura che popolarono l’Africa (Egizi, Etiopi, Berberi, Somali) e da Iafet gli europei e più precisamente gli iranici di ceppo linguistico indoeuropeo (i cosiddetti ariani dal sanscrito ariya = signore). 
Un passo della Genesi riferisce che Cam derise il padre ubriaco e nudo. Noè fu però subito pudicamente ricoperto dai fratelli con i loro mantelli. Una volta sveglio e informato della mancanza di rispetto da parte di Cam lo maledì con il presagio che sarebbe stato destinato ad essere schiavo dei suoi  fratelli, impose la benedizione su Sem e profetizzò per Iafet una espansione territoriale. 
I semiti sono tutti i popoli che parlano, o che nel tempo abbiano parlato, lingue del ceppo semitico: ebrei, arabi, cananei, fenici.

A prescindere dall’esodo di Mosè dall’Egitto (ca 1550 a. C.), l’antisemitismo che noi conosciamo e che non ha nulla a che vedere con l’islamismo, risale ad almeno due mila anni fa (sei secoli abbondanti prima della nascita dell’Islam) quando Tito saccheggiò Gerusalemme, nel 70 d.C., ed obbligò gli ebrei che rifiutavano di riconoscere il dominio di Roma, alla diaspora in tutti i territori fuori della Palestina.  
Non pretenderei che Salvini conosca la tragedia di Shakespeare sul mercante di Venezia, ma è imperdonabile che non ricordi almeno il “Và pensiero” di Verdi tanto caro ai cantori padani, che commemora la fine della persecuzione degli ebrei da parte di Nabucodonosor.
All’antisemitismo politico espresso dal paganesimo romano si sovrappose quello religioso cristiano, come attestato nella prima lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi, fortemente antisemita contro i Giudei,  rei dell’uccisione di Gesù.

Salvini ignora che per secoli gli ebrei sono stati perseguitati non dall’Islam, ma dalla Chiesa cattolica appunto in quanto ritenuti deicidi e l’anatema cristiano contro di loro durò per secoli attraverso la Santa Inquisizione, le conversioni obbligate, la persecuzione di Filippo II, l’espulsione dalla Spagna e dal Portogallo, le bolle pontificie, l’obbligo di vivere in ghetti, fino ad arrivare ai pogrom della Russia zarista. 
Nell’ottocento, l’antisemitismo era talmente diffuso in Europa da essere accettato tranquillamente da artisti come Wagner, da anarchici come Proudhon e Bakunin, da progressisti come Fourier, da scrittori come Eliot fino a coinvolgere emotivamente l’opinione pubblica francese con l’affare Dreyfus di cui ancora si discute con una recente rappresentazione sullo schermo.

In questa atmosfera molti pensatori del novecento hanno attribuito agli ebrei anche la responsabilità della rivoluzione russa a partire dal socialista Marx, considerato figlio di un rinnegato perché il padre si era convertito al luteranesimo, da Emma Goldman filosofa anarchica lituana, Rosa Luxemburg fondatrice del partito comunista tedesco, Lev Trockij fondatore dell’armata rossa, Lenin che aveva origine ebraica così come 9 membri su 12 del comitato centrale del partito comunista sovietico. 
La massima espressione dell’antisemitismo macchiò indelebilmente l’Europa con la Shoah imposta dai nazisti, persecutori e sterminatori scientifici, mossi da odio e pregiudizi in base alla degenerazione di pseudoconcetti di purezza razziale.

Quanto all’Italia anche qui la pratica dell’antisemitismo affonda le sue radici nei secoli, quando la maggioranza dei governanti e del popolo italiano ancora non sapevano cosa fosse l’Islam. 
Nel Medioevo gli ebrei furono più volte espulsi e perseguitati tanto nella Roma dei Papi da Innocenzo III  a Clemente XIV, quanto in Sicilia, nel regno di Napoli, nel ducato di Milano come ci ricorda un documento, il cosiddetto bando milanese del 1473 sotto Galeazzo Sforza, che replicando un provvedimento del 1455 del papa Paolo IV imponeva agli ebrei di avere sempre un contrassegno giallo cucito sul petto pena la tortura di quattro tratti di corda e una multa di mille ducati d’oro. 
In tempi più recenti (1938) è stato il fascismo a dare giustificazione politica all’antisemitismo, con la pubblicazione del manifesto della razza, ispirato da Mussolini in persona, e poi con le leggi razziali promulgate subito dopo la visita in Italia di Hitler. Di ciò si fecero portavoce convinti i giornali del regime come “il Tevere” e “La difesa della razza” di cui era segretario di redazione Giorgio Almirante, diventato poi capo di gabinetto del ministro della Cultura popolare di Salò, lo stesso al quale la città di Verona ha deciso di intitolare una strada. 

Gli ebrei furono espulsi da ogni incarico pubblico, dalle professioni, dalle scuole come ci testimonia la Senatrice a vita Liliana Segre, deportata ad Auschwitz quando era tredicenne, unica sopravvissuta allo sterminio della famiglia, destinataria di una aperta manifestazione di insolente offesa da parte dei parlamentari di Fratelli d’Italia e della Lega che ostensibilmente non si sono levati in piedi, né l’hanno applaudita al suo ingesso in aula. 
Come accennato prima, Salvini non solo ha addossato il rigurgito antisemita all’afflusso di immigrati islamici, ma ha anche negato di avere rapporti con “gruppi politici antisemiti”, come Casa Pound e Forza Nuova, anche se aveva scelto proprio la casa editrice Altaforte, che è appunto il marchio editoriale di Casapound, per pubblicare il suo libro-intervista “Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio”, con prefazione di Belpietro. 

 Il processo.

Salvini come Trump? Incurante delle gaffe e delle pacchianerie del presidente USA, il capo della Lega, con un senso ipertrofico dell’ego, ha fatto penetrare nella testa di chi  lo ascolta e lo applaude comunque, che anche lui, fautore della difesa dei confini, è vittima di una congiura giudiziaria. 
Non si può negare una certa casuale coincidenza nei tempi e nei modi in cui si snodano il procedimento di impeachment e la richiesta di processo, ma da qui a sostenere che gli addebiti mossi a Trump siano paragonabili alle accuse contro Salvini ce ne vuole.

Sul piano fattuale le accuse di collusione con uno Stato estero a fini personali mosse al presidente degli Stati Uniti sono pesanti, tra le peggiori che si possano rivolgere a un “comandante in capo”.  Però  va aggiunto che esse sono di carattere politico e sostenute dal partito contrario, mentre in Italia le accuse contro Salvini sono state formulate dalla Magistratura.

In questa vicenda l’atteggiamento di Salvini ricorda la prosopopea e l’arroganza di Musssolini che nel gennaio del 1925, accusato del delitto Matteotti, sicuro di ottenere il consenso della Camera, da cui erano assenti gli aventiniani, pronunciò un discorso di sfida (“… ebbene, io dichiaro qui al cospetto di questa Assemblea ed al cospetto di tutto il popolo italiano che assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto…”). 
Salvini con l’obiettivo di utilizzare la vicenda giudiziaria della nave Gregoretti come carta vincente nelle elezioni regionali imminenti, grazie all’atteggiamento partigiano della presidente del Senato Casellati che tra i due schieramenti opposti ha aderito sfacciatamente alla posizione della Lega, ha invocato il processo a suo carico sfidando gli aventiniani del PD ad avere più coraggio ed invitando i suoi a votare a favore dell’autorizzazione a procedere.

La discussione vera e propria è rimandata al 17 febbraio quando la questione sarà sottoposta al dibattito in aula, ma a Salvini è bastato mettersi in testa l’aureola della vittima, paragonandosi, con sprezzo del ridicolo, a Silvio Pellico. 
Il suo refrain, in comizi e in televisione, “voglio essere processato per aver difeso i confini della Patria, voglio andare in aula, voglio che lo show in tribunale diventi una resa dei conti politica e un tentativo di spallata al Governo” è l’ultima mano del giocatore di poker che mette tutte le sue fiches nel piatto.

Gerusalemme

Nella sua bulimia di potere Salvini è rimasto obnubilato dalla prosopopea di Trump, che sfida i trattati, le convenzioni e il bon ton internazionale, da fare un altro scivolone su un tema delicatissimo di politica estera come lo status di Gerusalemme, città sacra, simbolo storico per le tre grandi religioni monoteistiche: Ebraismo, Cristianesimo, Islam.

Con la guerra arabo-irsaeliana del 1948 l’esercito israeliano occupò metà Gerusalemme (la parte Ovest) fino ad allora inglobata nel protettorato britannico della Transgiordania. Tale situazione, nonostante le proteste arabe e della comunità dei paesi non allineati, durò fino al 1967 quando Israele con la guerra preventiva dei sei giorni, si impadronì con le armi del Golan, del Sinai ed anche della parte araba (Gerusalemme Est) che include il muro del pianto, vestigia del Tempio di Salomone, la spianata delle Moschee della roccia e di al Aqsa terzo luogo sacro dell’Islam e il sito del martirio e della sepoltura di Gesù Cristo, che per secoli fu obiettivo delle crociate.

Questa peculiarità di città che ha visto convivere nei secoli una profonda eterogeneità etnica, religiosa e linguistica di ebrei, cristiani e musulmani, col tempo anziché diventare un collante è diventato l’essenza di una disputa politica: Israele rivendica il possesso dell’intera Gerusalemme come sua capitale; il mondo arabo-musulmano e in particolare i Palestinesi rivendicano Gerusalemme (detta “la Santa” secondo la denominazione araba di al Quds) come capitale del futuro stato arabo di Palestina, mentre i cristiani perseguono l’internazionalizzazione. 
La questione, proprio per il carattere di sacralità religiosa, di rivendicazione politica, di sottigliezze giuridiche e di negoziati diplomatici, coinvolge oltre agli Stati contendenti anche un altro soggetto internazionale di grande prestigio come la Santa Sede che auspica, appunto, l’internazionalizzazione della città già prevista dal piano di spartizione della Palestina decisa dall’ONU e mai attuata.

Sono significative al riguardo le continue risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 298 del 25 settembre 1971, 476 del 30 giugno 1980, 478 del 20 agosto 1980, dell’Assemblea Generale 48/158  del 20 dicembre 1993, 52/65 e 52/66 del 10 dicembre 1997.

Se la sovranità di Israele su Gerusalemme Ovest è considerata ormai dalla Comunità internazionale un fatto compiuto, non si può dire la stessa cosa per Gerusalemme Est. Il principio della carta delle Nazioni Unite che vieta ogni annessione ottenuta con l’uso della forza non è mai stato modificato e la Corte Internazionale di Giustizia ha definito Israele potenza occupante di Gerusalemme Est. 
In aperta sfida all’ONU il parlamento israeliano ha invece proclamato Gerusalemme “completa e unita” capitale di Israele, ma la comunità internazionale ha reagito negando il proprio riconoscimento all’annessione di Gerusalemme Est. 
Dunque è assodato che l’ONU, le Organizzazioni Internazionali e la maggioranza degli Stati non riconoscono questa modifica dello status di Gerusalemme est, frutto di una conquista militare, né riconoscono Gerusalemme unita come capitale dello stato di Israele: per questo le Ambasciate si trovano a Tel Aviv.

Contro l’opinione degli alleati il 6 dicembre 2017, il presidente americano Trump, in violazione della risoluzione dell’ONU che invita ogni paese ad astenersi da azioni che possano pregiudicare lo status della città, ha riconosciuto ufficialmente Gerusalemme come capitale di Israele e ha deciso di trasferirvi da Tel Aviv la propria Ambasciata (cosa avvenuta a maggio del 2018) in un’area che secondo il piano di spartizione dell’ONU avrebbe dovuto essere internazionale.

L’intenzione di seguire pedissequamente, insieme a qualche insignificante staterello africano, la linea del presidente Usa Trump, noto analfabeta di cultura politica, non assolve né giustifica Salvini che anzi viene percepito come destabilizzatore della politica estera italiana e dei rapporti che l’Italia ha sempre avuto con la maggiorana dei paesi delle Nazioni Unite, inclusa la santa Sede. 
Il Senatore Salvini piuttosto che fare sparate da smargiasso dovrebbe studiare un po’ di più la storia dell’antisemitismo e dello status speciale di Gerusalemme documentandosi con gli atti di diritto internazionale come le  risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale delle N.U.
Invece sembra che abbia un solo obiettivo, quello del primato di apparizione e di presenza sui media e in televisione, riassumibile in un noto aforisma di Oscar Wilde: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about.”

 Torquato Cardilli

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