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Ignoto Militi. Da Aquileia a Roma

Il Compimento del Processo
Identitario, Unitario e Nazionale

In occasione del Centenario del Milite Ignoto è fondamentale celebrare la memoria dell’Evento più suggestivo della Storia del Regno d’Italia.
La Grande Guerra si concluse grazie al sacrificio di circa 650.000 martiri ed eroi, che ebbero il coraggio di credere e di realizzare un ideale con “Fede Incrollabile”, e di “Amare la Patria fino al Dono della Vita”. Non a tutti purtroppo fu data degna sepoltura e proprio per rendere Onore al Sacrificio e agli Eroismi dei Combattenti, si scelse la Salma di un Soldato senza nome, non identificato, simbolo di quel fiore mai posato e di quella lacrima mai versata.
Evento che avvenne in tutte le Nazioni partecipanti al conflitto. Su tutti i fronti si verificarono dei rituali alla ricerca di un soldato ignoto da traslare in luoghi simbolici, rappresentativi della Storia della Nazione di riferimento.
Il culto degli Eroi cristiani senza nome è molto antico, lo attesta un’incisione risalente all’VIII secolo d.C. presente nella Chiesa di Santa Maria Antiqua, nel Foro Romano, dove si legge: “Sancti quorum nomina Dominus scit”, ossia “Santi dei quali il nome è noto solo al Signore”. Questo lo spirito che accompagnò la glorificazione del Milite Ignoto.

L’IDEA DI ONORARE IL MILITE IGNOTO
L’Italia fu la prima a pensare l’idea di un riconoscimento glorioso al Soldato della Grande Guerra, ma fu tra le ultime a realizzarla. Si attese il 1921 determinando, così, una felice coincidenza tra questo importante Evento del Milite Ignoto e altre due celebrazioni fondative della Storia d’Italia, la Proclamazione di Roma Capitale e la ricorrenza della Morte del Sommo Poeta Dante Alighieri. Questi tre Eventi sono legati da un comune denominatore, l’affermazione dell’Identità Italiana.
In Italia, questa idea di rendere tutti gli onori al Soldato della Grande Guerra, fu portata avanti con determinazione dal colonnello Giulio Douhet, il quale il 24 Agosto 1920 rilasciò una dichiarazione sulle pagine del giornale “Il Dovere”, in cui difendeva il valore del Soldato Italiano, “Che tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al Soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio”.
L’idea venne accolta con grande entusiasmo e fu presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge sulla “Sepoltura della salma di un soldato ignoto”. La legge fu approvata dal Parlamento del Regno d’Italia all’unanimità e firmata dal Primo Soldato d’Italia, il Re Vittorio Emanuele III, l’11Agosto 1921.
Si stabilì di non traslare la salma al Pantheon, bensì in un luogo altamente simbolico per l’Unità d’Italia e sotto il sole, ossia all’aperto e alla vista di tutti.
Questo luogo sarà il Vittoriano che con la sepoltura del Milite Ignoto, sublimerà la sua alta valenza simbolica e rafforzerà il suo valore patriottico, quale Simbolo di Unità e di Identità Italiana. Il Vittoriano, con la traslazione delle spoglie mortali dell’ “Eroe Nazionale”, venne eletto nel 1921 al ruolo di Altare della Patria, simbolo del Sacrificio e del Valore Italico.
In fondo il Monumento dedicato al Padre della Patria, Vittorio Emanuele II, Primo Re d’Italia e detto Altare della Patria perché dedicato al processo di Unificazione Nazionale, era il luogo ideale del Soldato non identificato, simbolo di tutti i caduti per l’Unità, la Libertà e l’Indipendenza dell’Italia. Con la Grande Guerra, considerata Quarta Guerra d’Indipendenza infatti si portava a compimento il processo di Unificazione Nazionale.

LA COMMISSIONE E LA RICERCA DELLE SALME
Per mettere in atto questo progetto il Ministero della Guerra istituì una Commissione speciale costituita da uomini illustri e valorosi, con il compito di esumare 11 Salme, non identificabili, di queste solo una sarebbe stata tumulata all’Altare della Patria. La Commissione segreta fu presieduta dal tenente generale Giuseppe Paolini, Medaglia d’Oro, oggi sepolto nel Sacrario di Redipuglia accanto al Duca D’Aosta.
Gli altri componenti sono un ufficiale medico il maggiore Nicola Fabrizzi, e 4 ex-combattenti con diversi gradi, il tenete Augusto Tognasso di Milano (Medaglia d’argento), il sergente Giuseppe Da Carli di Azzano Decimo (Medaglia d’oro), il caporal maggiore Giuseppe Sartori di Zugliano (Medaglia d’argento e di bronzo) e il soldato Massimo Moro di Santa Maria di Sclaunicco (Medaglia d’argento). Per la benedizione delle salme fu richiesto il cappellano militare don Pietro Nani. La Commissione fu coadiuvata da persone dedite alle azioni di supporto, come autisti, falegnami, scavatori.
Si cercò per circa venti giorni nei cimiteri di guerra del vasto fronte italiano, dalle Alpi all’Adriatico, si seguirono dei criteri precisi. Le disposizioni emanate, prescrivevano che le “ricerche dovessero essere condotte [] nei tratti più avanzati dei principali campi di battaglia”, e in tutta segretezza, i membri fecero giuramento con il monito “Guai se il milite ignoto non fosse spiritualmente figlio di tutti“.
Si cercò tra i luoghi più avanzati e dove vi erano state battaglie cruente, il corpo doveva essere rivolto verso il nemico, ma soprattutto non doveva avere segni di riconoscimento come mostrine, elmetto, lettere e altro. Le zone dove furono scelte le salme furono rispettivamente in ordine di ritrovamento: Rovereto (Colle di Castel Dante), il Pasubio, il Monte Ortigara, il Monte Grappa, il Montello, il Basso Piave, il Cadore, l’Alto Isonzo, il Monte San Michele, Castagnevizza del Carso, Monfalcone (Foce del Timavo).
Le ricerche iniziarono il 2 ottobre e terminarono il 24 Ottobre del 1921, il 27 ottobre tutte le 11 Salme furono condotte ad Aquileia. Le prime sette bare furono portate provvisoriamente a Udine, ed esposte nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli (in Castello) e da qui, poi il 18 Ottobre giunsero a Gorizia, dove erano state raccolte le altre quattro nella Chiesa di Sant’Ignazio. Il 27 Ottobre da Gorizia le 11 bare furono condotte ad Aquileia.
La Commissione assegnò a una donna il difficile compito di scegliere una bara tra le undici, destinata alla gloria. Quel feretro verrà portato a Roma al Vittoriano, ad attestare la gratitudine perenne della Patria. Tale Maria Bergamas, madre di un soldato disperso e irredento triestino, Antonio Bergamas, combattente del Regio Esercito Italiano con il nome di Antonio Bontempelli, decorato di Medaglia d’Argento, caduto sul Monte Cimone il 18 giugno 1916. Sepolto in un cimitero di guerra, che venne completamente sconvolto a causa di un bombardamento, tanto che non si riconobbero più le sepolture e i soldati furono dichiarati “dispersi”.

LA SOLENNE CERIMONIA NELLA BASILICA D’AQUILEIA
Il 28 Ottobre del 1921 nella Basilica di Aquileia  si svolse la Solenne Cerimonia. Maria Bergamas scelse la Salma del Milite Ignoto, che trovò degna sepoltura sull’Altare della Patria. La donna fu accompagnata davanti alle undici bare, tutte uguali, ciascuna coperta con il Tricolore, poste l’una accanto all’altra davanti all’altare.

In una commozione generale lei passò accanto ai feretri e giunta davanti alla penultima bara si fermò e si inginocchiò, sussurrando il nome del figlio. La bara designata fu collocata in una cassa di legno di quercia, con decorazioni in ferro battuto e sospesa su bombe a mano, poste ai quattro angoli. Venne portata sull’Altare, e dopo che fu Benedetta dal Sacerdote, ciascuno dei presenti, con gesto aspersorio la bagnò con un ramoscello d’alloro immerso nell’acqua del Timavo.
Le altre bare rimasero ad Aquileia, dove sarà sepolta la stessa Maria Bergamas. Lei infatti riposa nel “Cimitero degli Eroi”, sito alle spalle dell’abside della vetusta Cattedrale, insieme agli altri 10 Militi; primo cimitero della Grande Guerra, allestito nel 1915 per accogliere le “Primizie di Aquileia”. Da questo luogo sacro, realizzato dall’architetto Guido Cirilli, da un punto preciso, segnalato da un monumentale arco è possibile vedere Redipuglia, dove ha sede il Cimitero Monumentale, inaugurato nel 1938. Cento anni fa, nel 1919, in occasione dei 2100 anni della Fondazione della Colonia Romana, anno della Conferenza di Pace dopo la Grande Guerra, la Città di Roma fece dono ad Aquileia di una copia della Lupa Capitolina, collocata su un’alta colonna davanti al maestoso campanile della Basilica Patriarcale
La Sacra Cerimonia del 1921 fu officiata da Monsignor Bartolomasi, Vescovo di Trieste e primo Vescovo Castrense, tra Alte Autorità politiche e militari del tempo, alla presenza del Duca d’Aosta Emanuele Filiberto di Savoia, il “Duca Invitto”.
Il silenzio era scandito dal suono delle campane, dalle batterie d’artiglieria che esplodevano salve d’onore e dalla Banda della Brigata Sassari, che sul Sacrato del Tempio, per la prima volta, in modo ufficiale, intonò l’Inno che sarebbe divenuto il simbolo di tutte le cerimonie dedicate ai caduti: “La Leggenda del Piave”.
La bara scelta fu portata a spalla dalle Medaglie d’Oro e posta su un affusto di cannone, conservato al Museo Centrale del Risorgimento a Roma, insieme alla Bandiera che coprì il Feretro, e deposta su un carro funebre trainato da sei cavalli neri bardati a lutto. Tra una folla di civili, militari, autorità, il sacro feretro venne portato alla Stazione tra bandiere e labari, e tanti Tricolori esposti alle finestre. La bara veniva posta sul vagone del treno degnamente addobbato e ivi passerà tutta la notte sotto le stelle.

CORONAVIRTUS VS CORONAVIRUS

L’OMBRA SUA TORNA CH’ERA DIPARTITA

IL VIAGGIO DELL’EROE
Il convoglio ferroviario, con il vagone dove fu posto il feretro, disegnato e addobbato da Guido Cirilli, era formato da sedici carrozze ed era trainato da due locomotive a vapore del gruppo FS 740, di cui una si conserva ancora al Museo Nazionale ferroviario di Pietrarsa.
Sulla locomotiva di testa si rendeva visibile un gran Sole dorato con al centro la Stella d’Italia. Sul carro glorioso furono incise le date in numeri romani dell’inizio e della fine della Grande Guerra, ed era inoltre riportato un verso molto significativo del quarto canto dell’Inferno, tratto dalla Divina Commedia, “L’ombra sua torna, ch’era dipartita”. Il verso fa riferimento al momento in cui Virgilio ritorna nel limbo, nella valletta fiorita, dopo essersi allontanato dai sommi poeti della classicità, per andare in soccorso di Dante.
Il Viaggio dell’Eroe avvenne in treno, lungo la tratta Aquileia-Roma, e fu affidato a dei Ferrovieri decorati di Medaglia d’Oro. Il treno partì da Aquileia la mattina del 29 Ottobre, attraversò circa 120 Stazioni, prima di arrivare alla Stazione Portonaccio la sera del 1° Novembre, e quindi poteva finalmente entrare nel Sole di Roma, alla Stazione Termini la mattina del 2 Novembre.
Transitava a passo d’uomo, tra due ali di gente in ginocchio, aerei che sorvolavano il cielo, macchine che gareggiavano lungo le vie polverose, che costeggiavano la strada ferrata, ovunque contadini immobili nei campi, accorsi per assistere all’Evento. Il Treno sulla “Via del Friuli” si fermava o rallentava in alcune stazioni come Udine, Codroipo, e attraversato il ponte di ferro sul Tagliamento, raggiungeva Pordenone, Conegliano, poi mentre attraversava il ponte del Piave, il “Fiume Fatidico”, dove vennero gettati fiori. Dopo Treviso e Mestre, il convoglio ferroviario giungeva a Venezia, dove si svolse una cerimonia sulla laguna, per onorare i soldati caduti in mare, alla presenza del tenente colonnello Raffaele Rossetti, l’affondatore della corazzata austriaca Viribus Unitis.
Il 30 Ottobre la mattina ripartiva da Venezia e attraversava Padova, Montenegrotto, Pontelagoscuro, Ferrara, “la grande anima romagnola”, per giungere la sera a Bologna. Il Corriere della Sera in un articolo del 30 Ottobre 1921, così descriveva il passaggio dell’Eroe “dove il treno passava rapido, gruppi fermi ai passaggi a livello salutavano, agitando i fazzoletti. Pareva che salutassero un essere caro tanto atteso”.
La mattina del 31 Ottobre il treno ripartiva da Bologna per Pistoia, Prato, Firenze, Arezzo. Solenni cerimonie ovunque, sempre con lo stesso scenario e coinvolgimento emotivo. Schiere di militari e di Autorità nelle stazioni e folle di civili, orfani, madri e vedove, invalidi e mutilati di guerra, accalcati lungo i binari, sui tetti delle case e dei treni fermi nelle stazioni, fiori lanciati e corone solennemente deposte sul vagone funebre. Lacrime, preghiere, saluti e attenti.

Ovunque è un palpito di vita, prorompe una prece al suo passaggio”.
La mattina del 1° Novembre ripartiva da Arezzo attraversava Chiusi, Orvieto, Orte, per raggiungere la Città Eterna la sera stessa. “La madre chiama: E in Te comincia il pianto, nel profondo di Te comincia il canto, l’inno comincia degli imperituri” (Gabriele d’Annunzio).
Il 1° Novembre al Soldato senza nome fu concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente Motivazione, incisa sulla pietra tombale della cripta all’Altare della Patria “Degno Figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della Patria”.

Dalla Stazione Portonaccio la mattina del 2 Novembre il treno finalmente entrava nella Stazione Termini. Il Sacro Feretro si ricongiungeva alla sua eterna meta, all’Alma Roma.
Il Viaggio si svolse dal 29 Ottobre al 2 Novembre, giorni particolari dal punto di vista della liturgia cattolica,  ricorrendo la Commemorazione dei defunti. Come spesso accade nella Storia d’Italia le date sono sempre molte simboliche. In questo caso l’intenzione era quella di tumulare il Soldato Ignoto all’Altare della Patria, il 4 Novembre, giorno della fine delle ostilità. Ricordiamo che l’Armistizio della Grande Guerra veniva firmato il 3 Novembre a Villa Giusti, vicino Padova e le ostilità terminarono il 4 Novembre, giorno della Vittoria.
Dunque la coincidenza volle che queste date si sovrapponessero, e che gli Italiani onorassero il Soldato, simbolo di tutti i caduti della Grande Guerra, proprio in questi giorni di Commemorazione dei defunti. Il sacrificio degli Italiani era stato immane, e questo spiega la grande partecipazione spontanea di popolo lungo i binari dove si attendeva per ore il passaggio del sacro feretro. Accorrevano per benedire la Salma amata, inginocchiati con labari e fiori, attendevano per l’omaggio e la preghiera, il gesto era accompagnato dal suono delle campane e dalle note della canzone “La Leggenda del Piave”.
Da Aquileia a Roma, dal Re Vittorio Emanuele II al Re Vittorio Emanuele III, il nodo d’amore di Casa Savoia rinserrò il Sentimento di Unità del Re, degli Italiani e della Patria. Il treno con il “Sacro Feretro” attraversò l’Italia. Una pioggia di fiori e di luce, d’amore e di speranza, fecondò la Patria e rimarginò le ferite ancora vive.

IL MILITE IGNOTO ENTRA NEL SOLE DI ROMA
Il treno la mattina del 2 Novembre entrava nella stazione Termini di Roma. Sulla locomotiva di testa era presente la Stella d’Italia posta al centro di un sole, simbologia che richiamava il Ri-Sorgimento del Sole sull’Italia, stella che si ricongiungeva con l’altra Stella d’Italia posta sulla facciata della Stazione.
La Salma fu accolta con i massimi onori, portata a spalla da dodici Medaglie d’Oro, fu  posta su un carro trainato da sei cavalli bardati a lutto, come ad Aquileia.
In corteo con in testa il Re-Soldato Vittorio Emanuele III, il Principe Umberto e il Duca Invitto Emanuele Filiberto di Savoia Aosta, tra una folla di militari e civili, bandiere e labari, fu trasferita nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, fin da allora Chiesa di Stato. All’ingresso esterno fu posto un epitaffio composto dal Re Soldato Vittorio Emanuele III.

 

Ignoto il nome 
folgora il suo spirito 
dovunque è l’Italia 
con voce di pianto e d’orgoglio 
dicono innumeri madri: 
è mio figlio

 

 

La bara realizzata con legno di quercia, simbolo di forza e di rigenerazione, aveva sopra fissati un elmetto, un fucile e una bandiera. Dopo la benedizione da parte di Monsignor Bartolomasi, fu portata a spalla nella Basilica dalle Medaglie d’Oro, fu vegliata per tutta la notte da Guardie d’Onore che si alternavano ogni dodici minuti. La Chiesa rimase aperta per tutta la giornata del 3 Novembre per consentire alla popolazione di rendere l’estremo saluto, quale tributo di riconoscenza e di massima devozione.

LA SOLENNE CERIMONIA ALL’ALTARE DELLA PATRIA
La mattina del 4 Novembre la Solenne Liturgia veniva nuovamente celebrata dal vescovo di Trieste, Monsignor Bartolomasi. Figura di rilievo, era stato al fronte durante la guerra, sempre vicino ai soldati e ai cappellani militari. Costui aveva benedetto ad Aquileia le undici salme con l’acqua del Timavo, il fiume che bagna il confine tra Italia, Croazia e Slovenia, terre dove si combatté la Grande Guerra e aveva seguito il feretro da Aquileia a Roma.
Il 4 Novembre a Roma il sacro Evento.

Il feretro sull’affusto di cannone, trainato da sei cavalli, dalla Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri, in Corteo tra le massime rappresentanze dello Stato, i ministri del governo, i deputati, i senatori, i generali, i decorati, le madri e vedove, i reduci e i mutilati, e tra una folla infinita, attraversando Via Nazionale, giunse al Vittoriano, e alla presenza del Re e di tutta la Famiglia Reale, ivi innalzato agli onori e per sempre celebrato sull’Altare della Patria.
Il Corteo funebre fu sorvegliato da diecimila soldati e duemila Reali Carabinieri. Due assenti alla cerimonia, che è doveroso ricordare, i generali Cadorna e Diaz, i due Capi di Stato Maggiore dell’Esercito durante la Grande Guerra, in quei giorni in missione negli Stati Uniti. Fondamentale l’assenza del poeta-soldato Gabriele d’Annunzio, presente in spirito come massimo ideatore dell’Evento, tanto che al Vate si deve la definizione di “Ignoto Militi”.
All’Altare della Patria e su Piazza Venezia si giunse alle nove e trenta, tutti si dispiegarono in ordine e secondo gerarchia. Lungo la gradinata del Vittoriano si disposero le innumerevoli bandiere dei combattenti, dei Reggimenti d’Italia, i molteplici gonfaloni dei comuni, decorati al Valor Militare e tanti militari. Il Re Soldato e tutta la Famiglia Reale, le Autorità, con accanto i decorati al Valore, venti madri e venti vedove di guerra si disposero vicino al loculo. Alle dieci la bara giungeva all’Altare della Patria, portata a spalla dalle Medaglie d’Oro, accompagnata da un antico rituale, il rullo dei tamburi che soleva accompagnare le esequie dei Savoia.
La bara fu posta nel sacello, il Re con un martello d’oro fissò la Medaglia d’Oro al Valor Militare e un fante posava un elmetto della Grande Guerra, infine fu posta una lastra marmorea con inciso in latino semplicemente “Ignoto Militi”, su idea del Vate Gabriele d’Annunzio, “Al Soldato Ignoto”, la data di inizio e di fine della Grande Guerra in numeri romani, una Croce e una Stella d’Italia, tutt’intorno una decorazione con foglie d’alloro, in alto una corona d’alloro in bronzo.
Contemporaneamente tutte le campane delle Chiese di Roma e di tutta Italia suonarono e dal cannone del Gianicolo furono sparati ventuno colpi a salve, cosa che avveniva contemporaneamente in tutti i presidi militari.

Ovunque in tutta Italia si onorò il Soldato Ignoto. Tutte le Cerimonie si svolsero in Assoluto Silenzio, furono vietati tutti i discorsi anche quelli ufficiali, solo campane, cannoni e pianti.
Da allora la Tomba del Milite Ignoto è custodita da una Guardia d’Onore, due militari delle Forze Armate effettuano turni di guardia, giorno e notte ininterrottamente. A coronamento due fuochi ardono perennemente, simbolo dell’Amor di Patria. Antica tradizione, immortalata anche nel fregio che orna l’Altare della Patria, dedicato all’Amor di Patria, dove si vede un Eroe su un carro trionfale, seguito da uomini che portano un braciere ardente, simbolo del Sacrifico. Così terminò il “Viaggio dell’Eroe”, nel terzo anniversario della Vittoria, tra bandiere, labari e tanto Amor di Patria.

DAL SUO SPIRITO S’IRRADIA ETERNA

LA LUCE DELLA VITTORIA ITALIANA

                                   Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro

Per approfondimenti tematici si consiglia la lettura
di altri due nostri articoli dedicati a Dante e al Milite Ignoto 
Si rimanda alla visione del Film d’Epoca “GLORIA. Apoteosi del Soldato Ignoto” realizzato nel 1921, restaurato dalla Cineteca del Friuli e visibile su Youtube.

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