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Gabriele d’Annunzio e Roma. Il Poeta Soldato

Dal VIVERE INIMITABILE
All’ OSARE L’ INOSABILE

A Cent’Anni dall’Impresa di Fiume intendiamo ricordare il Poeta Soldato e la Sua relazione con Roma. Si possono distinguere tre fasi: 1°Periodo Poetico. Dal 1881 al 1891 subito dopo Roma Capitale, 2°Periodo Interventista. Le Radiose Giornate di Maggio. 1915, 3°Periodo Post Bellico.1919.

1° IL VATE E ROMA CAPITALE

D’Annunzio arriva a Roma ventenne, la città attraversa un grande cambiamento, non più città pontificia, ma Capitale del Regno d’Italia. Il giovane poeta si inserisce molto bene in questo dinamismo e fermento culturale, frequenta i salotti aristocratici e affina il suo gusto estetico grazie alla sua giovane sposa, la duchessa Maria Hardouin di Gallese.

Frequenta il Palazzo Colonna Sciarra, sede della redazione del giornale politico La Tribuna e della rivista letteraria “Cronaca Bizantina”, vi collabora come scrittore giornalista e si affermerà ben presto sulla scena culturale non solo romana, per il suo estetismo basato sul “vivere inimitabile” e sulla sua capacità di coniugare in termini moderni il classicismo carducciano, suo maestro ideale.

Nel 1889 pubblicherà “Il Piacere”, romanzo celebre ambientato nella città eterna, dando uno spaccato della società romana e dei nuovi tempi. Sintesi di questo periodo romano è il suo ritratto all’interno del ciclo pittorico presente nella Galleria Sciarra, sita tra il Palazzo Colonna Sciarra e il Teatro Quirino, inaugurato nel 1882, primo teatro di Roma Capitale, dedicato al dio Quirino, a due passi dal Quirinale. Colle sacro su cui sorgeva il tempio del dio Quirino in epoca romana, nel periodo moderno fu sede del Palazzo Pontificio e dopo Roma Capitale divenne Palazzo Reale. In questa Galleria, esempio unico a Roma di stile floreale, coesistono in perfetta armonia Tradizione e Modernità, evocativa di un’epoca dove la bellezza regnava sovrana.

Dopo questa prima fase romana d’Annunzio si trasferirà a Napoli per un anno e dalla  relazione con la principessa Maria di Gravina avrà una figlia, Renata. La Sirenetta, così ribattezzata dal padre, sosterrà il Vate nel 1916 dopo l’incidente aereo. In questi mesi di convalescenza e di cecità completa d’Annunzio scriverà il “Notturno”, opera fondamentale per comprendere lo spirito della Grande Guerra e opera che darà inizio al Culto dei Caduti.

Dopo Napoli si trasferirà per qualche anno in Toscana, nella villa detta “La Capponcina”, con la bellissima Eleonora Duse, a Settignano, località immortalata dalle tele di Telemaco Signorini. A causa dei molti debiti accumulati, il Poeta si ritirerà in volontario esilio in Francia e sulle coste dell’Atlantico scriverà “Il Martirio di San Sebastiano”, in francese, opera complessa e simbolista, preannuncio dei tempi a venire.

2° IL VATE E LE RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO 1915

Con lo scoppio della Grande Guerra d’Annunzio è da subito un fervente interventista. Il 5 Maggio del 1915 è a Quarto per dare inizio alle Radiose Giornate di Maggio. L’occasione è data dall’inaugurazione del Monumento dedicato ai Mille, a ricordo dei prodi volontari risorgimentali, ma anche dei due garibaldini Bruno e Costante, nipoti di Giuseppe Garibaldi, morti nelle Argonne, sul fronte francese. Si arruolarono volontari insieme ai fratelli e ad altri combattenti nella Legione Straniera in Francia, subito nel 1914, allo scoppio della guerra. A Gennaio del 1915 furono riportate le loro salme a Roma e celebrati solenni funerali, che scossero l’opinione pubblica. Su questa scia di sentimenti patriottici il Vate pronuncia la sua Orazione a Quarto, significativo l’incipit “Maestà del Re d’Italia, assente e presente”. In questa orazione linguaggio patriottico e linguaggio evangelico si fondono, dando vita a quello stile unico e inconfondibile dei Discorsi Dannunziani prima, durante e dopo la Grande Guerra.

Beati i giovani che sono affamati e assetati di gloria, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché avranno da tergere un sangue splendente, da bendare un raggiante dolore. Beati i puri di cuore, beati i ritornanti con le vittorie, perché vedranno il viso novello di Roma, la fronte ricoronata di Dante, la bellezza trionfale d’Italia”.

Sul cielo di Quarto l’aviatore Ettore Croce invitava i giovani a “prendere il volo”, portando a compimento il Processo di Unificazione Nazionale, simboleggiato dalla bandiera di Fiume, avvolta in un velo nero e consegnata a d’Annunzio da due fiumani irredentisti, Riccardo Gigante, che fu sindaco di Fiume durante la Reggenza dannunziana, e Giovanni Host Venturi, capo dei Legionari Fiumani. Dunque già a Quarto d’Annunzio abbraccia la causa fiumana e la porterà fino in fondo.

Da Quarto d’Annunzio giunge nella Capitale e con i suoi discorsi il Vate infiamma l’opinione pubblica, dando vita alla guerra di carta (giornali, riviste) anticipazione della guerra d’acciaio. D’Annunzio pronuncerà molti discorsi nei luoghi simbolici della città eterna; L’Augusteo, il Campidoglio, dove mostrerà la spada di Nino Bixio, il Teatro Costanzi, immortalato da Achille Beltrame nella copertina della Domenica del Corriere.

IL POETA SOLDATO E LA GRANDE GUERRA

Coerente con il suo pensiero il 24 Maggio 1915 parte volontario all’età di 52 anni e si arruola nei Lancieri di Novara, salutando il popolo con queste parole “Da questo momento ognuno di noi non ha altro pregio che non sia quello del proprio sangue da versare”. Dal vivere inimitabile all’osare l’inosabile, il Poeta si fa Soldato, dal Pensiero all’Azione.

E’ un combattente ferreo, si cimenterà soprattutto nelle nuove armi moderne, aerei e mas, e si distinguerà in numerose imprese eroiche di simbolica bellezza, ricordiamo la Beffa di Buccari e il Volo su Vienna. Ma d’Annunzio è il Vate e svolse un ruolo importante nel Servizio P., Propaganda nel senso profondo di assistenza e sostegno morale alle truppe. Come rammenta un suo fedele soldato Giovanni Randaccio “Ma ben maggiore valore ha per noi soldati che ti abbiamo visto tra le nostre fila, nell’infuriar della battaglia, gridar sereno e forte la parola incitatrice della vittoria…e passavi come una visione, di sasso in sasso, spruzzato di sangue, nella via cosparsa di eroi, immune come un’anima, mentre eri preziosa materia”.

3° IL POETA ARMATO DOPO LA VITTORIA

Finita la guerra d’Annunzio, nell’Aprile del 1919, ritorna a Roma per rispondere con i suoi discorsi, colpo su colpo, agli eventi postbellici, discorsi che preannunciano l’Impresa di Fiume. Questi discorsi sono stati raccolti in un libro dal titolo “Gabriele d’Annunzio. Contro uno e contro tutti”, edito da Le Frecce, pubblicato per la prima volta da La Fionda Editrice, negli anni venti. Il volume comprende i discorsi romani del Vate , una breve cronologia degli eventi storici e le motivazioni  delle medaglie e delle onorificenze conferite al Poeta Soldato. Ricordiamo 6 Medaglie d’Argento, 1 Medaglia di Bronzo, 1 Medaglia d’Oro (consegnata a d’Annunzio per il volo su Vienna il 10 Aprile del 1919 sul sagrato di San Giusto in Trieste da S.A.R. il Duca d’Aosta, il Duca Invitto), 3 Croci di Guerra. La premessa al testo è degli autori di questo articolo.

Tutto ha inizio il 18 Gennaio 1919, giorno di apertura della Conferenza di Pace a Parigi. Data offensiva per la Germania, in quanto 48 anni prima, in seguito alla Guerra Franco-Prussiana, venne proclamato l’Impero Tedesco. Il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino  non avendo ottenuto i giusti compensi territoriali lasciano Parigi e il 24 Aprile tornano a Roma. D’Annunzio il 25 Aprile, giorno di San Marco, è a Venezia e da questa città pronuncia un discorso, il primo di una lunga serie. Nel 1915 da Quarto dà inizio ai discorsi interventisti, nel 1919 da Venezia va all’attacco contro la “casta politica” e prosegue per Roma con questo sentimento “Non ho mai sentito tanto profondo l’orgoglio di essere italiano. Fra tutte le nostre ore eroiche questa è veramente la più alta. Ecco che l’invocazione del vate romano ha il suo massimo splendore”.

A Roma d’Annunzio ripercorre i luoghi simbolici della città, come già aveva fatto nel 1915, ma nel 1919 lo fa da grande invalido di guerra, con un bagaglio pesante di esperienza bellica, di ricordi eroici, di compagni caduti, materia vivente che anima i suoi discorsi. Il 4 Maggio pronuncia il suo primo discorso all’Augusteo dal titolo, “Gli ultimi saranno i primi”, ricordando gli ultimi soldati che si sacrificarono per l’Italia a cinque minuti dallo scoccare dell’ora dell’armistizio, pienamente consapevoli “vollero incoronarsi e morire”, “senza null’altro premio sperare  che la vittoria e la grandezza della Patria”. “Mancavano solo cinque minuti alle ore quindici(del 4 Novembre) quando i Bersaglieri  dell’Ottavo Reggimento e i Cavalleggeri di Aquila raggiunsero il nemico al trivio di Paradiso”.

Il 6 Maggio pronuncia il suo discorso sul Campidoglio e mostra la Bandiera che aveva coperto a Monfalcone il corpo di Giovanni Randaccio. Sul Campidoglio il 17 Maggio 1915 aveva mostrato la spada di Nino Bixio, dopo quattro anni mostrava il “Sudario del Sacrifizio”. Il 7 Maggio 1919 i politici Orlando e Sonnino ritornano a Parigi, dopo l’avvertimento del Vate “Ebbene, io dico che se i nostri capi tornassero a quel banco, tutto sarebbe perduto, anche l’onore”, (discorso del 4 Maggio), a cui fanno eco il 28 Maggio le parole di Mussolini sul Popolo d’Italia “A Parigi si uccide l’onore dell’Italia”.

Il 19 Giugno cade il Governo Orlando, il 23 si costituisce il nuovo Governo Nitti, d’Annunzio lo stesso giorno pronuncia il discorso dal titolo “Il Comando passa al popolo”. Esalta i contadini e i soldati contro la “Casta Politica” e preannuncia un “Ordine Nuovo”, un “Ordine Lirico”, sottolineando che “Ogni vita nuova d’una gente nobile è uno sforzo lirico, ogni sentimento unanime e creatore è una potenza lirica. Per ciò è buono ed è giusto che ne sia oggi interprete un poeta armato”.

Il 30 Giugno d’Annunzio pronuncia il suo “Disobbedisco”, O Fiume O Morte, in ricordo del garibaldino “Obbedisco” O Roma O Morte. Al discorso romano era presente il Presidente del Consiglio Nazionale Fiumano Grossich.

Il 25 Agosto i Granatieri di Sardegna ricevono l’ordine di lasciare Fiume e si ritirano a Ronchi. 7 Ufficiali scrivono una lettera al Vate preannuncio dell’Impresa di Fiume Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. È Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriottico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume… Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l’unità d’Italia: Fiume o morte! e manterremo, perché i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L’Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo”.

Siamo di fronte a un caso unico di diserzione da parte dei Granatieri di Sardegna e dei Bersaglieri poi, Corpi fedelissimi al Re, una forma di diserzione molto particolare, come li definì Marinetti erano dei “Disertori in avanti”, continuavano a combattere per l’Italia. Il 12 Novembre del 1920, fu firmato il Trattato di Rapallo e Fiume venne considerata Città Autonoma. Il 14 Novembre la risposta, il volo di Keller da Fiume a Roma, dove lanciò un pitale su Montecitorio, con rape (evocativo di Rapallo) e carote (in riferimento ai conigli), mentre (ed è bene sottolinearlo) sul Quirinale e sul Vaticano lanciò rose rosse. Con il Governo Giolitti si concluse l’Impresa Fiumana, con il cosiddetto Natale di Sangue. L’avventura di Fiume, città di vita e di bellezza, è un segno tangibile della potenza dell’Arte e dell’estetizzazione della politica. Bisognerà attendere il 1924, dopo la presa del potere da parte del Duce del Fascismo, per portare a compimento l’impresa di d’Annunzio e degli Italiani, l’annessione di Fiume al Regno d’Italia, e coronare il sogno di Dante.

 

 

SI’ COME A POLA PRESSO DEL CARNARO 
CH’ITALIA CHIUDE E I SUOI TERMINI BAGNA                                 (Dante)

 

                               

                               FINUCCI FULVIO MASSIMO E CLARISSA EMILIA BAFARO

 

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