
Coscienza e Potere
Scritto da Ottavia Scorpati il . Pubblicato in Voci Aperte.
A cura di Ottavia Scorpati
Perché comprendere le radici spirituali e cognitive è essenziale per affrontare le crisi economiche, sociali e geopolitiche dell’era globale.
Come osservo che la domanda su “Cos’è Dio?” e “Cos’è la coscienza?” non appartiene più soltanto ai confini della filosofia o della teologia, ma tocca profondamente il tessuto stesso delle nostre società, delle loro strutture economiche e delle tensioni geopolitiche che ne derivano. La mente umana, nel suo desiderio innato di senso, si confronta oggi con sfide che trascendono l’individualità e toccano la collettività globale: crisi ambientali, diseguaglianze sociali, tensioni identitarie e l’avvento di intelligenze artificiali che mettono in discussione la natura stessa della coscienza.
In psichiatria sappiamo quanto il senso di appartenenza, il bisogno di significato e l’esperienza della coscienza siano fondamentali per la salute mentale degli individui e delle comunità. Quando queste dimensioni vengono negate o fraintese, emergono forme di alienazione, conflitti e crisi profonde. Oggi, queste dinamiche si riflettono su scala mondiale: il concetto di Dio, da entità trascendente e regolatrice, viene strumentalizzato per costruire identità e giustificare poteri, mentre la coscienza collettiva si trova divisa tra un consumismo esasperato e la ricerca di nuovi valori etici.
L’evoluzione tecnologica e la digitalizzazione amplificano questo divario, sollevando nuove domande sull’origine e la responsabilità della coscienza – ora estesa anche alle macchine – e sul significato stesso di creazione e libertà. Per chi, come me, si occupa della mente umana, diventa evidente che la salute delle società passa attraverso un rinnovato dialogo tra spiritualità e razionalità, un recupero della dimensione etica e morale che possa orientare le scelte collettive verso una convivenza sostenibile e giusta.
La domanda su “Cos’è Dio?” e “Cos’è la coscienza?” non è mai stata solo un quesito filosofico o teologico, ma assume oggi una connotazione cruciale per comprendere le dinamiche economiche, sociali e geopolitiche del mondo contemporaneo. Il XXI secolo si confronta con un’epoca di transizioni tumultuose, in cui le grandi potenze, i sistemi economici e le identità collettive sono messe alla prova da crisi profonde, tecnologiche, ambientali e culturali. All’interno di questo contesto globale, interrogarsi su Dio e sulla coscienza diventa imprescindibile per delineare i nuovi paradigmi di potere, sviluppo e convivenza.
Dio, nel corso della storia, è stato interpretato come la fonte ultima di senso, ordine e giustizia, una entità trascendente che regola la realtà e definisce i limiti dell’umano. La coscienza, invece, rappresenta l’espressione interiore dell’essere umano, la capacità di consapevolezza, di scelta morale e di percezione del sé in relazione al mondo. In un’epoca in cui la razionalità scientifica domina la narrazione, mentre le religioni tradizionali perdono parte della loro influenza, queste due realtà metafisiche si intrecciano in modi nuovi e complessi con le dinamiche economiche e geopolitiche.
La globalizzazione, con la sua accelerazione tecnologica e culturale, ha prodotto un’interdipendenza economica senza precedenti, ma ha anche accentuato le diseguaglianze, le tensioni identitarie e i conflitti ideologici. In questo scenario, il concetto di Dio è diventato uno degli strumenti simbolici utilizzati per legittimare poteri, costruire identità nazionali e alimentare movimenti di resistenza o di integrazione. La coscienza collettiva, d’altro canto, si trova in bilico tra la pressione di una digitalizzazione pervasiva e la ricerca di un significato più profondo, di una etica che trascenda il mero calcolo economico.
L’economia contemporanea, con le sue crisi cicliche, ha evidenziato la necessità di ripensare il rapporto tra sviluppo, sostenibilità e giustizia sociale. Da un lato, le politiche neoliberiste hanno promosso mercati aperti e competizione globale, facendo leva su una razionalità “fredda” e matematica, che spesso ha ignorato le dimensioni spirituali e morali della convivenza umana. Dall’altro lato, la crisi climatica, le pandemie e le diseguaglianze crescenti hanno risvegliato una domanda collettiva di senso, di responsabilità e di riscoperta di valori comuni. Qui, la coscienza sociale, intesa come capacità di riflessione critica e di empatia, si rivela fondamentale per orientare scelte politiche ed economiche più sostenibili.
In termini geopolitici, la ridefinizione del concetto di Dio è spesso strumentalizzata nei conflitti contemporanei. Il fondamentalismo religioso, sia islamico che cristiano o di altre tradizioni, si scontra con la secolarizzazione e il pluralismo culturale, alimentando tensioni che sfociano in guerre asimmetriche, terrorismo e crisi migratorie. Questo scenario ha profonde implicazioni economiche: i conflitti destabilizzano mercati energetici, catene di approvvigionamento e flussi di capitale, mettendo in discussione la stabilità degli equilibri globali. La coscienza collettiva, in questo senso, si divide tra il bisogno di riconoscimento identitario e la necessità di dialogo interculturale, una tensione che condiziona la governance internazionale.
L’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie digitali pongono un ulteriore interrogativo sul rapporto tra coscienza e intelligenza. Se la coscienza umana è la base dell’etica e della responsabilità, la creazione di sistemi autonomi capaci di decisioni complesse apre scenari inediti. La questione diventa quindi anche economica: chi controlla queste tecnologie ha un potere enorme sulle società e sui mercati. La domanda “Cos’è Dio?” si trasforma così in “Cos’è l’origine e la finalità della creazione?” mentre “Cos’è la coscienza?” si amplia includendo le macchine e i sistemi artificiali. Ciò implica riflessioni profonde sulla natura stessa del potere, della libertà e della responsabilità in un mondo dominato da algoritmi.
Parallelamente, il risveglio di nuove spiritualità e forme di consapevolezza individuale testimonia una crisi del modello economico tradizionale. Il consumismo, che per decenni ha guidato i comportamenti collettivi, è ora messo in discussione da movimenti che privilegiano esperienze, sostenibilità e connessione con la natura. Questa trasformazione incide sulla domanda di beni e servizi, sulla produzione industriale e sulle politiche pubbliche, portando a un ripensamento della crescita e del progresso. La coscienza economica collettiva si evolve verso una maggiore attenzione ai diritti umani, all’ambiente e all’equità, elementi che riflettono un ritorno, seppur laico e pragmatico, a valori “trascendenti”.
Sul piano geopolitico, questa nuova coscienza globale si scontra con il nazionalismo e le strategie di potere che vedono nella religione e nell’identità un fattore di coesione interna e di legittimazione esterna. La competizione per il controllo delle risorse naturali, delle tecnologie strategiche e delle rotte commerciali diventa anche una competizione per il controllo dei significati simbolici, delle narrazioni culturali e spirituali. La domanda su Dio si traduce in lotte per definire chi ha il diritto di rappresentare il Bene e la Giustizia nel mondo, mentre la coscienza diventa terreno di battaglia tra visioni contrastanti di futuro.
Il ruolo degli organismi internazionali, delle multinazionali e delle società civili in questo contesto è sempre più complesso. Essi si trovano a mediare tra interessi economici immediati e pressioni per un cambiamento strutturale che tenga conto delle dimensioni spirituali e morali dell’umanità. L’equilibrio fra crescita e sostenibilità, tra sviluppo tecnologico e dignità umana, passa attraverso un’interpretazione nuova di Dio e della coscienza, non più come elementi separati dalla realtà quotidiana, ma integrati nella progettazione di un sistema globale più giusto e resiliente.
La crisi della rappresentanza politica e la perdita di fiducia nelle istituzioni tradizionali sono anche espressioni di un vuoto spirituale e cognitivo che attraversa le società contemporanee. La ricerca di nuovi modelli di leadership, di governance partecipativa e di inclusione sociale implica un riappropriarsi collettivo della coscienza, intesa come consapevolezza critica e impegno etico. In questo senso, Dio non è solo un’entità metafisica, ma un simbolo di quella aspirazione umana a un ordine giusto e solidale, mentre la coscienza è la capacità attiva di realizzarla.
Le sfide globali che l’umanità deve affrontare – dal cambiamento climatico alle crisi migratorie, dal terrorismo alle pandemie – richiedono una nuova alleanza tra spiritualità e razionalità, tra visione economica e responsabilità etica. Il mercato e la politica non possono più prescindere dalla dimensione della coscienza, che deve essere intesa non solo come individuale ma come collettiva, ovvero come la capacità di costruire un senso condiviso di destino comune. Questa consapevolezza è anche la chiave per superare le divisioni e le polarizzazioni che minacciano la stabilità globale.
La crisi economica degli ultimi decenni ha mostrato come la perdita di una visione integrata, che contempli anche l’aspetto spirituale dell’umano, porti a disastri sociali e ambientali. La domanda su Dio, quindi, si sposta dalla sfera religiosa a quella del potere: chi ha il diritto di decidere il destino delle masse, e con quale legittimità morale? La coscienza, a sua volta, diventa la bussola per orientare queste decisioni verso un futuro di equità e sostenibilità, evitando che la tecnologia e il capitale diventino fini a sé stessi.
Nei prossimi anni, sarà centrale il dibattito su come integrare queste dimensioni nella governance globale. Le organizzazioni internazionali, le imprese e le società civili dovranno confrontarsi con la sfida di ridefinire le priorità, mettendo al centro l’essere umano nella sua interezza, non solo come produttore o consumatore, ma come portatore di valori e significati. In questo senso, Dio e la coscienza non sono concetti astratti o superati, ma strumenti fondamentali per costruire un modello di sviluppo più umano e integrato.
La tecnologia potrà essere un alleato o un nemico in questa transizione: l’intelligenza artificiale, la biotecnologia, la blockchain e altre innovazioni possono amplificare la coscienza collettiva o frammentarla ulteriormente, a seconda di come verranno governate. È quindi essenziale sviluppare una “etica della coscienza” che guidi l’uso delle nuove potenze tecnologiche, ponendo la dignità umana e il bene comune come principi fondamentali. Questa nuova etica potrà anche reinterpretare il concetto di Dio in chiave simbolica, come rappresentazione della totalità e della responsabilità.
La domanda “Cos’è Dio?” e “Cos’è la coscienza?” va intesa oggi come un’esplorazione delle radici profonde che sostengono le strutture economiche e geopolitiche del nostro tempo. Si tratta di recuperare la dimensione umana e spirituale nell’analisi dei fenomeni globali, per costruire un futuro in cui il progresso materiale non sia separato dalla crescita morale e dalla solidarietà. Solo così sarà possibile affrontare le crisi del XXI secolo, ridefinendo il significato stesso di umanità in un mondo sempre più interconnesso e complesso.