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I Debiti delle Ex Coloniale e non Solo

Scritto da Fulvio Muliere il . Pubblicato in .

a cura di Fulvio Mulieri

Un viaggio attraverso le cause storiche del debito globale e il ruolo cruciale dell’Unione Europea nel rispondere a una crisi economica che affonda le sue radici nel colonialismo, nella disuguaglianza e nella giustizia sociale.Il debito dei Paesi poveri è uno degli argomenti più complessi e urgenti del panorama economico globale, e la sua dimensione è diventata, negli ultimi decenni, un problema che riguarda anche l’Europa, purtroppo in modo diretto e indiretto. Sebbene la sua origine sia legata a dinamiche storiche, politiche ed economiche che affondano le radici nel colonialismo, la sua risoluzione si intreccia con questioni morali e di giustizia sociale che coinvolgono non solo i Paesi in via di sviluppo, ma l’intero sistema internazionale. L’Unione Europea, che si fonda sui principi dei diritti umani e della sostenibilità, si trova ad affrontare un dilemma che va oltre le politiche economiche interne e le relazioni bilaterali. Si tratta di una questione di equità, di riparazione storica e di impegno per la costruzione di un futuro più giusto.

Per comprendere la crisi del debito, è necessario risalire alla storia e agli effetti del colonialismo, che ha profondamente segnato le dinamiche economiche, politiche e sociali di numerosi Paesi in Africa, Asia e America Latina. Il colonialismo moderno ebbe inizio con la scoperta dell’America nel 1492, ma si espanse con rapidità in tutte le regioni del mondo, dalla fine del XV secolo fino agli inizi del XX secolo. Le potenze europee, conquistarono e sfruttarono risorse naturali e forza lavoro da terre lontane, costringendo milioni di persone a vivere sotto il giogo coloniale.

Nel 1878, le potenze europee rivendicavano circa il 67% del territorio mondiale, e nel 1914 arrivarono a controllare ben l’85% del pianeta, attraverso colonie, protettorati e Commonwealth. Nonostante i movimenti di decolonizzazione che, a partire dagli anni Sessanta, portarono all’indipendenza di numerosi Paesi africani, l’eredità del colonialismo ha avuto e continua ad avere un impatto devastante, soprattutto sul piano economico. Lo sfruttamento delle risorse naturali e l’imposizione di strutture economiche coloniali che favorivano le potenze imperialiste hanno creato un divario tra il Nord e il Sud del mondo che ancora oggi si riflette in una persistente disuguaglianza economica e sociale.

Il diritto internazionale moderno riconosce il principio dell’autodeterminazione dei popoli e ha bandito il colonialismo in tutte le sue forme. La Carta delle Nazioni Unite, nell’articolo 1, sancisce il diritto di ogni popolo a determinare liberamente il proprio destino senza interferenze esterne. Nonostante ciò, il processo di decolonizzazione non è mai stato completo, e le cicatrici lasciate dal colonialismo sono ancora evidenti. La divisione artificiale delle terre, la creazione di frontiere che non rispettavano le tradizioni culturali e sociali locali e l’imposizione di sistemi politici e economici estranei hanno avuto effetti devastanti che permangono nel tempo.

Le popolazioni africane, ad esempio, sono state sottoposte a una lunga serie di abusi, tra cui la tratta degli schiavi che, dal XV secolo, ha deportato milioni di persone attraverso l’Atlantico. La schiavitù è stata parte di un sistema economico globale che ha permesso alle potenze coloniali di accumulare ricchezze enormi, mentre le terre e le risorse dei Paesi colonizzati venivano sfruttate senza alcun beneficio per le popolazioni locali. Ancora oggi, molti di questi Paesi devono fare i conti con un debito che ha radici in questa storia di sfruttamento e ingiustizia.

Lo sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi colonizzati è stato uno degli aspetti più gravi del colonialismo, e l’eredità di questa rapina è visibile ancora oggi. Minerali preziosi come oro, diamanti, rame e petrolio sono stati estratti dalle terre africane, latinoamericane e asiatiche e inviati in Europa, dove venivano trasformati in ricchezza per le metropoli coloniali. La distribuzione delle risorse naturali è stata, e continua ad essere, profondamente squilibrata, creando una situazione di dipendenza economica che ha alimentato l’indebitamento di queste nazioni.

I Paesi che hanno ottenuto l’indipendenza politica negli anni Sessanta non hanno, però, potuto liberarsi del peso economico del colonialismo. Spesso le economie di questi Paesi sono state legate a monocolture o all’estrazione di risorse naturali che non sono riuscite a stimolare un sviluppo economico autosufficiente. Inoltre, i conflitti interni, i colpi di stato e l’instabilità politica hanno impedito una gestione efficace delle risorse. Tutto ciò ha portato a un progressivo indebitamento che oggi grava sulle spalle dei cittadini di queste nazioni.

L’elevato debito estero dei Paesi poveri è oggi una delle principali cause della stagnazione economica in molte regioni del mondo. Questo debito ha origini complesse: in molti casi, i prestiti sono stati contratti in periodi di espansione economica, ma i tassi di interesse elevati e le condizioni dure imposte dai creditori hanno reso impossibile il rimborso. Nel contesto attuale, il debito estero di queste nazioni è diventato insostenibile, impedendo loro di investire in infrastrutture, sanità, istruzione e altri settori cruciali per lo sviluppo.

La crisi globale, alimentata dalla pandemia di COVID-19 e dalle ripercussioni economiche del conflitto in Ucraina, ha accentuato la gravità del problema. Molti Paesi poveri oggi spendono una parte considerevole delle loro risorse solo per pagare gli interessi sui debiti, mentre la spesa per i servizi pubblici fondamentali, come la sanità e l’istruzione, viene ridotta. Ad esempio, secondo i dati riportati nel 2023, oltre 3,3 miliardi di persone in Africa, America Latina e Asia vivono in Paesi che sono costretti a destinare una parte significativa delle loro entrate a ripagare il debito estero, anziché investire in infrastrutture sociali. In alcuni casi, i Paesi in via di sviluppo sono costretti a destinare oltre il 6,3% delle loro entrate per coprire gli interessi sui debiti.

La Chiesa cattolica, attraverso la voce di Papa Francesco, ha preso una posizione chiara sul tema del debito. In occasione del Giubileo, il Papa ha rilanciato l’appello che già Giovanni Paolo II aveva lanciato negli anni 2000, chiedendo la cancellazione del debito per i Paesi che non hanno la possibilità di restituirlo. Il Papa ha sottolineato che si tratta non solo di un atto di generosità, ma di una questione di giustizia. “Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia”, ha scritto nel suo messaggio. Il debito, secondo il Papa, non è solo un peso economico, ma un’ingiustizia che privando milioni di persone della possibilità di avere un futuro dignitoso.

Nel 2023, l’ONU ha formato una task force per affrontare la crisi del debito dei Paesi poveri, guidata da Paolo Gentiloni, ex commissario europeo all’Economia. La sua nomina a co-presidente della task force dimostra la crescente attenzione verso questo problema, che riguarda non solo i Paesi in via di sviluppo, ma l’intero sistema internazionale. Gentiloni ha sottolineato che il debito dei Paesi africani rappresenta “un’ipoteca sul nostro futuro” e che la crisi del debito è strettamente legata alla stabilità geopolitica, alla sicurezza e alla crescita economica globale.

L’Europa ha un ruolo fondamentale nel risolvere questa crisi. Come principale attore economico e politico, l’Unione Europea può giocare un ruolo decisivo nel promuovere politiche che favoriscano la cancellazione o la ristrutturazione del debito per i Paesi più poveri. Tuttavia, l’Europa deve anche confrontarsi con le proprie contraddizioni interne: molti Paesi membri dell’Unione Europea hanno imposto politiche di austerità ai propri cittadini, mentre allo stesso tempo criticano la gestione del debito nei Paesi poveri.

L’Unione Europea, con la sua influenza politica ed economica, può contribuire a riformare le politiche internazionali di prestito e aiutare a creare un sistema di sviluppo che promuova la giustizia sociale e la sostenibilità. Tuttavia, per farlo, è necessario un cambiamento di paradigma che guardi oltre gli interessi economici a breve termine e che tenga conto delle necessità a lungo termine dei Paesi più vulnerabili.

Il debito dei Paesi poveri è un problema che va oltre la dimensione economica, toccando questioni di giustizia sociale, di equità e di diritti umani. L’Europa, come attore centrale in questo contesto, ha la responsabilità di agire in modo equo, non solo per alleviare il fardello economico che grava sui Paesi più poveri, ma anche per riparare alle ingiustizie storiche del colonialismo. Il debito non può essere visto come una mera questione di numeri, ma come una sfida globale che richiede un ripensamento profondo delle strutture economiche e politiche internazionali.

Sebbene le soluzioni siano complesse e le resistenze numerose, l’impegno per un nuovo ordine economico che promuova lo sviluppo equo e sostenibile è un passo fondamentale per costruire un futuro migliore per tutti. La solidarietà internazionale e la giustizia economica non possono essere rimandate, perché, come sottolineato da Papa Francesco, si tratta di una questione di dignità umana e di giustizia globale, che riguarda ogni singola persona del nostro pianeta.

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