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I 170 Anni della Repubblica Romana al Gianicolo

MAMELI: L’ITALIA  S’E’ DESTA !
“SUCCEDE UN QUARANTOTTO”

Nella Lingua è riposta la Storia. Quando diciamo “succede un quarantotto” evochiamo un tempo in fondo non molto lontano da noi, animato da sentimenti di Unità e Libertà.

Nel 1848, in Europa lo spirito rivoluzionario si manifestava in tutta la sua potenza. L’Italia divisa e derisa dava l’avvio al processo di Unificazione Nazionale con la Prima Guerra d’Indipendenza. Uomini di pensiero e d’azione, uniti sotto un’unica bandiera, il Tricolore con lo scudo di Casa Savoia, compiono le gloriose battaglie di Goito, Pastrengo, Curtatone e Peschiera nella primavera del 1848. La gioventù italiana volge il suo sguardo su Roma consapevole che non ci sarà l’Italia senza Roma.

Il 9 Febbraio 1849 veniva proclamata la Repubblica Romana. Il 23 Marzo la Fatal Novara e l’Armistizio di Vignale; Vittorio Emanuele II, futuro re d’Italia, firma condizioni durissime, ma non ritira lo Statuto, concesso dal padre, il re di Sardegna Carlo Alberto. Quest’atto di coraggio, di fedeltà e di lealtà verso gli italiani e verso gli ideali di Unità, Libertà e Indipendenza, lo solleveranno a Padre della Patria.

Il 30 Aprile del 1849, la Repubblica Romana, guidata dal Triumvirato di Mazzini, Saffi e Armellini, resisteva a un primo scontro, respingendo l’esercito francese. Dopo un periodo di tregua il 3 Giugno i francesi rafforzatisi attaccano. Iniziano giorni gloriosi e battaglie eroiche sul Gianicolo. Roma è circondata da francesi, austriaci e borbonici, ma la tenacia dei giovani patrioti italiani resiste ad oltranza. Garibaldi, Mameli, Medici, Manara, Dandolo, Pisacane, Nicotera e tanti altri volontari, provenienti da tutta Italia, con il sacrificio del loro sangue consacrarono il suolo patrio. Il 30 Giugno muore Luciano Manara a soli 24 anni, lasciandoci queste parole “Noi dobbiamo morire per chiudere con serietà il quarantotto. Affinché il nostro esempio sia efficace noi dobbiamo morire”. Manara, lombardo a capo dei suoi volontari piumati, aristocratico, monarchico, patriota, considerava Garibaldi “un diavolo, una pantera”, e i suoi uomini “una massa di briganti”, di se stesso scriveva “io vado con il mio corpo disciplinato, fiero, taciturno, cavalleresco, per così dire, a sostenere il suo impeto matto”.

Il 1° Luglio, 170 anni fa, la Repubblica Romana fu costretta a capitolare, ma è bene sottolineare che il Triumvirato non sottoscrisse alcuna resa, né capitolazione. “L’Assemblea Costituente romana cessa da una difesa divenuta impossibile, e sta al suo posto”. (Mazzini)

Il 3 Luglio l’Assemblea Costituente approvava in Campidoglio la Costituzione, che riconosceva alcuni fondamentali, come il suffragio universale maschile, l’abolizione della pena di morte, la libertà di culto e la netta separazione tra Stato e Chiesa.

Il 3 Luglio Garibaldi con i suoi volontari si allontanava da Roma, dopo un significativo discorso, di cui riportiamo poche e suggestive parole “La fortuna che oggi ci tradì, ci arriderà domani. Io esco da Roma: chi vuole continuare la guerra contro lo straniero, venga con me. Non offro né paga, né quartiere, né provvigioni; offro fame, sete, marce forzate e morte. Chi ha il nome d’Italia non sulle labbra soltanto, ma nel cuore, mi segua”.

Lasciando Roma i patrioti intonarono il Canto degli Italiani, sotto la finestra del sofferente Goffredo Mameli, ricoverato presso l’Ospedale della Trinità dei Pellegrini, per la ferita riportata negli scontri del 3 Giugno a Villa Corsini, muore il 6 Luglio, pochi giorni dopo, all’età di 22 anni, autore del nostro Inno Nazionale.

IL GIANICOLO E L’ITINERARIO GARIBALDINO

Questi fatti d’arme e d’amor patrio sono scolpiti nella pietra e nel bronzo, oltre che nella nostra lingua e nel nostro inno. Per mantenere viva la memoria storica, nel 2011 fu inaugurato l’Itinerario Garibaldino sul Gianicolo, in occasione dei 150 anni della Proclamazione del Regno d’Italia. E’ possibile vedere Villa Spada, dove fu colpito a morte Manara, Villa Sciarra, Villa Pamphili, Villa Savorelli, (oggi Villa Aurelia), Quartier Generale di Garibaldi, Villa Corsini, dove fu ferito Mameli.

Interessante visitare il Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina, sito in Porta San Pancrazio, lungo le mura gianicolensi, estremamente danneggiate dai cannoneggiamenti francesi. Subito dopo gli scontri le mura e la Porta furono risistemati su progetto dell’architetto pontificio Virginio Vespignani nel 1854. Lo stesso architetto progettò la facciata su Via Nomentana di Porta Pia, oggi sede del Museo dei Bersaglieri, a memoria della Breccia del 20 Settembre 1870, che sollevò Roma a Capitale d’Italia, realizzando il sogno di questi giovani patrioti.

Lungo la Passeggiata del Gianicolo è possibile ammirare i busti marmorei degli eroi del 1849. Significativo il Monumento a Righetto, detto l’Audace, il bambino che morì nel tentativo di disinnescare una bomba francese. La statua fu inaugurata nel 2005, copia di un’opera di Giovanni Stazza.

Sul Gianicolo nel 2011 venne portato il Monumento ad Angelo Brunetti (detto Ciceruacchio), in precedenza sito in Via di Ripetta, con vicino suo figlio Lorenzo, fucilati dagli austriaci, il 10 Agosto del 1849, giorno dell’onomastico del bambino. L’opera è dello scultore Ettore Ximenes.

In cima al Gianicolo si erge il Monumento a Garibaldi dello scultore Emilio Gallori, autore anche della Statua equestre del Re Vittorio Emanuele II sul Vittoriano. Sui quattro lati del basamento, sotto la statua di Garibaldi, sono rappresentate l’Europa, l’America, la battaglia di Calatafini e la difesa di Roma. Su tutto è evidente la scritta “ROMA O MORTE”. Dopo il Concordato del 1929 la statua equestre venne voltata, in modo tale che Garibaldi guardasse verso Roma e non più verso il Vaticano.

Importante il Monumento e Tomba di Anita Garibaldi dello scultore Mario Rutelli del 1930. Sul basamento varie scene di battaglie, che videro Anita protagonista. Per comprendere il carattere di questa donna, basti pensare che raggiunse da sola Garibaldi sul Gianicolo il 26 Giugno di sorpresa, e il marito quando la vide disse “Signori questa è la mia Anita, ora abbiamo un soldato in più”. Sul basamento la scena più romantica è quella che rappresenta Anita in punto di morte tra le braccia di Garibaldi, sfinita dalla febbre e dalla fatica della fuga da Roma. Muore il 4 Agosto del 1849 vicino Ravenna all’età di 28 anni. Con una solenne cerimonia nel 1932 la salma di Anita fu traslata da Nizza a Roma, sul Gianicolo, ricorrendo i 50 anni dalla morte di Garibaldi (1882). La sua bara fu ricoperta con la bandiera tricolore, la stessa che per volontà di Garibaldi, nel 1872, aveva ornato il feretro di Giuseppe Mazzini.

Molto bello da vedere è anche il Faro dello scultore Manfredo Manfredi del 1911, dono degli italiani argentini a Roma Capitale, in occasione dei 50 anni dell’Unità d’Italia. Il faro proietta una luce tricolore sulla città eterna.

Cuore sacro del Gianicolo è il Mausoleo Ossario  Gianicolense dello scultore Giovanni Jacobucci del 1941. Nella cripta riposano tutti coloro che morirono per Roma Capitale, incisi nel marmo i nomi di tanti giovani eroi. In un sarcofago di porfido sono accolte le spoglie di Goffredo Mameli, con incise le parole della sua sposa.  Mameli riposa sul Gianicolo dal 1941, dopo la morte fu sepolto al Verano, dove ancora oggi è possibile ammirare il monumento a lui dedicato. Al centro della cripta su un pilastro di marmo, che sorregge una volta con un mosaico a tessere d’oro, è presente una espressione della “Storia di Roma” di Tito Livio,

ET FACERE ET PATI FORTIA ROMANUM EST
(Al soldato romano appartiene di compiere e di patire grandi imprese)

Questa espressione è presente anche sul Vittoriano, precisamente sulla terrazza in alto, dove è scolpito nel marmo il Bollettino della Vittoria, con alla base una pietra del Monte Grappa e ai lati due are  con due elmetti della Grande Guerra e incise queste stesse parole. Il nesso è evidente, con la Grande Guerra si porta a compimento il processo di Unificazione Nazionale, non solo territoriale ma identitario degli Italiani, che hanno compiuto e patito insieme grandi imprese. Grazie al sacrificio di tanti giovani volontari da Curtatone nel 1848 ai Ragazzi del ’99 nel 1918, possiamo considerarci UNITI E LIBERI, con il Canto degli Italiani e il Nostro Tricolore

Ora come Allora
Siam pronti alla morte
Italia Chiamò SI

                                 Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro

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