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Geometrie del Vestire

Scritto da Agostino Agamben il . Pubblicato in .

a cura Agostino Agamben

Una riflessione sul dialogo tra rigore e leggerezza, tradizione e innovazione, visibilità e invisibilità nella moda contemporanea, attraverso le collezioni dell’evento Fashion Vibes “GEOMETRIA” e il loro significato ontologico, estetico e culturale.

La moda, intesa non solo come semplice rivestimento, ma come apparizione e dispositivo di presenza, si inscrive in una tessitura complessa che trascende il mero mostrarsi. Nell’evento “GEOMETRIA” di Fashion Vibes, il concetto stesso di geometria si carica di una doppia valenza, oscillando tra rigore e possibilità, tra ordine e disfacimento. Come un paradigma che spinge a misurare lo spazio, la geometria diventa una lente per osservare la tensione ontologica che sottende la produzione estetica contemporanea: quell’oscillare tra il corpo che si veste e il corpo che si disvela, tra la forma e l’informe, tra il visibile e il nascosto.

Antonio Martino Couture propone con “No Gravity” non solo una collezione, ma un’esperienza sospesa, in cui la gravità si nega per lasciar spazio a una levità che si carica di significati multipli. Il tessuto diventa allora una superficie che riflette, specchia, ma anche nasconde. La pelle specchiata, i plissé e i taffetà sembrano voler rompere la coesione materiale per raggiungere uno stato liminale, un confine tra il tangibile e l’impalpabile. Il corpo, così rivestito, si fa figura di una presenza che è al tempo stesso manifesta e sottratta, come se il vestito funzionasse da filtro o da mediazione tra il soggetto e il mondo. Questa sospensione richiama un movimento che si situa al confine tra il visibile e l’invisibile, un’eco di quella “aura” di cui Benjamin parlava: un’aura che nella modernità digitale si dissolve, ma che qui riemerge, forse proprio grazie al contrasto tra la materialità del tessuto e la leggerezza dell’idea.

Il tessuto non è solo materia, ma scrittura e pensiero, e la geometria diventa un modo per articolare questa scrittura attraverso tagli, pieghe e colori che portano con sé un’intenzionalità riflessiva. La geometria non si riduce al freddo rigore della linea, ma si fa campo di sperimentazione, apertura a ciò che non può essere pienamente controllato. L’idea di ordine si disarticola nella danza delle forme che si rincorrono, si intersecano, si disgregano, rivelando una profondità nascosta, una dimensione in cui la moda si fa anche pensiero, filosofia del corpo e dell’apparire.

La dialettica tra tradizione e innovazione si manifesta con evidenza in questa messa in scena milanese. La sartorialità, nel suo radicamento storico e artigianale, non è rinnegata, ma attraversata da una spinta verso il futuro che ne modifica i confini senza cancellarne la memoria. In questo senso, l’artigianalità si configura come un continuum, una linea di tensione che collega passato e presente, ricordo e anticipazione. Le applicazioni tridimensionali, la ricerca di materiali inconsueti, la commistione di texture, colori e superfici diventano così strumenti per decostruire e ricostruire la tradizione, per immaginare nuove possibilità di relazione tra corpo, spazio e immagine.

La collezione di MommyDolls sposta l’attenzione sul rapporto tra identità e differenza, sulla femminilità come enigma e come promessa di emancipazione. Nel gioco cromatico e materico, nei tessuti che si muovono, nel dialogo tra paillettes e chiffon, si intreccia una narrazione che si fa corpo e voce. La linea Mini-Me, che unisce mamme e figlie in una sorta di specularità emotiva e cromatica, mette in luce come l’abito si faccia anche dispositivo di relazione, di memoria e di affetto. In questo senso, la moda si rivela come un luogo di intreccio tra la dimensione personale e quella sociale, tra il singolo e la collettività, dove il corpo diventa scena e soggetto di storie plurali.

La presenza di Taibo Bacar introduce nel discorso estetico una prospettiva che travalica i confini occidentali e apre all’incontro tra culture e geografie. L’Africa qui si presenta non solo come fonte d’ispirazione, ma come soggetto attivo, come luogo di produzione di senso e di bellezza. La collezione “Honeymoon”, con i suoi richiami ai paesaggi, ai profumi e alle memorie del continente, risuona come un invito a riflettere sulla dimensione geopolitica della moda, sul suo ruolo come veicolo di narrazioni e identità transnazionali. La moda non è mai neutra, e in questa prospettiva diventa strumento di riappropriazione e di visibilità.

Forever Lavi by Mariano Feliciano, con la sua collezione “Prometheus”, incarna l’idea di un viaggio estetico e spirituale che attraversa il tempo e lo spazio. L’ispirazione tribale e mitologica, combinata con un’estetica futurista, suggerisce un orizzonte che è al tempo stesso ancestrale e digitale. In questa tensione tra antico e futuro si apre una dimensione di riflessione sul rapporto tra natura, cultura e tecnologia, sulla capacità della moda di interrogare e trasformare l’esperienza umana. L’uso di ornamenti, di pitture a mano, di materiali preziosi diventa allora una forma di scrittura del corpo che si fa racconto, mito e rituale.

L’evento “GEOMETRIA” si configura così come un laboratorio in cui si intrecciano molteplici fili di senso, un campo di esplorazione che va oltre l’effimero e il superficiale. La sostenibilità, la dimensione etica ed economica che emergono nel contesto della filiera della moda rappresentano un ulteriore livello di riflessione, un invito a pensare il vestire come pratica responsabile e consapevole. La presenza di Simple Organic, con la sua attenzione alla bellezza naturale e sostenibile, introduce una dimensione che va oltre l’estetica per coinvolgere questioni di giustizia ambientale e rispetto per la vita.

In questa cornice, la moda si svela come dispositivo complesso e stratificato, luogo di contraddizioni e tensioni, ma anche di apertura e trasformazione. Il gioco tra geometria e movimento, tra rigidità e fluidità, tra presenza e assenza, disegna un paesaggio in cui il corpo si configura come nodo centrale di una rete di significati che si estendono ben oltre l’apparenza. Il vestito, più che un semplice ornamento, si fa testo e cifra di un discorso che investe la soggettività, la memoria, l’identità.

La dimensione sociale, affettiva e culturale della moda si manifesta nella costruzione di spazi di condivisione e partecipazione, nel coinvolgimento degli ospiti, nella creazione di esperienze che trascendono la semplice visione. Il cocktail party, l’uso innovativo di NFT ticket, il dialogo con le nuove tecnologie sottolineano come la moda si confronti con il presente, si pieghi al cambiamento senza perdere il suo statuto di pratica estetica e culturale. L’evento, così, si estende nello spazio e nel tempo, coinvolgendo chi partecipa in una dinamica che è al tempo stesso spettacolo e riflessione.

La dimensione del gioco, del racconto e della rappresentazione si intreccia con un impegno etico che investe le modalità di produzione e consumo. La moda non è più solo produzione di immagine, ma diventa teatro di pratiche che mettono in questione i modelli tradizionali, che cercano di instaurare nuovi rapporti con l’ambiente e con le persone. La dimensione circolare dell’economia della moda, l’attenzione alle filiere sostenibili, l’idea di un consumo responsabile si configurano come elementi fondamentali di un pensiero che attraversa la contemporaneità.

All’interno di questo contesto, la figura dello stilista emerge come quella di un creatore che non si limita a inventare forme, ma si fa anche pensatore, mediatore tra culture, tempi e spazi differenti. L’atto creativo si lega alla responsabilità e alla consapevolezza, alla capacità di ascoltare e interpretare i segnali del presente per trasformarli in immagini che parlano a chi le indossa e a chi le guarda. La collezione diventa così un testo che racconta una storia, che apre a una riflessione più ampia sul senso del vestire, sulla relazione tra apparenza e realtà, tra identità e alterità.

La moda, dunque, come esperienza di sospensione e trasformazione, come luogo in cui si dispiega una tensione continua tra visibilità e invisibilità, tra presenza e assenza, tra il dato e il possibile. In questo senso, l’evento “GEOMETRIA” non è semplicemente una manifestazione estetica, ma un momento di pensiero incarnato, una riflessione sulla condizione contemporanea, sulle possibilità e i limiti dell’esperienza umana nella sua forma più immediata e al tempo stesso più complessa: il corpo vestito.

Attraverso le collezioni presentate si dipana un discorso che investe la soggettività, la memoria e il futuro, intrecciando dimensioni personali e collettive, materiali e immateriali, storiche e innovative. L’abito si fa allora luogo di incontro, di scontro, di gioco e di rivelazione, un punto di convergenza dove si incrociano dinamiche culturali, sociali ed estetiche che ridefiniscono continuamente ciò che intendiamo per “moda” e per “corpo”.

La moda diventa così un campo di battaglia simbolico in cui si gioca la costruzione e la decostruzione di identità, dove l’apparire non è mai mero spettacolo, ma sempre un processo che implica sguardo, desiderio e potere. L’evento milanese di Fashion Vibes, con la sua trama di riferimenti e influenze, si pone in questo scenario come un nodo nodale di un discorso più ampio che tocca la dimensione del tempo, dello spazio e della vita stessa.

Il linguaggio della moda, la sua grammatica fatta di linee, colori e materiali, si manifesta in questa occasione come una forma di pensiero non discorsivo, ma visivo e corporeo, che invita a una lettura che non si fermi alla superficie. Le collezioni diventano allora un invito a riflettere sul rapporto tra forma e contenuto, tra segno e significato, tra l’io e l’altro.

La geometria, nel suo senso più ampio, si rivela come un dispositivo di conoscenza e di creazione, capace di abbracciare e superare la contraddizione tra razionalità e immaginazione, tra struttura e disordine. Questo intreccio permette alla moda di assumere un ruolo che va oltre l’effimero, diventando uno strumento per pensare e vivere il contemporaneo, per affrontare le tensioni del presente e immaginare i possibili futuri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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