
“Auto ‘a Km Zero’ il Rischio di una Bolla”
Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in Economia e Politica.
A cura di Agostino Agamben
Dai rischi di bolla speculativa nel mercato delle auto elettriche cinesi in Europa, all’inflazione dei prezzi delle materie prime come rame e alluminio, fino alle distorsioni del mercato dell’usato: come l’aumento dei costi e le pratiche commerciali discutibili minano la crescita del settore e l’affidabilità dei consumatori, creando un panorama incerto per la transizione verso un futuro più verde e innovativo.
La mobilità, uno degli elementi più centrali della vita economica e sociale contemporanea, si presenta oggi come una delle sfide più complesse e contraddittorie. Da un lato, essa rappresenta una necessità di progresso, di sviluppo, di connessione tra luoghi e persone; dall’altro, costituisce una delle principali fonti di inquinamento ambientale e di crisi ecologica. A ben guardare, la transizione verso una mobilità sostenibile, che avrebbe dovuto segnare l’inizio di un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente, rischia di essere travolta da distorsioni strutturali, da contraddizioni economiche e da pratiche di mercato che ne minano le fondamenta. La crisi economica e le fluttuazioni dei mercati globali si intrecciano con le politiche ambientali, dando vita a un paradosso che rende la sostenibilità un obiettivo sempre più distante e complicato.
Il mercato dell’auto usata, un segmento fondamentale nell’ecosistema automobilistico, sta attraversando una fase di forte incertezza e distorsione. Nel contesto italiano, la crisi economica ha portato a una crescente domanda di auto usate, che rappresentano per molte famiglie una soluzione economica all’acquisto di veicoli nuovi. Tuttavia, dietro l’apparente convenienza di questo mercato si nascondono pratiche discutibili che, sebbene non nuove, stanno assumendo dimensioni preoccupanti.
Il fenomeno delle auto “a km zero” è in forte espansione, non solo in Italia ma anche in mercati come quello cinese. Queste auto, sebbene appaiano come veicoli praticamente nuovi, sono in realtà veicoli che sono stati immatricolati per fini puramente commerciali, per poi essere rivenduti come usati. Le immatricolazioni fittizie sono una pratica utilizzata dalle concessionarie per gonfiare i numeri di vendita, presentando al consumatore veicoli che non sono mai stati effettivamente utilizzati, ma che, in virtù della registrazione, ottengono il marchio di “auto usate” e vengono venduti a un prezzo inferiore. Si tratta di un’operazione di marketing che, seppur legale, solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla qualità del mercato automobilistico.
Secondo i dati pubblicati da Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), nel 2023, le immatricolazioni di veicoli nuovi sono aumentate del 12,6%, ma il mercato dell’usato ha continuato a crescere a un ritmo più sostenuto, con una crescita del 15% rispetto all’anno precedente. Se da un lato questo potrebbe sembrare un buon segno di recupero post-pandemia, dall’altro emergono le problematiche legate alla trasparenza e alla veridicità dei dati di vendita.
Le auto a km zero rappresentano, infatti, il 20% del totale delle vendite di auto usate in Italia, un dato che si è incrementato significativamente negli ultimi cinque anni. Eppure, come segnalato da numerosi studi e rapporti di settore, la svalutazione dei modelli è uno degli effetti collaterali più problematici di questa pratica. Auto come la BYD Qin L, una berlina ibrida prodotta dalla casa automobilistica cinese BYD, hanno visto una perdita di valore del 40% appena dopo pochi mesi dalla prima immatricolazione, principalmente a causa della presenza di veicoli immatricolati come nuovi e successivamente venduti come usati. L’impatto è duplice: da un lato, il consumatore perde fiducia nel mercato, temendo che ogni acquisto possa essere una “trappola”; dall’altro, i produttori sono costretti a fare i conti con una domanda instabile e una concorrenza crescente tra i veicoli già immatricolati.
Inoltre, l’analisi dei dati provenienti da Federauto (Federazione Italiana Concessionari Auto) ha evidenziato che il 60% degli acquirenti di veicoli usati in Italia esprime preoccupazione riguardo alla mancanza di garanzie e alla trasparenza delle informazioni sui veicoli acquistati. Questo scenario di sfiducia ha portato diversi esperti a chiedere interventi normativi da parte del governo, al fine di garantire una maggiore trasparenza nelle pratiche di vendita e nelle immatricolazioni.
Se il mercato dell’usato è in crisi, il settore delle auto elettriche sta attraversando una fase di grande espansione, ma anch’esso non è esente da contraddizioni. I marchi cinesi, in particolare BYD, stanno facendo registrare un’impennata delle vendite in Europa, con una crescita del 400% nel Regno Unito nel 2023. In Italia, BYD è diventato il leader del mercato delle PHEV (Plug-in Hybrid Electric Vehicle), superando alcuni brand storici come Toyota e Volkswagen. Questi dati, a prima vista, sembrano confermare la tesi di un successo crescente delle auto elettriche cinesi, ma se approfondiamo la questione, emergono preoccupazioni riguardo alla sostenibilità di questa espansione.
In Cina, la situazione è completamente diversa. Il paese sta vivendo una vera e propria guerra dei prezzi nel settore delle auto elettriche, con oltre 160 produttori che competono per guadagnare quote di mercato, portando i prezzi a livelli insostenibili per molte aziende. Il governo cinese, che inizialmente aveva incentivato la crescita di questo settore, ha cominciato a esprimere preoccupazione per la bolla speculativa che potrebbe generarsi. L’industria automobilistica cinese, come evidenziato in diversi report di Bloomberg, è afflitta dalla sovrapproduzione e dalla sovracapacità, un fenomeno che rischia di mettere in crisi molte aziende del settore.
La Cina ha visto un enorme numero di produttori di veicoli elettrici entrare nel mercato (oltre 160 case automobilistiche), ma non tutti hanno la forza economica per sostenere i loro piani di produzione a lungo termine. Il rischio è che, come avvenuto in passato con la crisi del mercato immobiliare legata al colosso Evergrande, si possa assistere a un collasso del mercato interno. Il governo cinese ha recentemente preso provvedimenti per limitare la concorrenza predatoria e proteggere il settore, richiamando i produttori a moderare gli sconti e le politiche aggressive sui prezzi.
In Europa, la corsa alle auto elettriche cinesi sta spingendo i prezzi verso il basso, con veicoli che vengono venduti a prezzi molto competitivi, ma con margini di profitto estremamente ridotti per i produttori. Questo potrebbe tradursi, nel breve periodo, in una saturazione del mercato e, nel lungo termine, in una bolla speculativa che rischia di far perdere credibilità e stabilità al settore delle auto elettriche.
Nel frattempo, un altro fattore sta influenzando profondamente l’industria automobilistica globale: i rialzi dei prezzi delle materie prime, in particolare rame e alluminio. Secondo le previsioni di JP Morgan, il prezzo del rame potrebbe salire fino a 9.225 $/tonnellata, mentre l’alluminio potrebbe raggiungere i 2.325 $/tonnellata nei prossimi mesi. Questi aumenti, che sono il risultato di una serie di fattori globali, tra cui la tregua commerciale tra Stati Uniti e Cina, stanno avendo un impatto diretto sui costi di produzione delle auto, dei componenti elettronici e di altre tecnologie.
Il rame e l’alluminio sono due metalli fondamentali nella produzione di veicoli elettrici. Il rame, in particolare, è utilizzato per la realizzazione di circuiti elettronici e motori elettrici, mentre l’alluminio è impiegato per la costruzione di carrozzerie leggere, essenziali per soddisfare le normative sulle emissioni e migliorare l’efficienza energetica dei veicoli. Secondo Assogeneralisti, il settore automobilistico italiano dipende dal rame per circa il 10% del suo fabbisogno totale e dall’alluminio per circa il 25%.
Questa impennata dei prezzi delle materie prime ha un impatto diretto sui costi di produzione e sui prezzi finali dei veicoli. Le case automobilistiche sono costrette a trasferire l’aumento dei costi sui consumatori, il che potrebbe rallentare ulteriormente la transizione verso veicoli più ecologici e sostenibili. Le auto elettriche, già più costose rispetto ai modelli tradizionali a combustione interna, potrebbero vedere aumentare il loro prezzo di vendita, rendendole meno accessibili per una parte consistente della popolazione.
La crisi economica globale, alimentata dall’inflazione e dall’instabilità dei mercati, sta esacerbando ulteriormente le difficoltà del settore automobilistico. Le imprese italiane e i consumatori si trovano a fare i conti con l’aumento dei costi dei metalli, con l’incertezza dei mercati e con le difficoltà di accesso al credito, che rallentano la capacità di acquisto delle famiglie.
Le aziende automobilistiche italiane sono costrette a rivedere le loro strategie di produzione e di vendita, adattandosi alla crescente pressione dei costi. Alcuni produttori hanno scelto di concentrarsi su modelli più economici, mentre altri hanno cercato di differenziarsi puntando su veicoli di alta gamma. Tuttavia, tutti si trovano a fronteggiare l’incertezza di un mercato che sembra non riuscire a stabilizzarsi, e la crescente difficoltà di garantire margini di profitto in un contesto di aumento dei costi e concorrenza sempre più feroce.
La mobilità sostenibile, come progetto e come ideale, rimane uno degli obiettivi più ambiziosi e difficili da raggiungere. Da un lato, assistiamo a una crescente domanda di veicoli elettrici e a un aumento dell’interesse per soluzioni di mobilità ecologica; dall’altro, il mercato automobilistico è segnato da distorsioni, pratiche discutibili, e contraddizioni economiche che ne minano la stabilità. La crisi del mercato dell’usato, la speculazione sui veicoli elettrici cinesi, e i rialzi dei prezzi delle materie prime sono solo alcuni dei fattori che complicano un quadro già di per sé intricato.
Quello che appare chiaro è che la sostenibilità non è solo una questione di tecnologie verdi o di scelte politiche. Essa dipende da un delicato equilibrio tra economia, ecologia e innovazione tecnologica. E, in questo momento, sembra che tale equilibrio stia sfuggendo di mano. Se la mobilità sostenibile vuole diventare una realtà, sarà necessario affrontare le contraddizioni e le sfide economiche con una visione chiara e coerente, una visione che non si limiti alla retorica, ma che si traduca in pratiche concrete e sostenibili.