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Dettati Costituzionali ed Analisi Geopolitiche

L’ultimo sfregio alla Costituzione,

… a spese del Popolo

____________di TORQUATO  CARDILLI

Nel lontano 1854 l’Inghilterra  e la Francia dichiararono guerra alla Russia in difesa dell’impero ottomano. Il conte di Cavour, primo ministro e ministro degli esteri del Piemonte, giocò un’abilissima partita diplomatica con finalità strategica. Avendo ottenuto le dovute garanzie delle due suddette potenze imperiali e il contributo diretto della Gran Bretagna che oltre al prestito di 1 milione di sterline, si era impegnata a trasportare gratuitamente con le sue navi il corpo di spedizione piemontese fino alla Crimea, convinse Vittorio Emanuele II che la partecipazione all’impresa militare sarebbe stata un’importante carta da far valere a guerra finita per regolare i conti con l’Austria. Fu così che all’inizio del 1855 il Piemonte si affacciò sull’arena internazionale gettando le fondamenta per la futura unità d’Italia.

Oggi, un altro conte, il primo ministro Gentiloni, sottoponendo ad un ennesimo strappo la Carta Costituzionale della Repubblica, intende ripercorrere quella strada senza nessuna garanzia e senza ottenere alcun beneficio politico-economico-strategico.

E’ pur vero che da molti anni l’Italia ha ridotto la propria politica estera alla partecipazione in spedizioni militari in varie parti del mondo (prima guerra del Golfo a nome dell’ONU, guerra alla Serbia a nome della Nato, intervento in Somalia, in Afghanistan,  in Iraq e in Libia ancora a nome dell’ONU), traendone come unico vantaggio la esaltazione della vanagloria personale del primo ministro di turno, del ministro della difesa e della casta militare. Ma il valore aggiunto dato dai nostri soldati alla pace nel mondo ed alla “debellatio” del terrorismo internazionale, per quanto magnificato nei comunicati ufficiali congiunti con altri paesi, è stato molto limitato. Né è credibile che il reale obiettivo per cui i nostri soldati vengono spediti all’estero sia effettivamente il perseguimento della pace e della sicurezza mondiale. Del resto come spiegare che a fronte dell’enorme, per noi, sforzo economico e di vite umane (chi onora più i caduti di Nassiriya o dell’Afghanistan?) nessun governo italiano ha mai rivendicato una compensazione politica internazionale? Al contrario, tanto per restare ancorato ad episodi recenti di mancata solidarietà (caso dei due Marò in India e assassinio di stato di Regeni in Egitto) abbiamo ricevuto due altri schiaffi sonori dall’Europa che ci ha costretto a dover condividere con l’Olanda il seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e a non riconoscerci Milano come sede dell’Agenzia del farmaco.

L’Italia che non partecipa alla formulazione di strategie globali, né agli atti decisionali stabiliti da altre potenze (USA, Gran Bretagna, Francia) si limita ad accodarsi, quale cavalier servente, alle iniziative, anche scellerate, prese altrove perché difetta di visione geo-strategica complessiva che contemperi gli obblighi internazionali con gli interessi nazionali. Ma torniamo alla nostra Costituzione repubblicana che all’articolo 11 stabilisce, senza ombra di dubbio, che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Questo articolo è stato più volte violato con le suddette spedizioni militari decise da altri, ma ora c’è l’aggravante di aver strappato il consenso ad un parlamento, già illegittimo perché eletto con una  legge incostituzionale, appena sciolto per l’indizione delle nuove elezioni con un escamotage regolamentare senza un approfondito dibattito e senza che l’opinione pubblica ne fosse decentemente informata.

Il 17 gennaio il Governo, sbandierando un impegno a favore della pace, dello sviluppo e della stabilità, contro il terrorismo e il traffico di esseri umani,  ha ottenuto alla Camera dei Deputati l’approvazione della risoluzione che autorizza la prosecuzione per il 2018 delle missioni militari internazionali includendovi un nuovo teatro di operazioni: il Niger, la Tunisia, il Benin, il Sahara occidentale e la Repubblica centro-africana. Hanno votato contro questo nuovo sperpero di denaro la ex costola del Pd sotto la sigla di Liberi e Uguali e il Movimento Cinque Stelle, mentre la Lega si è astenuta e i patrioti di Forza Italia e di Fratelli d’Italia hanno votato compatti insieme al PD. Con una certa dose di ipocrisia è stato detto dal Governo che i nostri soldati (complessivamente circa 900 uomini sottratti alla nostra presenza in Iraq e Afghanistan) affiancheranno in Africa quelli della Nato e della Francia in funzione di istruttori e di supporto nell’ambito dello sforzo congiunto europeo per la stabilizzazione dell’area e il controllo delle frontiere nella lotta ai trafficanti di esseri umani. Questo ricollocamento dei nostri militari,  avviene caricando sulle spalle del popolo italiano un costo di 1 miliardo e mezzo, con un aggravio di 80 milioni rispetto a quanto speso nel 2017, senza una condivisione delle spese con il resto dell’Unione europea. Si è anche detto che il nostro impegno affiancherà quello di altri paesi europei, in primis della Francia che, è bene non dimenticarlo, è stato il paese imperialista del centro Africa ancora legato economicamente, militarmente e monetariamente a Parigi. E’ difficile credere che poche migliaia di militari europei possano controllare un confine tanto sterminato quanto evanescente nelle sabbie desertiche come quello dello scacchiere centro africano.  Chiunque osservi la carta geografica si accorgerà che il Niger è incastrato a Nord tra Algeria e Libia, ad Est confina con il Ciad  ad ovest con il Mali e a sud con la Nigeria. Illudersi che questo schieramento, più funzionale agli interessi della Francia (perché Macron è venuto a Roma la settimana scorsa per il patto del Quirinale?) serva a controllare, arginare, bloccare il flusso delle migrazioni, rasenta il patetico, mentre resta l’ultimo sfregio ala carta costituzionale.