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Il Cuore Pulsante di “un Italiano Vero”

Scritto da Davide Mengarelli il . Pubblicato in .

a cura Davide Mengarelli

Toto Cutugno, a un’anno dalla sua scomparsa, continua a vivere come un faro luminoso nel panorama musicale italiano e nell’immaginario collettivo di un’intera nazione.La sua figura non si limita ai numeri impressionanti – oltre cento milioni di dischi venduti, una carriera che ha attraversato oltre cinquant’anni e un ruolo da protagonista a Sanremo in ben quindici edizioni – ma si insinua profondamente nel cuore dell’identità italiana, incarnandola con quella semplicità che, al tempo stesso, diventa una forma d’arte alta e universale. L’eredità di Cutugno non è un mero patrimonio musicale, ma una testimonianza viva e pulsante, capace di raccontare emozioni quotidiane, passioni, nostalgie, fragilità e orgoglio, che ha attraversato le generazioni e le frontiere, costruendo ponti tra culture diverse e avvicinando popoli con il potere ineguagliabile della melodia.

Nato a Fosdinovo, nel cuore della Toscana, il 7 luglio 1943, in una famiglia dove il mare e la disciplina militare si intrecciavano con il calore e la solarità mediterranea, Toto portava dentro di sé un mosaico di influenze che poi avrebbe saputo tradurre in musica. Il padre, sottufficiale della Marina e appassionato suonatore di tromba, ha segnato profondamente la sua formazione, unendo rigore e sentimento, un ritmo fatto di battiti e silenzi, di note e attese. È da questa miscela che Toto inizia il suo cammino musicale: agli inizi degli anni Sessanta come batterista, poi presto come autore e interprete di una carriera che non conoscerà mai vera sosta. Nel 1970 fa il suo primo passo da solista con “Questo fragile amore” a “Un Disco per l’Estate”, ma è nel 1976 che la sua musica inizia a prendere davvero forma, quella forma che presto conquisterà il pubblico italiano e non solo.

Sanremo diventa la sua casa, il palco dove il suo talento si manifesta in tutta la sua intensità. Quindici partecipazioni al festival, una vittoria nel 1980 con “Solo noi” e la consacrazione definitiva con “L’italiano” nel 1983: un brano che, pur classificandosi solo quinto, ha vinto il cuore della gente, diventando un inno popolare amato e riconosciuto in tutta Europa. Il pezzo, inizialmente scritto per Adriano Celentano, rifiutato dallo stesso, trova la sua forza nella voce autentica di Cutugno e nel testo che dipinge un ritratto onesto e profondo dell’Italia, con le sue contraddizioni, i suoi vizi, le sue virtù e quella punta di malinconia che solo chi conosce bene il proprio paese può cantare con così tanta verità. “L’italiano” è diventato un simbolo internazionale, tradotto in molte lingue, reinterpretato da artisti di ogni angolo del mondo, un canto di appartenenza capace di unire chi si sente parte di una comunità più grande.

Non è però solo la sua carriera da cantante a renderlo un gigante della musica: Cutugno ha scritto per una miriade di artisti italiani e internazionali, dimostrando un talento e una versatilità straordinari. Adriano Celentano, Johnny Hallyday, Mireille Mathieu, Dalida, Miguel Bosé, Luis Miguel, solo per citarne alcuni, hanno interpretato le sue canzoni, attraversando linguaggi, stili e culture. Questa apertura verso il mondo racconta un artista che, pur profondamente italiano, ha avuto sempre un respiro internazionale, capace di superare barriere linguistiche e culturali con naturalezza e profondità. La sua musica diventa così ponte, dialogo, unione, un modo di raccontare l’Italia al mondo e di raccontare il mondo dall’Italia.

Gli anni Ottanta rappresentano il culmine di questo percorso artistico, un decennio in cui Cutugno non solo conferma il suo ruolo di protagonista nel panorama musicale, ma si impone anche a livello europeo. L’inno “L’italiano” e la vittoria dell’Eurovision Song Contest nel 1990 con “Insieme: 1992” sono le due punte di diamante di questo periodo. Quest’ultima canzone, simbolo di un’Europa che si stava riscoprendo unita dopo decenni di divisioni e guerre, ha rappresentato un messaggio di speranza, fratellanza e futuro condiviso, proprio nel momento in cui il Muro di Berlino cadeva e la storia cambiava volto. La musica di Cutugno non era solo un prodotto di intrattenimento, ma un veicolo di valori e ideali, una forma di impegno civile e culturale che ha saputo rappresentare una generazione e una svolta storica.

Il suo rapporto con la televisione e la cultura popolare italiana ha mantenuto sempre un ruolo di primo piano. Cutugno non era solo un artista da palco, ma anche una presenza familiare e rassicurante, uno che con garbo e rispetto portava la musica nelle case di milioni di italiani. I suoi programmi, le sue apparizioni a Sanremo, i duetti internazionali – come quello con il Coro dell’Armata Rossa – raccontano di un uomo che ha saputo unire cultura e intrattenimento, serietà e leggerezza, intimità e spettacolo. Anche episodi controversi, come il tentativo di alcuni deputati ucraini di negargli l’ingresso nel paese per presunte simpatie politiche, hanno mostrato come la sua figura fosse al centro di un dialogo globale, pur restando sempre distante da ogni forma di estremismo, sempre rispettoso e appassionato del dialogo tra popoli.

La sua morte, avvenuta il 22 agosto 2023 all’ospedale San Raffaele di Milano, ha suscitato una reazione corale, profonda e unanime da parte delle istituzioni, della cultura, della politica e degli artisti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato Cutugno come “un italiano vero”, sintetizzando il ruolo di simbolo nazionale che ha incarnato. La Commissione Cultura della Camera, il ministero della Cultura e molte altre personalità hanno espresso il loro cordoglio, sottolineando come Toto sia stato un ponte tra le comunità italiane sparse nel mondo, una voce inconfondibile capace di dare forma e sostanza all’idea di italianità. Anche la Coldiretti ha voluto ricordarlo come un precursore nel celebrare la vita rurale e l’agricoltura, temi cari a Cutugno che con brani come “Voglio andare a vivere in campagna” ha saputo cambiare la percezione della vita contadina, trasformandola da simbolo di arretratezza a espressione di valori autentici e profondi.

I ricordi degli amici e colleghi, come Orietta Berti, raccontano un uomo gentile, disponibile, con uno spirito accogliente che ha lasciato un segno indelebile nella musica italiana e nei cuori di chi lo ha conosciuto. La sua capacità di raccontare l’amore, la vita e la realtà quotidiana non era mai superficiale, ma un viaggio intimo dentro le emozioni più vere e nascoste. Le sue canzoni sono confessioni raccolte con delicatezza, momenti di verità sussurrata che chiedono solo di essere ascoltati, da “Solo noi” a “Serenata” e “Donna”, tutte espressioni di un mondo interiore profondo e autentico.

L’eredità di Toto Cutugno è più di un semplice catalogo di successi: è un patrimonio culturale che continua a parlare attraverso le sue melodie, i suoi testi, la sua capacità di unire tradizione e modernità, di trasformare la semplicità in arte e la musica popolare in un messaggio universale. La sua storia personale, la sua carriera, la sua musica sono un esempio di come un artista possa diventare simbolo di un popolo, di un’identità che non è mai statica ma in continua evoluzione, fatta di memoria, speranza e appartenenza.

È così che Toto Cutugno si è imposto nella storia come l’inno eterno dell’identità italiana: non solo per i milioni di copie vendute o i premi ricevuti, ma perché ha saputo, più di chiunque altro, mettere in musica il respiro di una nazione, le sue contraddizioni, la sua forza, la sua dolcezza. La sua voce resta un ponte tra passato e futuro, tra il locale e il globale, tra chi siamo e chi vogliamo essere. La sua musica continua a vivere nelle radio, nelle case, nei cuori di chi ancora oggi si emoziona ascoltando una melodia che racconta l’anima italiana, un inno che non morirà mai.

 

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